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aggressivo, dovremmo forse ragionare<br />
su azioni per noi insolite o ancora poco<br />
frequenti. Il Paese non si può e non si<br />
deve fermare e, al modo di lavorare<br />
di una volta, dobbiamo iniziare ad<br />
affiancare ipotesi nuove.<br />
Le attività che non richiedono la<br />
presenza fisica del lavoratore in azienda,<br />
anche per evitare inutili contatti<br />
interpersonali che possono ulteriormente<br />
diffondere il virus, devono potenziare<br />
lo smart working o il lavoro in remoto.<br />
La sua disciplina, operativa da qualche<br />
anno, lo qualifica come una modalità<br />
di esecuzione del rapporto di lavoro<br />
subordinato, in cui la prestazione viene<br />
eseguita senza precisi vincoli di orario<br />
o di luogo di lavoro, con il possibile<br />
utilizzo di strumenti tecnologici per<br />
lo svolgimento dell’attività lavorativa.<br />
Ma oggi in Italia è ancora molto poco<br />
praticata.<br />
Se venisse estesa in ogni luogo in<br />
cui è possibile, consentirebbe di continuare<br />
il proprio operato senza fermare<br />
l’azienda. Sarebbe, inoltre, un modo<br />
per evitare spostamenti di lavoratori<br />
che comportano altresì costi e un certo<br />
impatto per l’ambiente. Stessa cosa<br />
dicasi per tutte le occasioni di incontro<br />
aziendale interne, che possono essere<br />
realizzate anche in futuro, in modalità<br />
digitali. Questa potrebbe paradossalmente<br />
essere l’occasione, per l’Italia,<br />
per incentivare modelli di lavoro che<br />
sono anche una grande opportunità di<br />
conciliazione, per esempio, della vita<br />
professionale con quella familiare.<br />
Le nuove tecnologie ci permettono<br />
di fare tanto a distanza, ma nel nostro<br />
Paese sono sinora sottoutilizzate.<br />
Allo stesso modo, andrà forse rimesso<br />
in discussione il modello turistico<br />
sinora applicato, soprattutto in certe<br />
regioni d’Italia, dove il fenomeno ha più<br />
una dimensione di massa e di quantità<br />
di presenze che di qualità di servizio<br />
e di target.<br />
Abbiamo un patrimonio enorme,<br />
da ogni punto di vista, che tuttavia è<br />
soggetto ad un carico, soprattutto stagionale<br />
per alcune regioni, che l’ambiente,<br />
l’organizzazione interna, il territorio nel<br />
suo complesso, non saranno in grado<br />
reggere sul lungo periodo, a prescindere<br />
dalla pandemia. Questa è l’occasione<br />
per rivederne l’impatto e pensare ad<br />
una nuova idea di Italia del turismo.<br />
La ristorazione ha dovuto chiudere i<br />
Già lo scorso anno, il food delivery si confermava un comparto vincente, con 566<br />
milioni di euro e una crescita del +56% sul 2018 (fonte: Osservatorio eCommerce B2c).<br />
battenti, ma questo non significa che<br />
non se ne senta più la necessità. La<br />
domanda, già da tempo, si sta spostando<br />
sempre più sull’asporto. Chi opera<br />
nel campo deve mostrare la flessibilità<br />
necessaria per attivare un servizio che<br />
magari prima non garantiva, ma che<br />
può essere ciò che salva i bilanci in un<br />
inizio anno così nefasto. D’altronde il<br />
delivery sta dando grandi soddisfazioni,<br />
a prescindere da questo momento storico<br />
senza precedenti. Stessa cosa dicasi<br />
per le attività commerciali di alimentari<br />
che non avevano il servizio di consegna<br />
a domicilio. Questa è l’occasione per<br />
attivarlo, in un Paese dove l’età media è<br />
talmente alta che se ne sente la necessità<br />
in maniera permanente.<br />
È il momento per costruire un grande<br />
piano di rilancio degli investimenti, forse<br />
con ritardo rispetto alle necessità che<br />
già il Paese avvertiva prima della catastrofe.<br />
Ora questa esigenza richiede<br />
risposte e le richiede in maniera improcrastinabile.<br />
Chissà che questa pandemia, che<br />
ci ha colto con il nervo scoperto di chi<br />
non produce più molte cose, non ci riconduca<br />
finalmente all’economia reale,<br />
quella da cui nessun Paese dovrebbe<br />
allontanarsi mai.<br />
Nessuno ha ricette valide per una<br />
situazione straordinaria e mai vista nella<br />
storia recente, che di ora in ora si fa<br />
sempre più grave, sotto ogni profilo.<br />
Si apprezza tuttavia la decisione di<br />
alcuni di rilanciare il “mangia italiano”.<br />
Un’azione che non dovrebbe riguardare<br />
solo il cibo, ma anche le vacanze, le<br />
abitudini di consumo a 360 gradi, tutto<br />
ciò che produciamo e che dobbiamo<br />
tornare ad acquistare, per quanto<br />
possibile, in casa.<br />
Stiamo vedendo tempi bui e non<br />
sappiamo come saranno i prossimi<br />
giorni, le prossime settimane, i prossimi<br />
mesi. Quello che sta accadendo è una<br />
novità nella storia recente, ma conforta<br />
il fatto che come anche dopo la Sars e<br />
il terrorismo la ripresa è stata sempre<br />
rapidissima.<br />
Ci auguriamo che accada anche<br />
stavolta, complice, la nostra voglia di<br />
ricominciare e voltare pagina. Non<br />
abbiamo idee chiare su ciò che faremo<br />
domani. Ma non ci abbatteremo, questo<br />
è certo! Suvvia, siamo Italiani.<br />
Sebastiano Corona<br />
<strong>Premiata</strong> <strong>Salumeria</strong> <strong>Italiana</strong>, 2/20 25