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affinato e ad un senso melodico duttile ed espressivo. La parte dello strumento solista emerge con plastica evidenza sul tessuto<br />

strumentale dosato con equilibrata perizia lungo tutta la composizione. Scendendo a qualche dettaglio, si notino le battute che<br />

concludono, con brillante senso dinamico, il primo movimento; oppure la estatica e ferma contemplatività con cui si inizia il<br />

secondo movimento, ove la voce del corno emerge, con timbro penetrante e pacato, sulla compagine sonora, affidata alle viole, ai<br />

violoncelli e ai contrabbassi, in un suggestivo pianissimo; infine il vigoroso e vibrato fervore ritmico che anima tutto l’ultimo<br />

movimento, scandito su un tempo Allegro vivo. L’opera si conclude con un incisivo accordo fortissimo di tutta l’orchestra” (A. M.,<br />

dalle note di sala del Concerto del 31-10-1963 a Firenze); Giornale di Brescia, 1-11-1963: “Il Concerto ha una sua fisionomia<br />

particolare: che ci autorizza ad inserirlo in quella parte della produzione margoliana dove gli accenti della malinconia e del<br />

rimpianto prevalgono sulla tensione drammatica e sull’asprezza del linguaggio. Il che non vuol dire, naturalmente, che il discorso<br />

musicale programmato in questo Concerto sia univoco e non consenta, quindi, quella dialettica dei contrari che costituisce la<br />

regola fondamentale di ogni architettura vitale. Se l’Allegro vivo iniziale insiste nel gioco sfumato dell’espressione, nella gentile<br />

morbidezza dello strumentale (una scrittura `cameristica’ di trasparente semplicità), nella monotematica sequenza dell’inciso<br />

esposto fin dalle prime misure dalla tromba, già sul finire di questo primo tempo il materiale musicale trova una decisa alterazione<br />

nei rapidi arabeschi dei legni, che conferiscono una aerea decorazione alle battute conclusive. Un’atmosfera di raccolta espansività<br />

è quella che apre il Lento centrale, abbandonato ad una linea melodica che i suoni chiusi del corno mantengono dapprima in<br />

un’atmosfera di assorta concentrazione, per aprirsi poi ad un’intensità affettiva che la piena cantabilità della frase e il nervoso<br />

tremolo degli archi caratterizzano efficacemente. Un’autentica sorpresa timbrica è quella prodotta, verso la fine di questa<br />

brevissima parte, dalla ripresa tematica del clarinetto, incupito nella tessitura grave dello strumento. Il terzo tempo è un ricco<br />

repertorio di alcuni tra i più abituali atteggiamenti stilistici del compositore: vedasi il festoso dinamismo ritmico delle battute<br />

iniziali, la riproposta delle decorazioni in arabesco dei legni, la melodia `interrotta’ esposta dallo strumento solista nella seconda<br />

sezione di questo episodio, la vaporosa leggerezza strumentale del frammento che vede una dolce melodia dell’oboe<br />

contrappuntata dal gioco leggero degli archi. Non mancano, nel gioco festoso di questa pagina, improvvise ombre drammatiche:<br />

come, ad esempio, alla reiterazione ossessiva della melodia esposta dal corno o ancora là dove il concitato tremolo degli archi si<br />

arresta sopra ad un marcato fortissimo di tutta l’orchestra. Né manca, a dimostrare la disinvoltura `grammaticale’ del nostro<br />

compositore un impiego di artifici seriali (come avviene nelle ultime quattro misure del Concerto), artifici la cui portata tecnicistica<br />

non è d’imbarazzo all’esercizio di una libera fantasia” (Giovanni Ugolini); La Nazione, 1-11-1963: “Il lavoro ci è sembrato quanto<br />

mai degno di aggiungersi alla sparuta letteratura del corno: scritto con quella discorsività e con quella ritmica varietà propria di<br />

Margola, riunisce in tre concisi movimenti aspetti di cangiante motilità e di più raccolta cantabilità” (Vice); L’Unità, 3-11-1963: “Il<br />

