ARCHIVIO PENALE 2013, n. 2Pustovarov) e che talora tende persino a “scavalcare” i fondamenti tipici deldir<strong>it</strong>to estradizionale (quale il principio di doppia incriminazione) [103] . Il principiodi reciproco riconoscimento, però, deve poggiarsi su basi comuni: questesono cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>e dall’elencazione generica delle categorie d’imputazionenell’art. 2 della decisione-quadro [104] , e nella predisposizione di un formulario(allegato alla decisione-quadro), contenente – tra le altre – le informazionirichieste dall’art. 8, paragrafo 1, lettere d-g [105]e la cui compilazione è a curadell’autor<strong>it</strong>à giudiziaria richiedente.Una volta, quindi, fondato tale principio di reciproco riconoscimento,può “fiduciosamente” demandarsi al giudice nazionale l’interpretazione delprincipio di special<strong>it</strong>à, sotto il profilo della divers<strong>it</strong>à del reato, per il quale siprocede, rispetto a quello descr<strong>it</strong>to nel m.a.e. (punto 59).Ciò perché è lo Stato membro em<strong>it</strong>tente che, per principio, definiscepuntualmente le fattispecie di reato (punto 57) e non l’Unione, la quale nonavrebbe comunque competenza a prevedere in astratto sanzioni penali. Ergo,la norma penale di dir<strong>it</strong>to dell’Unione (ammesso che esista in termini propri)resterebbe comunque incompleta. Poiché, però, il principio di legal<strong>it</strong>à deidel<strong>it</strong>ti e delle pene rientra nelle tradizioni cost<strong>it</strong>uzionali comuni agli Statin<strong>it</strong>o il fondamento della cooperazione giudiziaria».102Art. 1, § 2, della decisione-quadro m.a.e.: «Gli Stati membri danno esecuzione ad ognimandato d’arresto europeo in base al principio del riconoscimento reciproco e conformementealle disposizioni della presente decisione quadro»103Del resto, il m.a.e. è una forma di cooperazione «giudiziaria» e non «pol<strong>it</strong>ica», come quellaestradizionale che, come detto, giova esclusivamente di meccanismi di dir<strong>it</strong>to internazionale.104Elencazione, peraltro, sospetta di violazione del principio di legal<strong>it</strong>à dei del<strong>it</strong>ti e delle pene,come da questione pregiudiziale sollevata dalla Cour d’arb<strong>it</strong>rage belga nel caso Advocatenvoor de Wereld, sentenza CGUE 3.05.2007, C-303/05, punti 48-54: spetta agli Stati la definizionepuntuale delle ipotesi di reato; sono dunque gli ordinamenti nazionali a fornire le descrizionilegali dei reati rientranti nelle categorie dell’art. 2, ossia sottoposti al regime di circolazionedi sentenze e ai meccanismi di consegna di cui alla disciplina del m.a.e.. Questorefrain delle descrizioni legali spettanti al dir<strong>it</strong>to nazionale è rievocato dalla Corte di Giustiziaproprio nell’esaminanda sentenza Leymann-Pustovarov (punti 57-59).105Si fa riferimento, in particolare, a (art. 8, § 1, lettere d-g):d) «natura e qualificazione giuridica del reato, in particolare tenendo conto dell’art. 2»;e) «descrizione delle circostanze della commissione del reato, compreso il momento, illuogo e il grado di partecipazione del ricercato»;f) «pena infl<strong>it</strong>ta, se vi è una sentenza defin<strong>it</strong>iva, ovvero, negli altri casi, pena minima emassima stabil<strong>it</strong>a dalla legge dello Stato di emissione»;g) «per quanto possibile, le altre conseguenze del reato».44
ARCHIVIO PENALE 2013, n. 2membri [106] , quindi rilevando ex art. 6, paragrafo 3, del T.U.E., la norma didir<strong>it</strong>to secondario dell’Unione avente rilevanza penalistica (come la decisionequadroin questione) non può che “aprirsi” alle «descrizioni legali» nazionaliin materia criminale, soprattutto sotto il profilo sanzionatorio.Del resto, nell’anno precedente, la Corte di Giustizia aveva r<strong>it</strong>enutovalida la decisione-quadro sul m.a.e. in raffronto con l’art. 6 del Trattatodell’Unione europea (con riferimento alla clausola delle tradizioni cost<strong>it</strong>uzionalicomuni), esattamente facendo leva sulla spettanza dello Stato membro inordine alla «descrizione legale» del reato (si veda la nota n. 102).La Corte di Giustizia, peraltro, conclude la prima parte della sua pronunciacon un’indicazione più specifica, quasi vòlta ad enucleare una sorta diregola de minimis, ossia un lim<strong>it</strong>e entro il quale è tollerata la variazione dialcuni elementi forn<strong>it</strong>i mediante m.a.e. allo Stato richiesto.«Eventuali mutamenti nelle circostanze di tempo e di luogo – infatti – sonoammessi, a condizione che derivino dagli elementi raccolti nel corso del procedimentoinstaurato nello Stato membro em<strong>it</strong>tente in relazione ai comportamentidescr<strong>it</strong>ti nel mandato di arresto, che non alterino la natura del reato eche non comportino l’insorgenza di motivi di non esecuzione ai sensi degliart. 3 e 4 della decisione quadro» (punto 59). Probabilmente l’art. 721 c.p.p.non può essere interpretato nello stesso modo: l’estradizione, in quanto e-spressione di rapporti intergovernativi, si basa sui caratteri formalisti del dir<strong>it</strong>tointernazionale dei trattati (il trattato internazionale vincola solo per ciò cheè esplic<strong>it</strong>o). Il m.a.e., invece, incarna quell’esigenza di cui si trattava supra,ossia quella del principio di reciproco riconoscimento come caposaldodell’intera disciplina. In tal caso, il reciproco riconoscimento risalirebbe addir<strong>it</strong>turaalla raccolta degli elementi nel corso del procedimento che ha – solo inun secondo tempo – condotto al m.a.e.Più in generale, qui, come anche nel problema della spettanza della«descrizione legale del reato», prevalgono elementi sostanziali su elementiformali.La sentenza, però, compie anche una rapida disamina del caso concretoche è oggetto del procedimento a quo, in risposta alla seconda questionepregiudiziale proposta dal Korkein oikeus.La seconda parte della pronuncia va posta su un piano di dir<strong>it</strong>todell’Unione e non bisogna considerare assorb<strong>it</strong>a la precedente questione a-106Punto 49 della sentenza Advocaten voor de Wereld c<strong>it</strong>. (v. nota n. 102). Lo stesso principiosi desume, come sottolineato dalla Corte di Giustizia, anche dall’art. 7, § 1, della Cedu.45
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