Addio alle carni - Oltre la Specie
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I danni collettivi del<strong>la</strong> zootecnia<br />
non le catene né gli spazi esigui né le<br />
muti<strong>la</strong>zioni. Il recepimento in Italia<br />
nel 2001 l’ha migliorata, grazie <strong>alle</strong><br />
pressioni degli animalisti, introducendo:<br />
il divieto immediato del taglio<br />
del<strong>la</strong> coda e dei tendini dei vo<strong>la</strong>tili<br />
(ma non del<strong>la</strong> castrazione, poiché<br />
”necessaria” per certi tipi di carne e<br />
salumi); il divieto di ingozzamento di<br />
anatre e oche per produrre il foie<br />
gras; il divieto di spiumatura di animali<br />
vivi dal 2004; il passaggio a terra progressivo per gli <strong>alle</strong>vamenti da pelliccia -<br />
che dovrebbe renderli non economici e quindi agevo<strong>la</strong>rne <strong>la</strong> fine.<br />
Recenti direttive comunitarie si occupano – con estrema parsimonia – di spazi minimi<br />
e “benessere” per alcune specie <strong>alle</strong>vate. Ma per molte specie non ci sono direttive,<br />
né leggi italiane. Gli animali possono essere stabu<strong>la</strong>ti come si vuole.<br />
Ad esempio, non ci sono regole di spazi e benessere per i polli da carne, né per le<br />
bovine da <strong>la</strong>tte, né per i vitelloni da ingrasso di più di 6 mesi. Né per i conigli. Né<br />
per i pesci d’<strong>alle</strong>vamento. Né per pecore e capre.<br />
Vitelli da carne bianca, maiali e scrofe, galline ovaiole,“godono” di norme comunitarie<br />
e italiane, <strong>la</strong>rgamente insufficienti.<br />
Per i vitelli di meno di 6 mesi destinati a produrre <strong>la</strong> “vitel<strong>la</strong>” o “sanato”, <strong>la</strong> direttiva<br />
97/2, recepita dall’Italia, prevede <strong>la</strong> fine dei box individuali a partire dal 1999 per le<br />
aziende nuove e dal 2004 (in Italia; il 2008 in Europa) per le aziende esistenti. I piccoli<br />
vanno <strong>alle</strong>vati in gruppo, con il diritto a una superficie pro capite minima di 1,8<br />
metri quadrati quando superano i 220 kg di peso. Certo non è molto! Devono ricevere<br />
un’alimentazione adeguata al<strong>la</strong> specie bovina, con alimenti fibrosi tali da non<br />
farli più essere anemici.<br />
Le “norme minime per <strong>la</strong> protezione dei suini” sono disposte dal<strong>la</strong> direttiva comunitaria<br />
630 del 1991, emendata dal Consiglio d’Europa nel luglio 2001. Sono previste<br />
fra l’altro le superfici libere disponibili pro capite, per suini o suinetti <strong>alle</strong>vati in gruppo:<br />
da 0,15 metri quadrati per suinetti fino a 10 kg, a un metro quadrato per suini<br />
oltre i 110 kg, compresi i 160-170 kg dei suini pesanti italiani. Dal rapporto peso-superficie,<br />
è facile capire che il principio dell’impenetrabilità dei corpi impedisce al singolo<br />
animale qualunque movimento. La legge italiana ha abolito dal 2001 le catene