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Jolly Roger_02_03

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feuilleton<br />

feuilleton<br />

l’erede di montecristo<br />

terza puntata<br />

Torna il Romanzo d’Appendice<br />

con un meraviglioso omaggio al grande Alexandre Dumas<br />

di Emanuele Ciacchi<br />

(segue dal numero precedente)<br />

MARZO 1997<br />

Trascorsero lenti i primi due<br />

mesi dell’anno, fra la pioggia<br />

di febbraio e i primi timidi soli<br />

di marzo. Le abitudini di vita<br />

erano cambiate, soprattutto per<br />

Fabrizio. A Londra le giornate<br />

erano diventate più lunghe e<br />

tristi e nessuno sembrava notare<br />

quel ragazzo dai ritmi così<br />

calmi e tranquilli. Come ormai<br />

da routine si era fermato per<br />

la sua colazione, una tazza di<br />

caffè presa al Pizza Hut proprio<br />

di fronte all’ospedale. Stava<br />

seduto là per più di un’ora<br />

sorseggiando il suo caffè, con<br />

la speranza che arrivando un<br />

po’ più tardi avrebbe appreso<br />

la bella notizia del risveglio del<br />

fratello. A differenza dei primi<br />

tempi iniziava a essere scoraggiato.<br />

Aveva provato a leggere,<br />

parlare, cantare e raccontare,<br />

ma suo fratello non lo aveva<br />

sentito. Passava le sue giornate<br />

seduto sulla sedia vicino al letto,<br />

guardando quel corpo così<br />

assorto in un sonno profondo<br />

e continuo. Si prendeva cura di<br />

lui, concedendosi solo qualche<br />

pausa per mangiare o per bere<br />

qualcosa. Allora attraverso le<br />

vetrine vedeva persone di tutti<br />

i tipi passare veloci, ragazze e<br />

ragazzi sorridere felici, come se<br />

quello fosse il giorno più bello<br />

delle loro giovani vite. Niente<br />

riusciva a tirarlo su di morale.<br />

Scrutava fissamente davanti a<br />

sé, lo sguardo vuoto e privo di<br />

speranza. Poi macchinalmente<br />

avvicinava la tazza alle labbra<br />

e sorseggiava il suo caffè.<br />

Come tutte le mattine, finita la<br />

colazione si recò in ospedale.<br />

Con passo svelto, abituato, arrivò<br />

davanti alla porta e soffermatosi<br />

prima di entrare disse:<br />

«Per favore Michele svegliati,<br />

non voglio tornare a casa senza<br />

di te».<br />

Aprì la porta e rivide la stessa<br />

scena del primo giorno, come<br />

sempre. Anche i dottori non<br />

sapevano più che cosa dirgli.<br />

Alcuni pazienti erano stati anni<br />

interi in coma per poi morire<br />

silenziosamente, senza preavviso.<br />

Quei medici lo guardavano rattristati,<br />

impotenti, raddolciti dal<br />

tenero amore che dimostrava<br />

nei confronti dello sfortunato<br />

fratello. Determinati a non illuderlo,<br />

lasciavano che restasse<br />

solo con il suo dolore, cadenzato<br />

dal suono intermittente delle<br />

macchine, fastidioso per chiunque<br />

ma diventato quasi impercettibile<br />

per le sue orecchie indifferenti.<br />

«Michele! Michele! Un giorno<br />

parleremo insieme di questa<br />

storia davanti a una bella birra<br />

ghiacciata. So che non puoi<br />

svegliarti, ma forse puoi sentirmi.<br />

Sì, una bella birra fresca<br />

come piace a te! Non puoi lasciami,<br />

me lo devi promettere.<br />

So che puoi farlo, devi farlo per<br />

me, per la mamma e per Lisa<br />

che non sono potute venire.<br />

Michele, non puoi morire» disse<br />

Fabrizio, in lacrime, mentre<br />

gli stringeva forte la mano.<br />

Un altro giorno era finito, senza<br />

risposte e con sempre meno<br />

speranze. A testa bassa prese<br />

la metro e tornò in albergo da<br />

Gennarino, ormai l’unico amico<br />

che gli era rimasto in quella<br />

città straniera.<br />

Finita la cena fece i suoi lavori<br />

in cucina per non sentirsi troppo<br />

in debito con il buon napoletano.<br />

I soldi erano ormai finiti<br />

da più di una settimana, ma Fabrizio<br />

aveva accettato di restare<br />

qualche altro giorno a Londra<br />

come ospite di Gennarino, che<br />

aveva insistito, dimostrando<br />

ancora una volta di essere davvero<br />

un brav’uomo. L’albergatore<br />

aveva un figlio a Napoli e<br />

Fabrizio, poco più piccolo di<br />

lui, glielo ricordava vivamente.<br />

Poter aiutare un giovane in<br />

difficoltà, per di più italiano,<br />

lo faceva sentire in pace con sé<br />

stesso. Per questo aveva insistito<br />

affinché rimanesse. Ormai<br />

però non parlavano quasi più e<br />

dopo cena lo lasciava andare in<br />

camera sua senza fargli troppe<br />

domande.<br />

Anche quella sera Fabrizio telefonò<br />

a casa per aggiornare la<br />

madre.<br />

«Ciao Mamma, come stai?»<br />

«Bene. Tu come stai piccolo<br />

mio?» rispose premurosa la signora<br />

D’Anteo. «Ci sono buone<br />

notizie oggi?» continuò trattenendo<br />

il fiato.<br />

«Mi spiace mamma, qua è tutto<br />

uguale al primo giorno. Non so<br />

più che fare, e neanche i dottori<br />

lo sanno. Devo tornare a casa,<br />

ho finito i soldi, anche se Gennarino<br />

dice che posso restare<br />

devo comunque tornare a casa»<br />

annunciò Fabrizio con tono afflitto.<br />

«Certo, stai già facendo molto,<br />

nessuno potrebbe chiederti di<br />

più. Tu piuttosto, come stai?»<br />

aggiunse la mamma teneramente.<br />

«Io sto bene, sono solo un po’<br />

stanco. Ho provato a fare di<br />

tutto per cambiare la situazione,<br />

ma non ci sono riuscito. Ho<br />

chiamato Gabriele, il mio amico<br />

steward, mi avrebbe trovato<br />

un volo per domani sera».<br />

Nelle parole di Fabrizio emergeva<br />

tutta la frustrazione per<br />

non essere riuscito a tornare in<br />

Italia in compagnia del fratello.<br />

«Va bene tesoro, ricordati solo<br />

di dare il nostro numero di telefono<br />

all’ospedale e assicurati<br />

che ci informino di ogni minimo<br />

cambiamento» concluse la<br />

mamma, ancor più preoccupata.<br />

SETTEMBRE 1998<br />

Erano passati diciotto mesi. La<br />

famiglia D’Anteo si era trasferita<br />

a Venezia, perché Lisa,<br />

l’unica di casa che avesse un<br />

lavoro, aveva accettato un impiego<br />

presso una banca. Il padre<br />

era scomparso anni prima<br />

in un incidente stradale e senza<br />

lo stipendio di Michele adesso<br />

non passavano un bel periodo.<br />

Aver trovato lavoro in una banca<br />

era stata una vera fortuna, sia<br />

ANNO II • NUMERO III • marzo-aprile 2019 www.jollyrogerflag.it • facebook.com/gojollyroger<br />

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