margola_catalogo
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Criteri di selezione delle composizioni<br />
INTRODUZIONE AL CATALOGO<br />
Nella compilazione del presente <strong>catalogo</strong> delle opere di Franco Margola, il primo problema emerso per il curatore è stato<br />
quello di chiarire i criteri di selezione del materiale da ordinare. In parole più semplici, di stabilire con esattezza cosa si<br />
intendesse catalogare. Il quesito, apparentemente sciocco, in realtà non comportava sempre soluzioni facili ed univoche, perché<br />
per nulla scontata era una precisa definizione a priori del termine `composizione’: quando un insieme di note musicali diventa<br />
`composizione’ musicale? Possiamo considerare `composizione’ una serie di schizzi incompiuti? O un semplice basso<br />
d’armonia? O un tema d’esame per gli allievi di composizione?<br />
Le risposte potevano essere differenti, ognuna tale da implicare ulteriori problemi e difficoltà. In ogni caso, sarebbe stato<br />
assurdo includere nel <strong>catalogo</strong> esclusivamente i brani musicali completi, le opere finite, tralasciando tutte le rimanenti<br />
incompiute: così facendo si sarebbero esclusi dalla lista non solo i piccoli frammenti, ma anche opere di sicuro impegno<br />
compositivo, quali, ad esempio, la cantata La nuova Bètlem (N. Cat. 336), e tantissime altre ancora. Del resto, Ludwig von<br />
Köchel non pensò certo di escludere dal <strong>catalogo</strong> delle opere mozartiane la Grande Messa in do minore K 427 o la Messa da<br />
Requiem K 626, o Otto Erich Deutsch da quello delle opere di Schubert la famosa Ottava Sinfonia D 759 (‘l’Incompiuta’ per<br />
antonomasia) o le diverse Sonate per pianoforte rimaste incomplete.<br />
A parte ciò, l’esclusione di tutte le composizioni incompiute avrebbe comunque comportato difficoltà non trascurabili, dal<br />
momento che spesso non è chiaro se un pezzo sia stato abbandonato prima di essere completato, o se semplicemente la<br />
continuazione sia andata perduta o comunque non sia stata identificata. Franco Margola non badava all’ordine esteriore delle<br />
cose, e una composizione poteva prendere forma nella maniera apparentemente più confusionaria, ad esempio sviluppandosi su<br />
fogli di formato diverso, assieme ad altre composizioni, ecc.<br />
D’altra parte, includere nel <strong>catalogo</strong> qualsiasi frammento uscito dalla penna del compositore sarebbe stato altrettanto<br />
impensabile se non ancora più assurdo, soprattutto considerando le finalità del lavoro: seguendo questo criterio, si sarebbero<br />
dovute infatti prendere in considerazione anche le poche note scarabocchiate su un rudimentale rigo musicale magari privo di<br />
chiavi e velocemente abbozzato sul retro di una busta (da che parte si legge? che note sono? è un’idea originale o trascritta?<br />
ecc.), o si sarebbero dovute catalogare tutte le centinaia di fogli pieni di rapidi schizzi, scritti a matita e pressoché indecifrabili<br />
(e come catalogare degli schizzi senza averne prima individuato gli estremi?); ancora, avrebbero dovuto essere presi in<br />
considerazione anche tutti quegli esempi musicali rapidamente tracciati evidentemente in sede di insegnamento, e che quindi<br />
non sono il frutto di alcun intendimento compositivo: questi conducono la nostra immaginazione nel bel mezzo di una tra le<br />
numerosissime lezioni di armonia o di composizione, tenute dal Maestro ad altrettanti giovani provenienti da ogni regione<br />
della penisola, e sono per questo nulla più che un piccolo documento testimone di un’intensa attività didattica universalmente<br />
riconosciuta; ma non sono certo interessanti esempi di produzione artistica e comunque non avrebbe alcun senso cercare di<br />
inserire tutto questo in un <strong>catalogo</strong>, che altrimenti ne uscirebbe inutilmente appesantito da migliaia e migliaia di schede prive di<br />
particolare interesse.<br />
Un criterio di selezione andava dunque stabilito, tra i tanti possibili. Cercando di evitare inutili pedanterie ma di attenersi il<br />
più possibile a un principio di completezza, in linea generale sono state considerate tutte le composizioni alle quali il musicista<br />
sembra aver voluto dare una certa compiutezza, anche se questa è poi rimasta soltanto nelle intenzioni. Sono state quindi<br />
incluse non solo le opere incomplete, ma anche i semplici abbozzi che però già rivelano, in un modo o nell’altro, una precisa<br />
identità o intenti non trascurabili (vedi ad esempio lo schizzo indicato al N. Cat. 82a, esplicitamente inteso come prima stesura<br />
di un Quartetto d’archi n.6).<br />
Per dovere di completezza, si è ritenuto anche di includere le opere didattiche e le rielaborazioni di musiche altrui, pur non<br />
trattandosi di vere e proprie composizioni musicali nel senso stretto.<br />
La ricostruzione di un pezzo smembrato è stata, come ovvio, il lavoro preliminare fondamentale per la compilazione del<br />
<strong>catalogo</strong>. Anche questo primo sforzo si è rivelato però a volte irto di difficoltà, e ciò principalmente a causa della natura del<br />
linguaggio musicale di Margola, soprattutto quello degli ultimi anni di attività: esso è infatti difficilmente ascrivibile a schemi<br />
prefissati, anche là dove la musica si muove nell’ambito della classica tonalità. Indicazioni in chiave non ve ne sono quasi mai,<br />
e per Margola tonalità non significa tradizionale concatenazione di armonie, quanto piuttosto un libero girovagare di linee e<br />
accordi all’interno di una struttura non sempre definita o percepibile. La `piacevolezza’ della sua musica sta proprio in questa<br />
libertà di linguaggio, che non rinnega le strutture tradizionali ma che al tempo stesso non si lascia da esse facilmente<br />
ingabbiare. Questo senso della libertà formale, che, fra l’altro, ha tenuto il compositore fondamentalmente estraneo ai severi<br />
princìpi della serialità, è andata via via aumentando con gli anni, tanto che le sue ultime composizioni non sembrano, almeno in<br />
apparenza, sottostare ad alcuna struttura formale identificabile. Unico elemento a volte evidente, è l’ossatura ritmica di molti<br />
brani, che conferisce loro una certa unitarietà ed omogeneità di scrittura. Un’analisi attenta degli schemi ritmici, oltre che del<br />
generale andamento melodico, ha potuto fornire elementi sufficienti per una ricostruzione attendibile; ma si è trattato<br />
comunque di un’operazione delicata, perché non era sempre facile riconoscere se due pagine staccate facessero parte della<br />
stessa composizione o non piuttosto dello stesso stile.<br />
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