L’opinione Due terzi di nuove entrate, un terzo di tagli alle spese; un punto di Iva in più, un “tocco” di contributo di solidarietà, shakerare bene gli ingredienti, et voilà, la manovra è servita. Bere a piacere, meglio se brindando al rinvio di scelte importanti per il futuro del Paese. Ma magari raccogliendo il sempre più diffuso invito a bere responsabilmente. Alla fine, dopo mesi di annunci e correzioni, di accelerazioni e ripensamenti, la manovra ha visto la luce. Un documento che da più parti è già stato giudicato – non ultimo dall’economista e politologo statunitense Edward Luttwak, che ha affrontato il tema qui in Friuli recentemente – “ai limiti dell’inadeguatezza” e che potrebbe portare a breve – qualora le maggiori entrate o risparmi attesi si rivelassero inferiori alle aspettative – alla necessità di adottare un’ulteriore manovra correttiva. Ma, cercando di guardare il bicchiere mezzo pieno, si deve prendere atto che almeno la nuova Finanziaria – adottata con il fiato sul collo dell’intera Europa – è realtà e si spera ora che possa contribuire a “raffreddare” un po’ il clima internazionale, sempre più infuocato dopo i casi di Grecia e Spagna e con una Germania sempre meno disposta a fare la “crocerossina”. Se non altro a rendere un po’ meno “nervosi” i mercati. Ma nessuno si illuda che sia sufficiente a garantire un vero rilancio dell’economia italiana, perché ai tassi di crescita previsti ed in assenza di serie misure atte a sostenere lo sviluppo, il declino appare inarrestabile. Al di là degli aspetti contabili, nella manovra è assente quello che le imprese (ma anche i consumatori) attendevano: un segnale di tranquillità, l’indicazione che si era intrapreso un cammino che – ancorché duro – potesse condurre ad un progressivo risanamento del Paese (l’enorme voragine del debito pubblico si è accre- 66 ottobre 11 A proposito di... manovra finanziaria sciuta in decenni e, poiché “natura non facit saltus”, pare eccessivo pretendere miracoli in tempi stretti, soprattutto considerando l’alto tasso di evasione fiscale…). E invece, l’impressione sembra essere ancora quella della necessità di procedere nell’emergenza, nell’incertezza più totale. Un po’, d’accordo, per il difficile momento a livello internazionale, che ha fatto ad esempio rinviare alla Danieli di Buttrio un investimento di 400 milioni di euro in una nuova acciaieria, complementare, quanto a La copertina dell’album Emergency dei Kool and the Gang (1984) prodotti, all’Abs di Cargnacco (da valutare dove realizzarla: in Italia o in Germania?) . Ma non è certo solo questo il “deterrente” ad investire, a non dare il senso di prospettiva. La situazione è seria. Nel primo semestre dell’anno in Friuli Venezia Giulia si sono registrati 14,1 fallimenti ogni 10mila imprese (secondo peggior dato percentuale in Italia, dopo la Lombardia) e le previsioni di un autunno difficile ci sono tutte, dato che – tra l’altro - il caro-spread porterà ad un aumento del costo dei nuovi finanziamenti (e quindi ad un conseguente appesantimento della situazione finanziaria) e che di Mauro Filippo Grillone le Pmi già hanno ridotto nel primo semestre 2011 la domanda di erogazioni (-1% rispetto all’analogo periodo 2010, secondo i dati Crif). Si dirà: per fortuna, l’export qui tiene ancora e questo dimostra la capacità delle imprese di fare miracoli, ma anche di imparare la lezione di fare aggregazione, approfittando – com’è successo di recente per sei imprese del settore chimico – di strumenti quale il contratto di rete d’impresa, che permetterà loro di innovare e proporsi sul mercato abbattendo i costi. Ma c’è anche chi – come il Gruppo Meccaniche di <strong>Confindustria</strong> <strong>Udine</strong> – non esita ad esprimere “solitudine ed impotenza” di fronte alla constatazione che, “in un grande momento di instabilità, l’impresa non trova fuori dai cancelli della fabbrica risposte adeguate alla sua domanda di competitività”. Dice il presidente del Gruppo, Carlo Tonutti: «Sembra che i problemi delle imprese siano marginali. Ma sono le imprese che assicurano sviluppo e lavoro. Ed è su questo che occorre concentrare sforzi e risorse per uscire dalla stagnazione latente. Non possiamo permettere che investimenti, piccoli o grandi che siano, emigrino all’estero o non si attuino perché mancano le condizioni per la loro attuazione nel Paese». Intanto il progetto di Superporto regionale langue, in attesa di certezze; i “pasticci” legislativi restano (vedi alla voce Sistri); l’edilizia in regione ha raggiunto livelli negativi che sembrano passare totalmente inosservati, sottovalutati; l’indecisione regna sovrana. All’orizzonte resta solo l’emergenza continua. E – accanto ad iniziative dai tempi bradipeschi – sui costi della politica e dell’efficienza dell’amministrazione continua un atteggiamento ondivago e non determinato. Auguri, Italia; auguri, Friuli.
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