Il dolore cronico Medicina Generale - Ministero della Salute
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144 <strong>Il</strong> <strong>dolore</strong> <strong>cronico</strong> in <strong>Medicina</strong> <strong>Generale</strong><br />
Sebbene l’obiettivo di indurre una condizione di refrattarietà alle proprietà<br />
di rinforzo positivo delle droghe sia perseguito con ogni mezzo messo a disposizione<br />
dalla ricerca biomedica, allo stato dei fatti non esiste un farmaco<br />
che possa azzerare un comportamento così solidamente strutturato e pervasivo<br />
come la tossicodipendenza. Non a caso la tossicodipendenza è stata assimilata<br />
alle malattie croniche e recidivanti, dove l’obiettivo terapeutico, più che<br />
l’interruzione <strong>della</strong> storia naturale <strong>della</strong> malattia, è il suo controllo. In questa<br />
ottica, di frequente riscontro è la somministrazione a tempo indefinito di un<br />
farmaco sostitutivo <strong>della</strong> droga primaria d’abuso, che soprattutto non provochi<br />
dipendenza farmacologica e riesca a bloccare le crisi di astinenza fungendo da<br />
sostanza oppiaceo-antagonista. Tipico è l’esempio del metadone somministrato<br />
“a mantenimento” per via endovenosa o per via orale (soluzione orale pari<br />
a 1-2-5 mg/ml) per il trattamento delle situazioni di dipendenza da oppiacei.<br />
La possibilità che il metadone possa provocare una dipendenza farmacologica<br />
è bassissima perciò, raggiunto il punto di stabilizzazione, si può cominciare a<br />
scalare la dose, certi che non si provocherà una crisi di astinenza, o passare al<br />
trattamento con buprenorfina orale.<br />
Anche la buprenorfina, ad alte dosi, ha la caratteristica di comportarsi come<br />
una sostanza oppiaceo-antagonista; di fatto legandosi fortemente al recettore<br />
per gli oppiacei (mu e kappa), difficilmente viene spiazzata con l’uso di antagonisti<br />
puri, quindi può essere associata al naloxone (antagonista puro degli<br />
oppiacei, somministrabile per via endovenosa o intramuscolare).<br />
Dal punto di vista farmacocinetico, per provocare stati di dipendenza è necessario<br />
che l’oppiaceo venga rapidamente assorbito dal tratto gastroenterico e<br />
che abbia quello che viene chiamato “effetto flash”, con il formarsi di un picco<br />
ematico in fase post-assorbimento. Questa è una delle ragioni per cui tutti gli<br />
oppiacei con formulazione ad azione molto rapida (endovenosa o intramuscolare)<br />
hanno intrinsecamente un rischio maggiore di tossicodipendenza rispetto<br />
alle formulazioni a rilascio lento (prive di flash e di picco ematico), per cui<br />
scarsamente appetibili al tossicodipendente.<br />
Se si considera una scala da rischio minore a maggiore, ai primi posti vanno<br />
messi i cerotti a matrice (buprenorfina e fentanil) di ultima generazione; seguono<br />
poi le compresse a lento rilascio, primo l’idromorfone Push-Pull, seguiti<br />
dalla morfina e infine dall’oxicodone.<br />
POTENZIALE DI ABUSO DI PARTICOLARI<br />
FORMULAZIONI DI FARMACI OPPIACEI<br />
Buprenorfina in formulazione TDDS a matrice<br />
La buprenorfina è un oppiode semisintetico derivato dalla tebaina, un alcaloide<br />
presente nel papaver somniferum. La struttura chimica di buprenorfina con-