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“Il volto pallido, immobile – a prima vista, si direbbe ordinario – i<br />
movimenti affabili e spontanei, straordinariamente liberi da affettazioni<br />
d’ogni sorta, tutto si trasfigura e s’illumina quando il suo genio la<br />
trasporta lungo la corrente del canto.”<br />
Com’era la voce della Viardot? Oggi sarebbe definita un mezzosoprano: ne<br />
offre una discreta idea il suo repertorio, che comprende le eroine di Rossini,<br />
Bellini e anche Donizetti, un po’ di Mozart (Zerlina e Donna Anna), e poi<br />
opere più tarde di Meyerbeer, Gounod e Verdi. Il suo più grande trionfo fu<br />
l’Orphée di Gluck nell’edizione di Berlioz, una parte che cantò 150 volte. Il<br />
critico Henry Chorley scrisse:<br />
“La qualità peculiare della voce di Madame Viardot – la sua<br />
irregolarità, la sua occasionale asprezza e debolezza, che si accompagna<br />
a toni della più delicata dolcezza – fu rivolta da lei a proprio vantaggio<br />
con rara felicità d’espressione e varietà di chiaroscuri in ogni parola dei<br />
soliloqui, in ciascun richiamo del dialogo.”<br />
Quando Pauline Viardot decise di ritirarsi, il suo addio alle scene a Parigi fu<br />
nelle vesti di Orphée: aveva 42 anni (quasi l’età di Maria Callas quando anche<br />
lei si ritirò).<br />
Nel 1862 i coniugi Viardot, risolutamente contrari al regime di Napoleon<br />
III, lasciarono Parigi e si stabilirono a Baden-Baden. Qui li raggiunse Turgenev,<br />
che si era innamorato di Pauline a prima vista a San Pietroburgo nel decennio<br />
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