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il Bosco

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quel vecchio pastore. Era quindi universalmente assim<strong>il</strong>ata da più di una generazione, ormai, l’inevitab<strong>il</strong>e<br />

etichetta che le comunità per bene attribuiscono a questa categoria di soggetti: un pazzo, un vecchio<br />

pazzo solitario, auto-es<strong>il</strong>iatosi per sempre dal “mondo civ<strong>il</strong>e”.<br />

Non così diverse erano, d’altra parte, le sentenze che <strong>il</strong> vecchio aveva emanato da tempo immemore sulla<br />

“civ<strong>il</strong>tà” giù di sotto: che razza di persone erano, si chiedeva, quelle che avevano reciso i rapporti con <strong>il</strong><br />

proseguimento naturale dell’essere umano, cioè la natura circostante. Eppure avevano insegnato anche a<br />

loro che gli esseri umani sono animali come tutti gli altri, con due gambe come le galline e un istinto<br />

materno tale e quale a quello delle pecore. Non mangiavano forse anche loro erbe varie e carni di altri<br />

animali? Non avevano bisogno, come i cani e gli uccelli, di mangiare, di bere e di dormire? Sembrava, al<br />

vecchio, che tutti i suoi sim<strong>il</strong>i pensassero al soddisfacimento naturale di questi bisogni come a un fastidio<br />

necessario, verso la corsa insensata a qualcosa di cui in realtà non avevano bisogno per niente. Non aveva<br />

mai visto una volpe uccidere una gallina per sfizio, non comprendeva quindi come gli uomini potessero<br />

distruggere <strong>il</strong> loro habitat naturale come passatempo.<br />

I suoi sim<strong>il</strong>i gli ricordavano, a pensarci bene, un’altra specie animale a lui altrettanto invisa e nemica: i<br />

lupi. Proprio così, quei lupi che tante sim<strong>il</strong>itudini avevano con gli uomini, quei lupi capaci di attaccare<br />

qualsiasi pecorella indifesa con una ferocia inaudita, quei lupi che come gli uomini si organizzavano in<br />

forti strutture gerarchiche eliminando <strong>il</strong> bene più prezioso di ogni essere vivente, la libertà.<br />

Già da tempo sapeva del ritorno dei lupi sulle sue montagne; nonostante le lamentele che sporadicamente<br />

bofonchiava ai suoi rari visitatori scettici sull’argomento lui sapeva di essersi ritrovato a dover difendere<br />

<strong>il</strong> suo gregge da un nuovo nemico. Lo aveva capito analizzando le carcasse dei suoi animali al<br />

mattino, ne sentiva la presenza tra i sentieri delle foreste e ne aveva visto un branco una sera tra le<br />

betulle. “Ecco, i lupi”, pensava, “sono l’unica altra specie che non capisco, saranno anche loro creature di<br />

Dio, eppure magari può essere che <strong>il</strong> Signore abbia voluto sottoporci a delle prove. E poi magari ha fatto<br />

un errore lui, chi lo sa, anche Dio può fare errori dopotutto”.<br />

Erano queste le riflessioni che lo accompagnavano durante l’arco delle sue giornate, pensieri che affrontava<br />

da solo o che condivideva nei lunghi pomeriggi con Lei.<br />

Lei era la sua unica e vera ragione di vita, era semplicemente <strong>il</strong> contenuto unico della sua intera esistenza;<br />

sapeva che tutti gli sforzi per badare al gregge adesso che era così vecchio potevano essere sopportati<br />

solo con <strong>il</strong> pensiero di quella creatura meravigliosa, compagna di tutti i pomeriggi di un’intera vita.<br />

Era una ragazza che conosceva da sempre, l’aveva incontrata su quel prato quando era poco più che un<br />

bambino e fin dal primo giorno tra loro era nato un legame così diffic<strong>il</strong>e da spiegare perché probab<strong>il</strong>mente<br />

unico. Non aveva la presunzione di arrogare a sé stesso <strong>il</strong> diritto di vivere l’Amore più straordinario del<br />

mondo, semplicemente aveva concluso dalle sue poche esperienze sociali che non esistevano altri legami<br />

così forti, duraturi nel tempo e particolari. Si trattava in effetti di una storia non comune, fatta di pomeriggi<br />

infiniti passati sdraiati sull’erba a guardare <strong>il</strong> cielo, senza che mai <strong>il</strong> più minimo contatto fisico abbia<br />

potuto intromettersi nell’apoteosi di quelle due anime in comunione. Poteva stare ore ed ore ad osservarla<br />

sempre coricata con gli occhi verso <strong>il</strong> cielo, che poi chiudeva ad ogni tramonto per immergersi completamente<br />

nell’abbraccio materno della natura e nel guscio sicuro del mondo. Era in quel momento,<br />

quando <strong>il</strong> sole se ne andava dietro alle montagne là di fronte, che <strong>il</strong> vecchio si rialzava e tornava ai suoi<br />

doveri, consapevole che tutti gli animali esistenti e le intemperie possib<strong>il</strong>i sarebbero rimasti incantati dal<br />

sonno profondo di quella creatura suprema.<br />

Così era sempre andata fino a quando qualcosa turbò la serenità del vecchio. Proprio negli ultimi giorni,<br />

infatti, aveva luogo una mattanza esagerata contro le sue pecore, che venivano azzannate durante la<br />

notte o inspiegab<strong>il</strong>mente sparivano nei giorni di pascolo, per poi riapparire non molto più lontano ma<br />

ferocemente d<strong>il</strong>aniate. Non fu diffic<strong>il</strong>e per <strong>il</strong> pastore riconoscere la causa, gli bastò un’occhiata alle pecore<br />

colpite per capire cosa stava succedendo intorno a lui. Non gli interessava lo scetticismo della gente<br />

giù di sotto, per i quali dopotutto un vecchio che passava i suoi pomeriggi a parlare con un prato aveva<br />

certamente <strong>il</strong> diritto di trascorrere le notti ad inseguire lupi, lui sapeva che quel disgraziato animale era<br />

tornato su quelle montagne e si era stab<strong>il</strong>ito intorno al suo gregge, unico boccone così appetib<strong>il</strong>e rimasto<br />

NOVELLE<br />

51<br />

<strong>il</strong> <strong>Bosco</strong><br />

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