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Il dolore cronico Medicina Generale - Ministero della Salute

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110 <strong>Il</strong> <strong>dolore</strong> <strong>cronico</strong> in <strong>Medicina</strong> <strong>Generale</strong><br />

PREMESSA<br />

Un elemento centrale del trattamento nel percorso di diagnosi e cura di un paziente<br />

con <strong>dolore</strong> è il controllo a distanza dei risultati, cioè la fase di follow-up.<br />

Per un paziente con <strong>dolore</strong> <strong>cronico</strong> la guarigione è spesso un obiettivo impossibile,<br />

come sanno bene il MMG o il Pediatra di Libera Scelta (PLS). Questo<br />

assunto è fondamentale nel definire i possibili obiettivi di un trattamento antalgico<br />

in un paziente con <strong>dolore</strong> <strong>cronico</strong> e nel valutarne a distanza i risultati.<br />

Appare chiaro, quindi, che al medico spetta innanzitutto l’obbligo di spiegare<br />

in modo semplice e comprensibile le cause e i meccanismi <strong>della</strong> malattia o del<br />

processo che producono <strong>dolore</strong>. Accanto a questo primo tipo di informazione,<br />

il medico deve condividere e concordare con il paziente il piano di cura (Piano<br />

Diagnostico-Terapeutico Assistenziale, PDTA). In questo ruolo il MMG e il<br />

PLS sono facilitati, in quanto da sempre il rapporto con i loro assistiti, a differenza<br />

di quello tra i pazienti e lo specialista che si svolge spesso in un clima<br />

di dogmatica dipendenza, è un rapporto paritario e negoziale. Proprio per la<br />

consuetidine e confidenza (a volte si potrebbe perfino azzardare il termine di<br />

“benevola complicità”) che lega il MMG o il PLS al proprio assistito e alla sua<br />

famiglia si determinano le condizioni che permettono di prendere decisioni<br />

condivise.<br />

Durante la visita dallo specialista, il malato si trova spesso in imbarazzo, a<br />

disagio e in stato di palese inferiorità, teme quello che gli sarà detto, a volte<br />

non capisce bene quanto gli viene spiegato – talora anche frettolosamente e<br />

con termini troppo tecnici.<br />

Di conseguenza il paziente ben difficilmente si spinge a porre domande, a<br />

chiedere chiarimenti, a opporre il proprio punto di vista o a negoziare il tipo,<br />

i modi e i tempi del trattamento. Ma, uscito dall’ambulatorio dello specialista,<br />

comincia a pensare alle soluzioni che gli sono state proposte e quando arriva<br />

nell’ambulatorio del suo MMG è ormai pronto a mettere sul tavolo le richieste<br />

di chiarimenti, i dubbi e le prevenzioni rispetto a un determinato tipo di terapia<br />

che gli è stato proposto.<br />

Di fronte al proprio medico di fiducia non è più in soggezione, ma può esprimere<br />

con tranquillità i propri dubbi, può chiedere spiegazioni su quanto non<br />

ha capito, senza paura di essere zittito o liquidato rapidamente o di risultare<br />

“ignorante”. Mettere a proprio agio il paziente fa parte del bagaglio culturale<br />

<strong>della</strong> medicina generale; la confidenzialità del rapporto, insieme alla fiducia<br />

che in esso viene riposta, così come la conoscenza <strong>della</strong> persona e del nucleo<br />

familiare del paziente, consente al medico di orientare adeguatamente la discussione<br />

e al malato di esprimere senza remore o titubanze il proprio punto di<br />

vista avendo una discussione franca sui problemi che lo interessano. Proprio<br />

la negozialità del rapporto, che consente un confronto su un piano paritario e

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