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Abbiamo perso lo smalto - Macchina dei Sogni

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mente il suo udito riuscì a dare una direzione a quel suono e Pit volse<br />

interrogativamente <strong>lo</strong> sguardo verso una scala che conduceva ai sotterranei<br />

della biblioteca. Diede di nuovo un’occhiata all’oro<strong>lo</strong>gio, mancavano<br />

pochi minuti alla chiusura. Esitò per un istante, poi si mosse<br />

verso la fonte di quel suono e scese le scale.<br />

Il piano inferiore era vasto quanto quel<strong>lo</strong> superiore ed era occupato da<br />

decine e decine di scaffali carichi di vecchi libri che formavano un deda<strong>lo</strong><br />

di corridoi lunghi e intricati. Pit era sceso raramente lì sotto. Sentì<br />

che il rumore proveniva dalla parte più <strong>lo</strong>ntana del <strong>lo</strong>cale e così, pian<br />

piano si incamminò percorrendo una dopo l’altra quelle corsie fatte di<br />

libri. Mano a mano che si avvicinava il suo udito riusciva a definire meglio<br />

quel suono. Era una musica, una specie di valzer, semplice, composto<br />

con poche note da un qualche strumento metallico. Appena<br />

svoltato l’ultimo corridoio si ritrovò davanti alla fonte di quella me<strong>lo</strong>dia.<br />

E non era so<strong>lo</strong>. Davanti a lui, raccolte attorno a un picco<strong>lo</strong> tavolino<br />

posto accanto a una parete, due <strong>perso</strong>ne osservavano un oggetto appoggiato<br />

sopra.<br />

Pit si avvicinò per guardare meglio. Vide una specie di caril<strong>lo</strong>n, a forma<br />

di sfera, co<strong>lo</strong>r porpora, grande quanto un me<strong>lo</strong>grano. La parte superiore<br />

rappresentava una volta celeste, punteggiata da un nugo<strong>lo</strong> di minuscoli<br />

vetrini co<strong>lo</strong>rati a forma di stella. All’apice della sfera svettava<br />

una luna a spicchio. Il tutto ruotava lentamente sopra una base cilindrica<br />

da cui si diffondeva la musica che aveva udito. Per quanto strano<br />

potesse sembrare, rimase in silenzio insieme alle altre due <strong>perso</strong>ne<br />

ad ascoltare quella me<strong>lo</strong>dia.<br />

Il meccanismo stava rallentando così come la rotazione della sfera e<br />

il ritmo della musica. Poco dopo le stelle del caril<strong>lo</strong>n terminarono di girare<br />

e il valzer si spense. So<strong>lo</strong> al<strong>lo</strong>ra Pit scambiò un’occhiata con le<br />

altre due <strong>perso</strong>ne. Erano due ragazze, più o meno della sua età, scese<br />

lì sotto probabilmente per il suo stesso motivo: attirate da quel suono.<br />

Quella alla sua destra aveva i capelli rossi come il fuoco e indossava<br />

<strong>dei</strong> vestiti decisamente eleganti, più adatti a un party nell’alta società<br />

che a una biblioteca. L’altra aveva degli splendenti occhi azzurri e un<br />

viso da bambina.<br />

Pit accennò un sorriso e disse: «Mi piacerebbe sapere che cosa ci fa<br />

un caril<strong>lo</strong>n qui sotto…»<br />

«…e in che modo si è messo a funzionare» aggiunse la ragazza dai<br />

capelli rossi, ricambiando il sorriso.<br />

«Lo avrà dimenticato qualcuno» replicò la ragazza dagli occhi chiari.<br />

> :-<br />

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