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Varese-Ticino - Unione degli Industriali della provincia di Varese

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Storia<br />

Castellana, Catelola solo per citare i più curiosi<br />

dell’epoca. Nel 1284 fu eletta la prima badessa con<br />

nome e cognome: Letizia Crivelli proveniente dalla<br />

famiglia omonima che godeva <strong>di</strong> grande prestigio, cui<br />

seguirono altre badesse sempre Crivelli <strong>di</strong> nascita. Si<br />

può pensare che il censo famigliare abbia influito<br />

sull’elezione a badessa. Le monache presenti erano<br />

sempre poche, 10 o 12 al massimo. Il complesso<br />

monastico, fra alti e bassi ma fondamentalmente senza<br />

scossoni, durò fino al 1472. Si legge nella tesi, che nel<br />

marzo del 1428, la monaca Elisabetta Me<strong>di</strong>ci,<br />

aggregata dal convento milanese <strong>di</strong> Santa Margherita,<br />

chiede alle due ultime consorelle rimaste in convento <strong>di</strong><br />

eleggerla a badessa in virtù delle raccomandazioni<br />

dell’abate fruttuariense. Una delle consorelle,<br />

Maddalena Crivelli, non gra<strong>di</strong>sce la nomina <strong>di</strong> Elisabetta<br />

e si autoproclama badessa. Il fatto fu <strong>di</strong>scusso alla Curia<br />

Arcivescovile e la causa fu portata <strong>di</strong>nanzi a papa<br />

Martino V che affidò all’abate del monastero <strong>di</strong> San<br />

Dionigi il giu<strong>di</strong>zio. La sopraggiunta morte <strong>di</strong> Maddalena<br />

risolse il caso e, gioco forza, Elisabetta ri-<strong>di</strong>venne<br />

badessa, nominata non più dall’abate <strong>di</strong> Fruttuaria come<br />

consuetu<strong>di</strong>ne, ma <strong>di</strong>rettamente da papa Eugenio IV. Da<br />

quel momento si può pensare che la competenza passi<br />

alla Chiesa Romana. A quel punto le monache rimaste<br />

erano forse due o tre e la badessa Elisabetta, che tra<br />

l’altro proveniva da Milano, concluse la storia del<br />

monastero <strong>di</strong> San Pietro con l’approvazione <strong>della</strong><br />

duchessa <strong>di</strong> Milano, Bianca Maria. Era il 1462. Per altri<br />

10 anni durò il contenzioso con Fruttuaria, dopo<strong>di</strong>ché la<br />

giuris<strong>di</strong>zione dei beni passò a S. Margherita. Restò<br />

aperta la chiesa per funzioni religiose saltuarie e l’ultima<br />

notizia risale al 1855. Poi più nulla.<br />

Elena Sala conclude così la sua interessante tesi: “Pur<br />

essendo stato un centro monastico femminile rurale <strong>di</strong><br />

ridotte <strong>di</strong>mensioni, fu una presenza significativa non solo<br />

a livello locale ma anche per l’Italia settentrionale,<br />

principale zona <strong>di</strong> espansione del monachesimo<br />

fruttuariense. I contatti con famiglie <strong>della</strong> levatura dei<br />

Biffi e dei Crivelli, sembrano renderlo più sensibile alla<br />

storia delle consorterie milanesi, piuttosto che <strong>di</strong><br />

Fruttaria”.<br />

Maria Grazia Gasparini<br />

RUBRICHE<br />

L’espansione <strong>di</strong> Fruttaria nel territorio<br />

dell’attuale <strong>provincia</strong> <strong>di</strong> <strong>Varese</strong><br />

Chiostro <strong>di</strong> Voltorre<br />

Era iniziato da poco il secondo millennio quando Guglielmo da Volpiano,<br />

abate <strong>di</strong> S. Benigno a Digione in Borgogna, eresse un monastero su<br />

terreni <strong>di</strong> famiglia, in un luogo isolato e boscoso chiamato Fruttuaria, al<br />

confine tra le <strong>di</strong>ocesi <strong>di</strong> Torino e Ivrea, nell’o<strong>di</strong>erno Canavese. De<strong>di</strong>cata a<br />

S. Benigno e fornita dal fondatore <strong>di</strong> protezioni papali, episcopali e<br />

imperiali, la nuova abbazia ebbe presto in dono chiese e terreni<br />

<strong>di</strong>sseminati in una vasta area <strong>della</strong> zona nord-occidentale <strong>della</strong> penisola<br />

e già nel 1014 aveva oltrepassato la riva orientale del <strong>Ticino</strong>. La fama<br />

<strong>della</strong> stile <strong>di</strong> vita monastica praticato da quei monaci favorì nell’arco <strong>di</strong><br />

un paio <strong>di</strong> secoli la <strong>di</strong>ffusione dei fruttuariensi dal Piemonte all’Istria,<br />

dalla Liguria alla Corsica. Si costituì una rete <strong>di</strong> inse<strong>di</strong>amenti (priorati)<br />

<strong>di</strong>pendenti dalla casa madre e dal suo abate, a imitazione<br />

dell’organizzazione <strong>della</strong> celebre abbazia <strong>di</strong> Cluny.<br />

La prima notizia <strong>di</strong> un inse<strong>di</strong>amento nel territorio del Seprio risale al<br />

1110, quando alcune religiose <strong>di</strong> Caronno chiesero l’affiliazione al<br />

gruppo fruttuariense, ma i più importanti priorati sepriesi furono, dalla<br />

metà del XII secolo, S. Gemolo <strong>di</strong> Ganna e S. Michele <strong>di</strong> Voltorre (che<br />

<strong>di</strong>ede ben due abati a Fruttuaria), dove si monacarono membri <strong>di</strong><br />

prestigiose casate locali (Castiglioni, da Clivio, da Velate, da Arsago,<br />

Besozzi). Attorno alla metà del Duecento fu consegnata a Fruttuaria dai<br />

patroni, i Castiglioni, la chiesa <strong>di</strong> S. Sepolcro a Castiglione Olona, in<br />

seguito abbattuta per innalzare la chiesa <strong>di</strong> Villa. Altre <strong>di</strong>pendenze si<br />

trovavano nel vicino Canton <strong>Ticino</strong> (a Giornico e Quartino).<br />

Alfredo Lucioni<br />

Ba<strong>di</strong>a <strong>di</strong> Ganna<br />

Anno XIII - n.2/2012 - VARESEFOCUS<br />

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