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<strong>turrisbabel</strong> <strong>69</strong> März Marzo 2006 Statements 17<br />

Particelle di posizione:<br />

Nella lingua ladina,<br />

l’essere “qui” di un oggetto<br />

viene espresso in<br />

relazione alla struttura del<br />

suolo (in orizzontale) e<br />

rispetto al suo intorno<br />

immediato (in verticale).<br />

Loredana Ponticelli<br />

Paesaggi_Linguaggi<br />

C’è un nesso stretto fra la rappresentazione<br />

mentale dello spazio dove si vive e<br />

la rappresentazione di sé. L’identità di un<br />

territorio è data, in primis, dal dominio del<br />

proprio spazio abitabile tramite pratiche la<br />

cui efficacia è convalidata dall’esperienza.<br />

Questo fatto si pone con molta chiarezza<br />

nei territori abitati da culture di tradizione<br />

orale: lingua e spazio esistono e acquistano<br />

senso solo praticandoli. Parlare la lingua<br />

del luogo è porre in essere un processo di<br />

rappresentazione dello spazio, che si alimenta<br />

con la proiezione di sé sul territorio.<br />

Questo circolo virtuoso fra rappresentazione<br />

dello spazio e rappresentazione di sé è<br />

un vero e proprio processo di produzione<br />

del territorio. C’è infatti una stretta analogia<br />

fra le strutture logiche del “parlare” e<br />

le strutture organizzative dell’“abitare” il<br />

territorio, ma il catalizzatore che fa reagire<br />

l’insieme, è rappresentato dal forte investimento<br />

simbolico – individuale e collettivo –<br />

che continuamente si proietta sul paesaggio.<br />

Paesaggi frattali<br />

La visione che un gruppo ha dello spazio<br />

si imprime infatti nelle strutture della sua<br />

lingua. Le lingue variano molto in relazione<br />

alla necessità di veicolare informazioni spaziali<br />

e quelle delle comunità montane sono<br />

particolarmente ricche e precise. Infatti,<br />

nel caso di uno spazio “spiegazzato” come<br />

quello di una valle montana, le categorie<br />

grammaticali – per essere espressive – devono<br />

mettere in atto strategie particolarmente<br />

sottili, che si specializzano per una<br />

struttura così complessa. Prendiamo un<br />

caso paradigmatico: le Dolomiti. Qui abbiamo<br />

una situazione molto particolare: una<br />

lingua a prevalente tradizione orale, il ladino,<br />

espressione di una cultura fortemente<br />

materiale e tuttavia identificabile con un<br />

territorio ed una popolazione assolutamente<br />

immersi nella contemporaneità. Queste<br />

montagne – da secoli abitate e “sottoposte”<br />

alla responsabilità di società contadine –<br />

nel giro di pochi decenni hanno subìto (ma<br />

anche scelto) lo stress di un processo di<br />

fortissimo rinnovamento socio-economico<br />

in senso urbano. Sotto l’immagine consunta<br />

e un pò oleografica che lega queste<br />

montagne allo jodel e ai gerani sul balcone,<br />

ci sono infatti dei territori specialistici<br />

in cui la competizione è feroce, dove nell’alta<br />

stagione la pressione demografica è<br />

fortissima, dove il consumo – anche culturale<br />

– del paesaggio è la base dell’economia.<br />

In questi territori “plurimi”, l’accostamento<br />

e la sovrapposizione di diverse percezioni<br />

dello spazio (quella interna della lingua del<br />

luogo e quella esterna delle lingue cosiddette<br />

“di relazione”), rivela la coesistenza<br />

di immaginari del territorio fra loro del<br />

tutto diversi, la cui convivenza è conflittuale<br />

e tuttavia possibile. Ogni singola valle<br />

non rivela un paesaggio unico, ma piuttosto<br />

un paesaggio multiplo, frattale.

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