Varese-Ticino - Unione degli Industriali della provincia di Varese

Focus
Frontalieri, ristorni, spostamenti di
imprese, scudo fiscale e assedio al
segreto bancario: tutti capitoli sui quali,
negli ultimi due anni, si sono ingarbugliate
cifre, si è mossa la politica e ha spirato
un’aria a dir poco gelida sul confine italosvizzero.
Ma se le cose sono andate così, si
potrebbe dire che a fare fiasco è stato il
fisco. Un fronte ampio e complesso che,
per la Confederazione Elvetica, rappresenta un nervo
scoperto nei rapporti internazionali non solo con l’Italia. I
capitali che trovano “rifugio” nei forzieri elvetici, all’ombra
del segreto bancario, sono i ricercati numero uno dalle
autorità fiscali a caccia di evasori. A maggior ragione in
tempi di crisi economico finanziaria. Così la
Confederazione Elvetica si è trovata sotto assedio con
ricadute negativi non solo per le sue piazze finanziarie.
Per effetto dell’inserimento, oltre che nelle black list
italiane, anche in quelle internazionali in fatto di
cooperazione nella lotta all’evasione, le piccole e medie
imprese delle zone di Confine (come il Ticino appunto),
sono state messe ancor di più in difficoltà nel portare a
termine il loro business abituale con i partner d’Oltralpe.
Da questo nodo è partito il braccio di ferro sui ristorni, che
ha acceso i riflettori su un territorio di confine e su rapporti
non sempre lineari sotto diversi capitoli, che vanno
dall’esportazione di capitali alle imprese che
delocalizzano, passando per il frontalierato.
Segreto bancario sotto assedio
Fare affari con l’Italia?
È diventato un affare
complicato: parola di
piccole e medie
imprese targate CH.
Stando a un sondaggio
sugli effetti
dell’inserimento della
Svizzera nella black list
italiana, presentato nel
marzo dello scorso
anno dalla Camera di
Commercio del
Cantone Ticino, il 64%
delle 247 aziende che
hanno risposto afferma
di aver avuto problemi
crescenti di burocrazia
nelle relazioni
commerciali con l'Italia
negli ultimi sei mesi.
Nell'84% dei casi ciò
La dogana di Ponte Tresa
Fare affari con l’Italia? È
diventato complicato per le
imprese targate CH dopo
l’inclusione della Svizzera
nella black list dei paesi
scarsamente collaborativi nella
lotta all’evasione fiscale.
ha causato maggiori costi
amministrativi con relativa perdita di
clienti e nel 27% una diminuzione del
giro d'affari.
Nell'aprile del 2009 l’Ocse ha
inserito la Svizzera nella cosiddetta
"lista grigia" dei paesi non
cooperativi in materia di evasione
fiscale. La Confederazione è stata
stralciata da quell'elenco in settembre,
dopo aver sottoscritto dodici convenzioni contro le
doppie imposizioni rinegoziate secondo gli standard
Ocse in materia di scambio d'informazioni e di
assistenza amministrativa in caso d'evasione fiscale. Ma,
senza scendere in dettagli troppo tecnici, non tutto
ancora quadra. Il segreto bancario, sebbene indebolito,
non risulta comunque superato. E soprattutto, sul fronte
con l’Italia, nessun accordo è ancora stato firmato
(mentre ad esempio si è arrivati a un tentativo di
soluzione condivisa con Germania e Gran Bretagna). Il
risultato? Per la Svizzera permane l’inserimento nella
black list decretato dall’esecutivo italiano. Una vera
macchia per le piccole e medie imprese del Ticino, un
ostacolo nel portare a termine affari con l’Italia che
rappresenta il terzo mercato d’esportazione per le
imprese svizzere. Crolli di fatturato e chiusura di un
mercato di sbocco fino a qualche tempo fa naturale
hanno smosso sentimenti forti sui quali la politica, come
sempre, non ha esitato ad entrare a gamba tesa. Il
risultato? Un braccio di ferro che va sotto il capitolo
“blocco dei ristorni” .
Anno XIII - n.2/2012 - VARESEFOCUS
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