Concerto ha riconfermato la concezione sonora del compositore bresciano, una concezione insofferente di dogmatismi e di<br />

imposizioni. In esso il Margola, attraverso una scrittura dove su un impianto ritmico semplice e lineare si intrecciano i fili di una<br />

raffinata trama armonica ed un duttile senso melodico, perviene, soprattutto nella parte finale, alla manifestazione di uno stile<br />

epico, emergente dall’appassionato e vigoroso fervore ritmico che colora tutto l’ultimo movimento e dall’incisivo accordo<br />

fortissimo di tutta l’orchestra su cui si conclude il concerto”; La Voce Repubblicana, Dicembre 1964<br />

ALTRE ESECUZIONI:<br />

- 31-10-1963, Firenze, Teatro Comunale, Pasqualino Rossi, Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino, dir. Bernhard Conz<br />

- 25-11-1964, Roma, Foro Italico (Auditorium RAI), D. Ceccarossi, Orchestra Sinfonica della RAI di Roma, dir. A. La Rosa Parodi<br />

(trasmesso dalla RAI 21-6-1969, 15-5-1971 e marzo 1974) (Reg. MC)<br />

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SINFONIA N. 2<br />

per orchestra<br />

- Ott, 2 fl, 2 ob, Cn ingl, 2 cl, cl basso, 2 fg, 3 cn, 3 trb, 3 trbn, perc, archi<br />

- Cagliari, 25 settembre 1961<br />

1ª ESECUZIONE: 15-3-1963, Cagliari, Teatro Massimo, dir. Bruno Bartoletti<br />

EDIZIONE: Bongiovanni F. 2519 B. (partitura, stampa eliografica) (1962). In commercio solo partitura; partitura e<br />

parti a noleggio presso Bongiovanni<br />

DURATA: 18 minuti<br />

ARCHIVIO MARGOLA: Partitura a stampa e riduzione per pianoforte manoscritta; bozze; parte corno inglese<br />

COMMENTI CRITICI: “Per entrare nello spirito di questa Sinfonia è bene sapere che Margola si diletta con amorevole passione anche in istudi<br />

di archeologia e di arti figurative e plastiche [...] Il fascino subìto, fascino di monumentalità, di grandi valori plastici e strutturali,<br />

egli, da musicista, ha voluto riviverli attraverso i suoni, condensando in essi tutta la carica emotiva delle sue impressioni. Lavoro,<br />

quindi, di misurata ed equilibrata sintesi, confacente alle esigenze di un pubblico moderno, di pronta ricettività. E se quest’opera è<br />

di proporzioni ridotte, non altrettanto può dirsi del contenuto, in cui, ripetiamo, si addensano vivaci e profonde impressioni”<br />

(Ernesto Paolone, dalle note di sala del concerto del 15-3-1963 a Cagliari); L’Unione sarda, 16-3-1963: “La II Sinfonia di Franco<br />

Margola ha ricevuto ieri il suo battesimo al Teatro Massimo per la direzione del maestro Bruno Bartoletti: diremo subito che la<br />

nuova recentissima musica del Direttore del Conservatorio cagliaritano è stata accolta con molti applausi, con un favore pressoché<br />

generale. Ci accordiamo volentieri con quanti hanno salutato la Sinfonia di Margola con simpatia e con un fervore che forse lo<br />

stesso musicista bresciano non si attendeva. La musica trova un Margola non completamente libero dalle scorie dodecafoniche (i<br />

distacchi, si sa, non sempre sono totali, lasciando un po’ di nostalgia) ma si è già su un cammino ben tracciato che potrebbe<br />

significare una riconquistata fiducia su un mondo sonoro che non va né imitato né rinnegato. Margola padroneggia l’orchestra ricca<br />

e varia, ha un senso sicuro del ritmo che pervade l’intera partitura che non produce (quasi mai) fatica nell’ascolto. Insomma questa<br />

II Sinfonia ha una sua struttura, un impegno non comune e diverso dal solito cianciare di musicisti che menan il can per l’aia e<br />

prendono per il naso l’ascoltatore annoiato e deluso. Costruita su tre tempi che procedono agili e svelti con una parentesi di un<br />

adagio rarefatto che non rinunzia al canto che si rincorre fra violini, violoncelli e strumentini, questa Sinfonia ci sembra destinata<br />

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