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Teologia e Vita - Diocesi di Nola

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<strong>di</strong>vino sembra attuarsi. È tuttavia nell’esperienza mistica che lapotenza salvifica della «parola <strong>di</strong> Dio», con la sua capacità <strong>di</strong> imme<strong>di</strong>atocoinvolgimento, viene vissuta nella maniera più straor<strong>di</strong>naria.Qui, infatti, il presente, l’«oggi», <strong>di</strong>viene davvero il luogo<strong>di</strong> una rivelazione sempre rinnovata. Questo è insomma il luogonel quale l’irruzione della parola favorisce il <strong>di</strong>stacco da unaquoti<strong>di</strong>anità inautenticamente vissuta e permette <strong>di</strong> metterla ra<strong>di</strong>calmentein questione.Come ho detto, però, la «parola» <strong>di</strong> Dio non è solo quella che,per il cristiano, sempre e <strong>di</strong> nuovo può annunciarsi nel presente.Èssa è anche, e soprattutto, la parola che proviene dal passato. Sitratta <strong>di</strong> una parola che si trova ora depositata nel corpus dei testisacri, cioè nell’Antico e nel Nuovo Testamento; si tratta <strong>di</strong> unaparola che risulta me<strong>di</strong>ata da una catena testimoniale e che <strong>di</strong>cedunque, e attesta, <strong>di</strong> precedenti incontri <strong>di</strong> Dio con l’uomo. Assumendola forma della Scrittura, allora, la «parola» <strong>di</strong> Dio si dànelle parole degli uomini. Si tratta insomma <strong>di</strong> una parola che in ségià risulta relazione, e che è tale, appunto, assumendo forme adatteall’interlocutore e da lui recepibili.Questo accade già nell’ebraismo, dove alla <strong>di</strong>mensione «acustica»della rivelazione <strong>di</strong>vina, più volte riba<strong>di</strong>ta nel racconto scritturale,si aggiunge il decisivo riferimento al testo stesso. Per ilcristiano tuttavia, oltre a questo aspetto, c’è, ben lo sappiamo, molto<strong>di</strong> più. La Parola <strong>di</strong> Dio - quella parola che è relazione nella misurain cui si fa adatta all’interlocutore, quella «parola silenziosa» edeternamente presente <strong>di</strong> cui parla Agostino - è Dio stesso nellapersona del Figlio. Il comunicarsi <strong>di</strong> Dio all’uomo prende dunqueforma concreta non solo in un testo, ma anzitutto nella carne cheaccoglie il Verbo. Ciò significa che il «<strong>di</strong>re <strong>di</strong> Dio», nonché la possibilità<strong>di</strong> <strong>di</strong>re Dio da parte degli uomini, sono dati non solo dalleparole depositate nella Scrittura, ma soprattutto dalla figura stessadel Cristo come immagine del Padre.Questa concezione, bisogna sottolinearlo, riconosce enormipossibilità al linguaggio dell’uomo: anche se non pochi, in parallelo,sono i pericoli a cui essa lo sottopone. Infatti, ripeto, è benvero che noi possiamo <strong>di</strong>re Dio in virtù del suo autocomunicarsiall’uomo. Ma, appunto, un tale autocomunicarsi avviene nel tessutodelle parole e della carne dell’uomo stesso. Il che significa, daun lato, che il linguaggio e il corpo dell’uomo, insieme, risultano102Adriano Fabris<strong>Teologia</strong> e <strong>Vita</strong> 7 - Giugno 2005

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