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<strong>Riders</strong><br />
Magazine n.106<br />
e goliardia. Lo spirito era<br />
ruspante, tanica di miscela,<br />
jeans, stivaletti e via a girare.<br />
Poi una piadina e una birretta,<br />
almeno per i più grandi». Il<br />
gioco, secondo Vittoriano, ha<br />
un segreto: «Mantenere i costi<br />
bassi».<br />
Con questa filosofia supera<br />
il giro di boa degli anni 90,<br />
mentre attorno a lui cresce la<br />
concorrenza. Aziende più o<br />
meno artigianali, fino all’arrivo<br />
della Polini, che cambia<br />
tutto: «Rispetto a noi era un<br />
colosso, investirono sul serio<br />
e portarono telai deltabox<br />
in alluminio pressofuso, gomme di loro<br />
produzione, una grande esperienza nel<br />
campo delle elaborazioni. Andavano<br />
bene sul commerciale, sul prodotto e<br />
anche nelle corse». I due marchi restano<br />
rivali fino al 1996, quando Vittoriano<br />
sente tornare la voglia di nuovi stimoli<br />
che lo aveva animato dieci anni prima.<br />
Decide quindi di vendere il reparto corse<br />
e spostarsi in un altro settore per ripartire<br />
da zero, come aveva già fatto con le<br />
macchine radiocomandate, consapevole<br />
di aver dato quello che doveva dare.<br />
Passa dalla terra al cielo, dalle piste alle<br />
nuvole, mettendo le basi per una ditta di<br />
motori da parapendio che oggi, guidata<br />
dai figli Matteo e Andrea, è fra i leader<br />
del mercato con circa 1.500 propulsori<br />
prodotti ogni anno. Ma senza Vittoriano,<br />
scomparso nel 1999.<br />
L’azienda, di base a pochi chilometri da<br />
Civitanova Marche, si chiama come le<br />
minimoto: Vittorazi. Le prime quattro<br />
lettere del nome di chi le ha costruite, le<br />
ultime quattro del cognome.<br />
E in mezzo un cerchio, un anello di<br />
congiunzione per sintetizzare in un<br />
respiro, in un verso, il marchio che ha<br />
IL CLUB VITTORAZI RACING<br />
REGISTRÒ PIÙ DI 5MILA ISCRIZIONI<br />
E LA FIM DECISE UFFICIALMENTE<br />
DI REGOLAMENTARE LA CATEGORIA<br />
DELLE MINIMOTO. «ROSSI A VOLTE<br />
ANDAVA FORTE, ALTRE MENO,<br />
C’ERA CHI ERA PIÙ BRAVO DI LUI,<br />
PIÙ PRECISO, PIÙ TECNICO.<br />
ADESSO IN MOTOGP SEMBRA<br />
ESTREMAMENTE METODICO,<br />
UN OROLOGIO, MENTRE ALL’EPOCA<br />
ERA PURO ISTINTO, SAPEVI CHE<br />
SAREBBE SALTATO SUI CORDOLI,<br />
CADUTO E POI RIPARTITO,<br />
COSE DI QUESTO GENERE»<br />
costruito la palestra dei campioni di oggi e<br />
di domani, che ha cambiato il<br />
motociclismo in Italia e nessuno lo sa.<br />
Anzi, lo sapeva. Un cerchio, come quelli<br />
che disegnava Matteo nel parcheggio<br />
1991<br />
dello stadio di Civitanova quando<br />
quest’impresa sembrava un miraggio.<br />
Un cerchio che, con la sua attività di<br />
costruttore di motori da parapendio,<br />
non si è ancora chiuso e forse non<br />
si chiuderà mai.<br />
Colpo di genio:<br />
replicare le livree<br />
delle grandi e<br />
affidarle ai campioni<br />
che le portano in<br />
pista; qui sotto Loris<br />
Capirossi in una gara<br />
dimostrativa.<br />
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