margola_catalogo
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avvilita quale può apparirci dopo il gran peccato; e un Adamo imponente, severo, massiccio, figura da gran patriarca.<br />
L’argomento presentava un grave pericolo: la pesantezza, anzi, la gonfiezza. Fu accortamente evitato: perché il linguaggio di<br />
queste cinque bibliche persone è, sì, molto solenne (e come non poteva non esserlo?) e molto sostenuto; ma non è mai falso, nè<br />
retorico. E pari al liguaggio della poesia è il discorso della musica. Non m’è parso in verità di sentire discordanza fra testo<br />
letterario e partitura musicale. Infatti la musica, innestandosi vigorosamente sulla poesia, scorre tutta d’un pezzo sui binari<br />
d’un eloquio vibrante ma sobrio, ardente ma contenuto. Lirico è il verso e nobile è il canto (sì, tutte le cinque `persone’ del<br />
dramma si permettono la gioia del canto); ma il freno dell’arte costringendo la linea melodica entro i castigati confini<br />
dell’espressione moderna, dona severità e dignità ai dialoghi, ai soliloqui, a tutta la parte vocale. Potenziali di musica robusta,<br />
Caino, Ararat, Abele, Adamo, Eva, con essa potentemente s’esprimono. E ciascuno di questi `eroi’ ha la sua decisa<br />
caratterizzazione. S’espande essa nella poesia (clima letterario e clima musicale hanno totale rispondenza) in libero variar di<br />
versi composti con libertà polimetrica i quali usan sempre scelto idioma e concetti peregrini (dimentichiamo pure alcune<br />
`semplicità’ o ingenuità che dir si voglia); si concretizza musicalmente in temi - quasi sempre brevi - che, evitando l’adusato<br />
motivo conduttore, si prospettano di volta in volta secondo la necessità della scena. Ed è realizzata - l’idea musicale - da una<br />
scrittura stretta, serrata, plastica, ossuta e lampeggiante; con la quale canto e orchestra raggiungono, attraverso una forma<br />
aperta, una assoluta chiarezza latina. Ottengono canto e orchestra, quella che noi - sempre per lo stesso Margola - in altra sede<br />
abbiamo definito la `intensificazione del valore poetico della parola’. Si ha, insomma, una musica essenzialmente costruttiva: e<br />
tutta alta, e tutta serena, e come pervasa da un anelito contemplativo, da un mistico soffio religioso. Di questa musica<br />
l’armonia che è sempre aspra, tagliente ed esasperata, lo stesso Margola ha voluto trovare gli aggettivi: `scabra, rocciosa,<br />
dolorifica, antifrancese’ (e noi cogliamo l’occasione per speculare su quest’ultimo: la musica di Franco Margola è antifrancese<br />
perché secondo il sano e limpido stile italiano è tutta tonale - fa eccezione qualche pezzo: esempio `la tempesta’ - cioè<br />
ripudiante le anarchie della atonalità o della politonalità e i decadentismi e gli impressionismi e le nebulosità di oltr’alpe):<br />
armonia che sa creare il dramma e la tragedia e di questi la catarsi, il placamento” (Alfredo Gatta); DE’ PAOLI, Domenico.<br />
`Lettera da Bergamo’ ne La Rassegna musicale, XIII/11, Novembre 1940, pp. 446-447: “Non accade spesso di vedere un<br />
giovane affrontare il problema del teatro per la prima volta con tale serietà di impegno ed una aspirazione ideale così elevata.<br />
[...] Il libretto non è sempre molto chiaro, né convincente; ma si direbbe che il musicista sia stato preso più dal `dramma’ in sé<br />
stesso che dal testo, poiché spesso la musica arriva a chiarire ed a vivificare ciò che nel libretto non risulta. Così la<br />
caratterizzazione musicale di Caino, di Abele, di Adamo, di Eva ci sembra molto più efficace di quella poetica: meno quella di<br />
Ararat, ambigua, ma non abbastanza, nel testo e nella musica. In tutto il lavoro è sensibile la volontà del musicista di mettere in<br />
rilievo non solo i caratteri dei personaggi, ma i sentimenti e le passioni che li agitano, e di mantenere il `dramma’ al primo<br />
piano. Non si pensi a rifacimenti melodrammatici, o ad un facile melodizzare: il musicista non rinuncia a vedere il teatro in un<br />
modo personale né ad un linguaggio, per quanto gli è possibile, personale e `attuale’: ma fa nascere la musica dal dramma ed a<br />
questo la subordina, senza permetterle di sbandarsi in episodi sonori di una virtuosità perfettamente gratuita. Nel Mito di<br />
