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220 Luigi Campiarbitrio e <strong>di</strong> ac<strong>qui</strong>sire meriti o demeriti, né si spinge fino al punto <strong>di</strong>attribuire a Dio decisioni capricciose e arbitrarie sulla destinazioneeterna dell’anima della sua creatura pre<strong>di</strong>letta; tuttavia, purmostrandosi incline a fare ancora affidamento – per così <strong>di</strong>re – su<strong>di</strong>versi elementi del proprio arsenale teologico, è indubbio che scelga<strong>di</strong> ridurre in modo drastico il volume del fuoco <strong>di</strong> sbarramento offertodagli argomenti filosofici formulati in passato. Tale atteggiamento puòforse essergli stato suggerito dal sospetto <strong>di</strong> essersi un tempo spintotroppo nel tentativo <strong>di</strong> garantire all’uomo un libero spazio per ladeterminazione responsabile delle proprie azioni, a <strong>di</strong>scapito delfermo e stabile giu<strong>di</strong>zio del summus Dominus.Date queste premesse, non si rimane certo interdetti nel constatareche un lettore del Trialogus come Leibniz – e, prima <strong>di</strong> lui, altricertamente più agguerriti – abbia voluto condannare la riflessionewycliffita sulla necessità e la contingenza del futuro come eretica,stralciando da un capitolo del Libro III de<strong>di</strong>cato alla necessariapresenza del male 134 la celebre proposizione n. 27 <strong>di</strong> Costanza che, aben vedere, è introdotta ancora una volta in un contesto <strong>di</strong> ritrattazione– e votato alla prudenza, piuttosto che alla ra<strong>di</strong>calizzazione –, nelquale Wyclif afferma in modo esplicito la necessità assoluta <strong>di</strong> ognievento futuro (contingente soltanto quo ad tempus, non absolutesimpliciter), assumendo – si ba<strong>di</strong> – <strong>di</strong> parlare esclusivamente <strong>di</strong> queglieventi <strong>di</strong> cui Dio ha previsto il verificarsi; così facendo, il maestroinglese introduce surrettiziamente un residuato <strong>di</strong> quella necessitàipotetica da tempo abbandonata – aspetto, questo, taciuto da tutti isuoi censori:Sed quo ad lapsum meum de necessario, recolo me <strong>di</strong>xisse inlibro primo, quod omnia quae eveniunt, necessario absoluteeveniunt. Et sic Deus non potest <strong>qui</strong>dquam producere velintelligere nisi quod de facto intelligit et producit. Sed <strong>qui</strong>aquondam defen<strong>di</strong> constanter hujus oppositum, nec claret mihiadhuc demonstratio quae hoc probat, ideo utor communiterhac cautela, proposito mihi tanquam possibili uno, quod nonest de facto, suppono hoc tanquam possibile, si Deus voluerit;sed <strong>qui</strong>a non scio, quod Deus determinavit oppositum, et scioquod multa sunt de facto, quorum dubia et sententiasignoramus, ideo ne evagemur superflue in incerto, vellem quod

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