L’INTERVISTA/2di Claudia FurlanettoProfessor Jovine, il 20e 21 maggio scorso siè tenuto a San Marinoil meeting internazionale“Innovation in Liver &Pancreatic Surgery” che leiha organizzato e presieduto.Come è nata l’esigenzadi questo incontro?La chirurgia epatica e pancreatica,grazie alle nuovetecniche e alle tecnologie applicatedi recente, sta vivendoun periodo di grande sviluppo.Era il momento giustoper un meeting che facesseil punto della situazionesu diagnostica, terapia- medica e chirurgica -delle neoplasie epatiche epancreatiche. Per esempioall’Ospedale Maggiore diBologna applichiamo già daun anno e mezzo la staplerhepatectomy: abbiamo impiegatola suturatrice in piùdi 70 interventi, che perl’Italia rappresenta una casisticanotevole. La suturameccanica garantisce unaperdita di sangue inferiore,Elio Jovine è dal 2005 direttore del Dipartimento chirurgicoAzienda USL Bologna e dal 2002 direttore dell’Unità operativacomplessa di Chirurgia, presso l’Ospedale Maggiore, AUSL Cittàdi Bologna. Nato a Bologna si laurea in Medicina e Chirurgianell’Università della stessa città, conseguendo la specializzazionein Chirurgia generale. Tra gli incarichi ricoperti quellodi professore associato presso il Centro trapianti di fegatoe multiviscerale del Dipartimento misto di Chirurgia generalee specialistica dell’Università di Modena.Ha attivamente partecipato alla realizzazione del progettoTrapianto di intestino e multiviscerale presso il Policlinicodi Modena e a quello del trapianto di fegato da donatore viventeChirurgia di fegato e pancreas,l’Italia recupera il gapuna maggiore rapidità di interventoe quindi dei tempidi occupazione della salaoperatoria inferiori.Che cosa ha evidenziato ilconfronto con realtà comequella dell’Università diHeidelberg, che rappresental’eccellenza in Europa?Ha evidenziato che i gruppiitaliani che si occupano diquesta patologia non sonomolto lontani, finalmente,sia scientificamente sia tecnicamente,dai colleghi deglialtri paesi europei o transoceanici.Nonostante i numeridei casi trattati siano diversi,abbiamo notato comesoprattutto sull’innovazionenon esista più un gap comein passato. I risultati sonocomparabili e oggi possiamodire che non c’è niente chenon si faccia in Italia che vienefatto all’estero.Perché “finalmente”?Siamo sempre stati il fanalinodi coda, più dal puntodi vista scientifico che tecnico.E per quanto riguarda ilpancreas?Gli specialisti si sono confrontatisu tecniche di ricostruzionedopo resezionepancreatica e sulla opportunitào meno della resezionevascolare, quindi della chirurgiaestesa, nelle malattiepancreatiche neoplastiche.Intervento, quest’ultimo, cheall’Ospedale Maggiore pratichiamoormai da anni concasistiche comparabili conquelle europee.Quali sono le aspettative divita dei pazienti?Purtroppo nonostante la tecnicasia drasticamente miglioratala sopravvivenza alungo termine non è moltodiversa. Potremmo definireil trattamento al pancreas comechirurgia palliativa di lusso:anche se con l’interventootteniamo un R0, in realtàla prognosi cambia relativamentepoiché non è solouna malattia d’organo maanche sistemica.Il salto di qualità negli ultimianni è stato rappresentatodall’approccio chirurgicoaggressivo. La patologiapancreatica, checché sene dica, non ha alternativealtrettanto valide rispetto allachirurgia. E quindi è inutileimpiegare tecniche chenon risolvono il problema.Per la patologia pancreatical’unica via è una chirurgiaaggressiva.Può spiegarne i motivi?Quello che sto cercando didimostrare, ma non sonocerto il primo a dirlo, èl’inutilità di fermarsi davantiad un tumore che è non nettamenteseparabile dai vasimesenterici perché è chirurgicamenteprovato chenon è una limitazione all’intervento.La chirurgia vaaffrontata anche in caso diresezione vascolare e con interventicomplessi, perché irisultati sono identici a quellidei pazienti che non presentanoinfiltrazione vascolare.Quindi, mai arrendersiper una problematica tecnica.Ecco perché è un tipodi chirurgia che va effettuatain pochi centri con grandeconoscenza ed esperienzadella patologia stessa.Una chirurgia destinataquindi al miglioramentodella qualità di vita.Questi pazienti hanno unaqualità di vita pessima, ilsuo miglioramento è per oral’obiettivo principale per lamedicina. Presso l’OspedaleMaggiore di Bologna abbiamocreato un centro dalnome “Progetto Pancreas”in cui il paziente viene seguitoprima, durante e dopol’intervento. È un approcciodi tipo multidisciplinareche vede coinvoltichirurghi, gastroenterologi,radiologi, endocrinologi,nutrizionisti, psicologi eanatomopatologi. È chiaro188 - 2010
