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individuo e insurrezione - Autistici

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Roberto Escobar<br />

nostro significato ci appare, in ogni istante, il riflesso di quel<br />

significato che ci attende. Ogni biografia in fondo è una mitologia.<br />

Questa mitologia – seguendo e interpretando quel che scrive<br />

Jean Fallot 37 – è legata al costituirsi del «problema dell’essere»,<br />

opposto a quello della felicità, anzi di esso sostitutivo: «rafforzando<br />

o creando artificialmente un desiderio della vita [meglio,<br />

diremmo noi, della sopravvivenza] [...] si crea anche il timore<br />

della morte. L’io sostituisce al suo bisogno di un piacere puro<br />

quello di una sussistenza pura, di un essere puro dalla morte».<br />

«Chi si preoccupa solo di vivere – scrive Stirner – dimentica<br />

facilmente, a causa di questa preoccupazione angosciosa, il<br />

godimento della vita. Se gli interessa solo di vivere e pensa:<br />

‘Purché resti in vita!’, non dispiega tutte le sue forze per usare<br />

la vita, cioè per goderla» 38 .<br />

L’io-che-è, l’io-ente è l’eroe della mitologia biografica: garantisce<br />

la sopravvivenza ed è il cielo più pesante sopra di noi. Ci<br />

induce a prenderci troppo sul serio. Contro di esso si infrange<br />

l’ironia di molti ironisti. Anche il tordo di Bukowski smette di<br />

motteggiare il gatto, quando questi lo tiene in bocca: chiede,<br />

implora... Non così fa Don Giovanni, troppo aristocratico per<br />

cedere al nemico. E infatti affronta il Convitato di pietra pur sapendo<br />

di non avere scampo.<br />

«Io farò quel che potrò», dice il Don Giovanni di Lorenzo da<br />

Ponte e Wolfgang Amadeus Mozart, accettando la sfida del suo<br />

strapotente antagonista. E qui, in questa consapevole accettazione,<br />

in questo orgoglioso rifiuto del pentimento estremo, sta la<br />

sua vittoria, per quanto impossibile.<br />

Non siamo sicuri, però, che Don Giovanni sfugga all’altro pericolo<br />

dell’io-ente che non riesce a essere autoironico.<br />

L’ironista inconseguente si arresta di fronte al fantasma dell’io,<br />

pronto ora a un’adorazione del tutto non ironica. Eccolo, il pericolo<br />

estremo: che egli diventi a sua volta un chierico. La religione<br />

che è tentato di professare è "personale", ma non per questo<br />

meno assoluta e estranea. Come ogni altra, anche questa<br />

religione fonda e legittima un dominio del sacro, una gerarchia:<br />

l’io momentaneo e mai-ente è pronto a negarsi, a “morire” affinché<br />

l’io assoluto, l’io-ente sopravviva.<br />

L’individualismo – questo individualismo sacro – è il calco,<br />

l’impronta, il negativo dell’osservanza o eteronomia à la Sganarello.<br />

Dunque, è anch’esso eteronomo, e per identiche ragioni.<br />

37 V. Jean Fallot, Il piacere e la morte nella filosofia di Epicuro. La liberazione<br />

epicurea, Torino, 1977, Einaudi, p. 75.<br />

38 Stirner, L'unico..., cit., p. 334.<br />

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