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Addio alle carni - Oltre la Specie

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Quali fasi e quali scenari per lo smantel<strong>la</strong>mento?<br />

Riconvertire le fabbriche animali<br />

era del<strong>la</strong> produzione di massa di carne dovrebbe finire in pochi decenni e anzi<br />

L’ un giorno dovremo chiedere scusa per le immani sofferenze e distruzioni che<br />

questa barbara abitudine ha provocato.<br />

Di questa epica ed etica conversione però, non si vede l’inizio! E non ci sarà, finché<br />

le persone non decideranno in massa di ridurre drasticamente il consumo di carne,<br />

spostandosi verso le proteine vegetali o quantomeno, in una prima fase, verso prodotti<br />

di animali <strong>alle</strong>vati non intensivamente.<br />

È certo comunque che politici, legis<strong>la</strong>tori, amministratori e produttori hanno un<br />

ruolo immediato da svolgere sul <strong>la</strong>to dell’offerta: per ridurre il malessere animale,<br />

umano e ambientale, anche prima che i consumatori attuino <strong>la</strong> “rivoluzione alimentare”<br />

sul <strong>la</strong>to del<strong>la</strong> domanda. Occorre dunque esercitare tutte le pressioni<br />

possibili nei loro confronti affinché il momento del<strong>la</strong> “zootecnia pazza” non passi<br />

invano.<br />

Ma ci si può forse accontentare di un po’ più di spazi (sempre al chiuso) nelle st<strong>alle</strong><br />

e un’alimentazione sana per gli animali, così da garantire un consumo di carne quasi<br />

inalterato, solo un po’ meno violento e nocivo? O si può forse sostenere una riduzione<br />

numerica degli <strong>alle</strong>vamenti intensivi in Europa e maggiori importazioni di carne<br />

dall’Argentina e dal<strong>la</strong> Colombia?<br />

No! Allora quale scenario agrozootecnico proporre, ad esempio per l’Italia? Ovviamente,<br />

lo smantel<strong>la</strong>mento degli <strong>alle</strong>vamenti intensivi al chiuso. Ma per far posto a<br />

cosa? Immaginiamo un metodo di <strong>alle</strong>vamento in cui gli animali godano di spazi anche<br />

molto limitati all’aperto e in cui il carico zootecnico sia ecologicamente sostenibile.<br />

È evidente da alcuni semplici calcoli che sarebbe possibile <strong>alle</strong>vare solo un numero<br />

di animali molto inferiore. La quantità di carne, <strong>la</strong>tte e uova prodotte e consumate<br />

in tal modo in Italia dovrebbe diminuire moltissimo, a meno di continuare a<br />

parassitare paesi esteri importando cereali o carne.<br />

È stato stimato che il 20% dei bovini italiani potrebbero essere nutriti mettendo a<br />

coltura i 160.000 ettari di incolto italiano. Ma come si vede, non basta! Rimangono<br />

gli altri bovini, i suini, i polli...<br />

E bisogna tener conto di un altro limite: le superfici che sarebbero necessarie ad <strong>alle</strong>vare<br />

in modo naturale un bovino, un suino, un pollo, per non par<strong>la</strong>re di pecore e<br />

capre. Gli <strong>alle</strong>vatori di suini sostengono che <strong>alle</strong>vare all’aperto un maiale richiederebbe<br />

un ettaro a capo, date le continue attività di scavo ed esplorazione di questi<br />

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