Caino la musica nasce dal dramma, aderisce ad esso e lo `prolunga’ oltre quel limite che la parola non può oltrepassare: mira a<br />
rivelare creature umane, per quanto primitive, e non fantocci più o meno eroici o sentimentali. Il musicista si è sforzato di<br />
ascoltare in sé i suoi protagonisti, e di lasciarli parlare nel modo ch’era loro più naturale. Ne è risultato un vero `dramma’,<br />
dove l’orchestra (che pure ha una vita sua e intensa) non si sovrappone ai personaggi, e nel quale la musica rivela l’anima di<br />
questi senza tentare di sostituirsi ad essa. Ed è probabilmente per questo che tutte le arditezze e le `modernità’ del linguaggio<br />
musicale sono state accettate e son passate naturalmente: perché erano giustificate da un dramma sempre sensibile per<br />
l’ascoltatore. Il linguaggio musicale di Margola è ben moderno e della nostra epoca anche se non è tutto personale. Echeggiano<br />
qua e là vaghi sentori di influenze caselliane e pizzettiane che il compositore arriva a conciliare con una virtuosità davvero<br />
poco comune: è evidente che il musicista conosce quanto di più interessante è stato fatto negli ultimi anni. Ma è innegabile<br />
anche che una personalità ed uno stile cominciano ad affermarsi nell’opera sua. Il Mito di Caino presenta nel suo insieme una<br />
coerenza stilistica veramente più che notevole (a parte il quartetto che sembrò staccarsi un po’ troppo dal resto): la scrittura,<br />
sempre chiara sia nelle pagine più schiettamente melodiche che in quelle più dense contrappuntisticamente, di una logica<br />
inflessibile: lo strumentale vario ed efficace e concepito sempre in funzione del dramma e della sostanza musicale, e mai fine a<br />
se stesso. Lo stile vocale - che talvolta, avulso dal commento orchestrale basterebbe da solo a caratterizzare i personaggi:<br />
pregio non piccolo questo, ed assai raro al giorno d’oggi - è di un’austerità ben consona al soggetto: ma anche di una varietà e<br />
di un’efficacia che gli permettono di serrare le menome inflessioni, e non soltanto vocali, dei personaggi. Un primo lavoro<br />
questo Mito di Caino, ma che per la serietà, per l’impegno del musicista, per l’intenzione esplicita di creare una musica che sia<br />
veramente la rivelazione del dramma invisibile (senza dimenticare per questo di essere un linguaggio intelligibile all’auditore),<br />
mette il suo autore fra i musicisti su cui domani la musica italiana avrà il diritto di contare”; BRUNELLI, Vittorio. `Franco<br />
Margola’, in: Rivista Musicale Italiana, LII/4, Milano, Bocca, ottobre - dicembre 1950, pp. 355-356: “Nel Mito di Caino il<br />
Margola è irrevocabilmente fuori dal vieto melodrammismo enfatico, che ancora allettava non pochi giovani di quel tempo, più<br />
fedele alla dignità della sua arte che accondiscendente alle blandizie del pubblico. L’orchestra, cristallina per trasparenza di<br />
sonorità e per levità di armonizzazione; le voci, declamanti nel canto con quel rigore ritmico, melodico e accentuativo, che<br />
costituisce sempre un gran pregio della musica procedente, per questo riguardo, dai canoni della Camerata fiorentina; il pathos<br />
emanante dal fatto in sé e dal profondo senso umano e filosofico che da esso scaturisce; la saggia distribuzione dei vari<br />
movimenti drammatici, scenici e musicali secondo criteri di graduata emotività, fanno, dell’opera, un pregevole saggio<br />
dell’abilità del Margola anche nel genere rappresentativo”; Radiocorriere, 11-2-1961: “Il Mito di Caino traduce in forma<br />
scenica il racconto biblico dell’uccisione di Abele, circondando questo episodio culminante con brevi scene che lo preparano,<br />
lo commentano o danno movimento all’azione: l’amore tentatore di Ararat per il fratello Caino, il rito del sacrificio degli<br />
agnelli e delle messi sul rogo, il pianto di Eva sul cadavere del figlio, la terribile maledizione di Adamo contro il fratricida e<br />
tutti i suoi discendenti e la cacciata della lasciva Ararat dal seno della famiglia. Efficace nel rendere il ritmo serrato dell’azione<br />
e nel caratterizzare concisamente i personaggi, quest’opera giovanile di Margola sa anche creare, quando la situazione lo<br />
richieda, momenti espressivi di un certo respiro, con i quali la musica penetra più a fondo nell’anima dei protagonisti. A<br />
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