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ARCHIVIO MARGOLA: Edizione a stampa<br />

NOTE: Sono la riduzione per pianoforte solo dell’Allegretto alla danza e del Calmo tratti dai Notturni e danze (N. Cat. 123d-e).<br />

124<br />

TORNA, DESIDERATA PRIMAVERA<br />

per canto (soprano), pianoforte e corno<br />

- 1958<br />

ESECUZIONI:<br />

- 9-11-1958, Clonskeagh (IRL), Philip’s Hall (Istituto Italiano di Cultura), Trio Ceccarossi (Yo Clyzza, Loredana Franceschini, Domenico<br />

Ceccarossi)<br />

- 12-11-1958, Liverpool (GB), Società `Dante Alighieri’, Trio Ceccarossi<br />

- 15-11-1958, Francia, Les Entretiens Culturels Franco-italiens, Trio Ceccarossi<br />

- 5-11-1959, Londra (GB), The Italian Institute, Trio Ceccarossi<br />

- Roma, 13 luglio 1958<br />

- Manoscritto inedito<br />

ARCHIVIO MARGOLA: Autografo<br />

(ca. 1958)<br />

ARCHIVIO MARGOLA: Autografo partitura e parti<br />

125<br />

SECONDO CONCERTO<br />

per archi<br />

125A (775)<br />

[Quartetto d’archi]<br />

126<br />

TRE EPIGRAMMI GRECI<br />

per soprano (o violino), corno e pianoforte<br />

- a) Alle Termopili, (Austero e solenne), b) La memoria e l’oblio (Sostenuto), c) Sulla tomba di Anacreonte<br />

(Scorrevole)<br />

- 1959 [o 1958?]<br />

- Dedicati al Trio Ceccarossi (Jolanda Colizza, Domenico Ceccarossi, Loredana Franceschini)<br />

1ª ESECUZIONE: 2-5-1959, Bologna, Sala `Bossi’, Trio Ceccarossi<br />

TESTO: a) “Ospite, annuncia a Sparta che qui spenti cademmo, alle sue leggi obbedienti”, b) “Memoria, oblio, siete egualmente cari: l’una<br />

ai miei dolci dì, l’altra agli amari...”, c) “Anacreonte fui che bevvi assai e morii, tu non bevi eppur morrai...”<br />

EDIZIONE: Bongiovanni (Stampa eliografica) F. 2507 B., F. 2471 B. (riduzione per canto e piano) (1960).<br />

REGISTRAZIONI FONOGRAFICHE: LP RCA MLDS 20258 (Trio Ceccarossi)<br />

ARCHIVIO MARGOLA: Registrazione LP e MC da trasmissione radiofonica (Nella Livraghi, soprano, Orchestra<br />

della Radio Svizzera Italiana, dir. L. Casella)<br />

NOTE: Il contratto con l’editore Bongiovanni per la pubblicazione porta la data del 10-6-1959. Dei tre pezzi è stata realizzata anche una<br />

versione per soprano e orchestra, ad opera di Luciano Sgrizzi.<br />

COMMENTI CRITICI: “Il carattere ambientale del testo e lo sviluppo della tecnica coloristica nella parte del corno conferiscono alla<br />

composizione un sapore essenzialmente epico” (I. B., dalle note di sala del concerto del 6-3-1960 all’Aquila); La Settimana<br />

Musicale, 17-4-1961; UGOLINI, Giovanni. `Franco Margola’, in: Il Bruttanome, II/3, Brescia, autunno 1963, p. 473: “segnano un<br />

ritorno alla solennità lineare della dimensione epica”; CONTER, Fulvia. Incontri con la Nuova Musica, III edizione, Brescia, 1989,<br />

p. 20: “rivelano pienamente la destinazione per voce, corno e pianoforte, e quest’ultimo strumento ha un’importanza decisamente<br />

preponderante nei confronti della voce. Questa, nel primo epigramma ha praticamente il compito di `recitare’ il semplicissimo<br />

testo, ammantato di solennità, ma anche di tragica aulicità, nell’annuncio della strage delle Termopili. È il pianoforte che espone il<br />

tema e sottolinea con il suo intervento (dopo la prima frase vocale) il carattere funebre del pezzo, con accordi di cui tre ascendenti e<br />

tre discendenti, che si risolvono in una cadenza arcaica. Quasi musica `da scena’, con la voce che soffoca i tentativi di melodia,<br />

mentre il pianoforte con quel tipo di accordi `impressionisti’ rarefa l’atmosfera, raggelata dalla presenza dei canopi. Il secondo<br />

brano, brevissimo, non possiede l’essenziale nobiltà del precedente. Qui Margola sottolinea, con il suo umorismo amaro, la<br />

differenza fra `memoria’ e `oblio’, spiega le sue doti di armonista, sfruttando anche soluzioni jazzistiche. Solo sull’`oblio’ la voce,<br />

molto ben assecondata dal pianoforte e dal corno, azzarda una linea lirica, ma è immediatamente interrotta dal sopraggiungere della<br />

più scanzonata `memoria’. Quasi gaia, infine, la confessione di Anacreonte. Anche qui è strettissima l’aderenza testo-musica, tanto<br />

che su `pur bevve assai’ Margola sembra concedersi il gusto dell’onomatopea musicale. La scrittura, rispetto alle due precedenti<br />

liriche, ora si fa più italiana e `caselliana’: un’apparente semplicità che consente al pianoforte perfino due battute di terzine<br />

all’unisono. L’atmosfera `greca’ ed estetizzante si dissolve in una più accattivante italianità due-trecentesca”<br />

72

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