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acconti<br />
racconti<br />
Questo, adorati Lettori, Collaboratori e Sostenitori,<br />
è il mio modo per augurare a tutti voi una<br />
buona Pasqua.<br />
Che possa essere un periodo di serenità, ma anche<br />
di riflessione, in grado di illuminare ogni<br />
zona grigia della vostra vita.<br />
Quindi, a prescindere dal vostro Credo religioso,<br />
che comunque rispetto, vi abbraccio uno per uno<br />
e vi suggerisco, almeno per quest’anno, di soprassedere<br />
sull’agnello, preferendogli una bella<br />
pecorina! :-)<br />
Piazza del Duomo era gremita al di là di ogni<br />
aspettativa, mentre davanti alla cattedrale di Santa<br />
Maria del Fiore due coppie di maestosi buoi<br />
candidi come la neve e decorati con ghirlande di<br />
fiori trainavano il “Brindellone”: quel carro alto<br />
oltre dieci metri che fin dal termine della prima<br />
crociata aveva celebrato la domenica di Pasqua<br />
nel capoluogo toscano.<br />
Di lì a poco l’Arcivescovo, dall’Altar Maggiore<br />
del Duomo di Firenze, avrebbe dato il via alla<br />
“Colombina”, ovvero un piccolo razzo a forma<br />
di colomba che, seguendo un cavo teso attraverso<br />
la navata centrale e collegato al carro, avrebbe<br />
incendiato la miccia principale e avviato la reazione<br />
a catena, trasformando come ogni anno il<br />
Brindellone in un’enorme fuoco d’artificio per la<br />
gioia e lo stupore di tutti gli astanti, convenuti a<br />
Firenze da ogni parte del mondo.<br />
Da secoli si attendeva il volo del piccolo marchingegno<br />
pirotecnico, dalla riuscita del quale<br />
divinare un tempo l’esito del prossimo raccolto,<br />
oggi l’andamento dei mercati azionari o del<br />
campionato di calcio. Fatto sta che il volo della<br />
Colombina fin dai tempi dei Medici, è stato<br />
l’oracolo di una città votata all’eccellenza e alla<br />
bellezza.<br />
Vola, colomba<br />
di Fabio Gimignani<br />
Amedeo sedeva sul lungo gradino in pietra che<br />
circondava Palazzo Medici Riccardi, a pochi<br />
passi dall’ingresso condiviso tra Prefettura e<br />
Biblioteca Riccardiana, ascoltando il brusio della<br />
folla trasformarsi in boato alla comparsa del<br />
Brindellone in Piazza del Duomo.<br />
Si era preso cura di quel traballante e meraviglioso<br />
catafalco semovente per quasi quindici<br />
anni, controllandone con attenzione maniacale la<br />
struttura e sostituendo le parti usurate dai secoli,<br />
stando ben attento che ogni intervento fosse invisibile<br />
agli occhi dei turisti. Sapeva bene quanta<br />
importanza avesse l’aspetto vetusto del Carro per<br />
chi attraversava mezzo mondo per vederlo esplodere<br />
di colori e suoni nella domenica di Pasqua.<br />
Aveva visto sfilare per Via Cavour intere comitive<br />
di giapponesi, di coreani, di americani... tutti<br />
dotati di costosissime reflex digitali o degli ultimi<br />
modelli di iPhone montati alla sommità di<br />
selfie stick telescopici che si muovevano sopra<br />
alla folla come gli aculei di un istrice.<br />
Poi era stata la volta delle antiche famiglie fiorentine,<br />
ultimi brandelli di casate sorte in quel<br />
Rinascimento fatto di Banche e di banchieri da<br />
arrembaggio, più simili agli avventurieri di Stevenson<br />
che ai Principi del Machiavelli.<br />
Ma, come gridava il Magnifico Messere durante<br />
il corteo del Calcio Storico: “Viva Fiorenza!”,<br />
senza se e senza ma!<br />
E se non fosse stato per l’amore che nutriva nel<br />
profondo del cuore per la città del Giglio, dopo<br />
l’ultimo giro di vite dell’Amministrazione che<br />
aveva tagliato le spese (e il personale) delegando<br />
ad anonime e fumose cooperative la manutenzione<br />
dei reperti storici, non avrebbe certo trascorso<br />
le ultime quattro notti a coccolare e vezzeggiare<br />
il Carro nella sua oscura rimessa di Via il Prato.<br />
Passava dal piccolo portoncino, dopo aver atteso<br />
che il pakistano al quale avevano affidato le sue<br />
vecchie mansioni se ne andasse, e fino alle prime<br />
luci dell’alba si dava da fare arrampicandosi in<br />
silenzio sulla struttura del Brindellone per controllare<br />
dadi e bulloni, rinsaldando incastri lignei<br />
creati da artigiani vissuti nel XV secolo e curati<br />
da generazioni di fiorentini, silenziosi e anonimi,<br />
ma fedeli a Firenze e alle sue tradizioni.<br />
Si era rammaricato delle condizioni in cui versava<br />
il Carro, affidato alla tutela di chi probabilmente<br />
non sapeva nemmeno chi fossero stati Lorenzo<br />
dei Medici o Pazzino de’ Pazzi ed entrava nella<br />
alta rimessa di Via il Prato solo per trascorrervi le<br />
ore necessarie a percepire lo stipendio, ma senza<br />
alcun amore.<br />
Aveva avuto la tentazione di spazzare il pavimento<br />
disseminato di mozziconi, ma si era costretto a<br />
soprassedere per non insospettire il pakistano.<br />
Non si fumava lì dentro!<br />
Non si poteva proprio!<br />
E non tanto per il pericolo rappresentato dai<br />
fuochi pirotecnici installati sul carro: quelli venivano<br />
applicati e innescati solo alle prime luci<br />
dell’alba... no, lì dentro non si fumava per rispetto<br />
a quella torre di legno a tre piani che fin dal<br />
1494 aveva affascinato i fiorentini la domenica<br />
di Pasqua.<br />
E allora perché nessuno della nuova gestione si<br />
prendeva la briga di dire a quel tizio che per fumare<br />
le sue stramaledette sigarette doveva uscire<br />
fuori dalla rimessa?<br />
Quattro notti intere trascorse a lavorare senza<br />
posa e senza stipendio, esposto al rischio di venire<br />
scoperto da qualche metronotte; ma quattro<br />
notti che lo avevano riavvicinato a quella struttura<br />
alta e traballante, forse goffa e sgraziata, che<br />
per lui aveva rappresentato fin da bambino l’ani-<br />
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