L’INTERVISTA/2infatti, e lo sottolineo, chenon basta operare questo tipodi pazienti. È necessariauna attenta preparazioneprecedente il trattamentochirurgico perché in molticasi parliamo di diabetici odi persone che lo diventerannoin seguito, a secondadel tipo di intervento praticato.In passato, i decessiche si verificavano a pochimesi dall’intervento eranospesso legati proprio al diabeteo all’ipoglicemia perchéil paziente non seguivauna dieta adeguata e noncontrollava il tasso glicemico.Per questo il nutrizionistaha un ruolo centrale esegue il paziente già in fasepreoperatoria con degli immunonutrientie nel postoperatorioimmediato connutrizione enterale. È il percorsointorno a questa malattiache è cambiato, grazieall’approccio multidisciplinare,perché purtroppola storia naturale non sia-mo ancora riusciti a modificarla.In quanti hanno partecipatoal “Progetto Pancreas”?I pazienti che abbiamo seguitosono circa cinquecento.Ma a questo progetto afferisconoanche persone conpatologia benigna, come lapancreatite cronica.Parliamo del rapporto medico- paziente.Sono pazienti che presentanoun quadro psicologicomolto complesso: intantosenza che la persona riferiscadolore, o un peggioramentodello stato di salute,improvvisamente insorgel’ittero, sintomo specifico deitumori che interessano laporzione della testa del pancreas.Non esistono fasi intermedieed una volta entratiin ospedale l’iter diventadrammatico. La mancanzadi sintomi rende quindi difficileal paziente accettarequello che sta succedendo.A questo, poi, bisogna aggiungerela difficoltà nellaformulazione della diagnosi:nel 30, 40 per cento deicasi il paziente viene portatosul tavolo operatorio conuna diagnosi “supposta” ditumore pancreatico.L’innovazione tecnologicanon vi ha aiutato nella formulazione?Oggi sono disponibili indaginidi laboratorio e strumentaliprima non esistentiper la diagnosi e la stadiazionepreoperatoria, comeecografia, TAC, risonanzamagnetica, colangiopancreatografiaretrograda endoscopicae biopsia. Purtroppononostante l’impiegoin fase preoperatoria dipiù esami per riuscire ad avvicinarciad una diagnosiprecisa, spesso non riusciamoad arrivare alla certezza.È questo il problema piùgrande che affrontiamo nellacomunicazione medicopaziente:dobbiamo portaresul tavolo operatorio unapersona senza poterle fornirela sicurezza del risultato.Come può immaginare è difficilecomunicare: “Hai l’itteroe una ostruzione da cuisi può guarire, anche conuna protesi, ma non sappiamose questa ostruzione nascondequalcosa di diverso”.Certo le percentuali di erroresono basse, ma su cinquecentopazienti in tre casidopo l’intervento abbiamoverificato che non ci trovavamoin presenza di tumore.È per queste difficoltàche è essenziale l’approcciomultidisciplinare: il pazientecapisce di dipendereda un gruppo, e non dalledecisioni di un singolo, comprendeche le risposte chegli vengono fornite sonofrutto del lavoro di specialistiche lo seguiranno anchenella fase successiva facendofronte al rischio elevatodi complicanze che un interventoimportante comequello implica. •MEDICINA, MUSICA E COMUNICAZIONE: L’ASSOCIAZIONE MEDIKANTOUn gruppo di medici che lavorano insieme senza sapere diavere una forte passione musicale che li accomuna. Per casoe per gioco, durante l’organizzazione di una festa per iltrasferimento di un collega in un altro ospedale, decidono disuonare insieme. Così nascono i Doctor Life e l’associazioneMediKanto. “La band è composta da due chirurghi, un anestesista,uno psichiatra e due gastroenterologi – spiega il professorElio Jovine che nel gruppo suona la chitarra – ed alcunidi loro, anche se non sono professionisti, hanno frequentatoil Conservatorio. Infatti scrivono i testi e compongonole musiche”. Graziea questa collaborazionesi sono realizzati una seriedi progetti che leganola medicina alla musicatra cui il pezzo MedioBevo(www.mediobevo.it),a cui ha collaborato MauroMalavasi, arrangiatoredi Lucio Dalla.“È una canzone che parladella moderazione nell’uso di alcolici. È stata inserita suYouTube e ha avuto anche diversi passaggi su Mtv – raccontail chirurgo – senza contare la presentazione che neabbiamo fatto al Motorshow. Abbiamo voluto portare questoprogetto nelle scuole ma soprattutto fuori dalle discoteche.Regalare la canzone – l’associazione non ha scopi dilucro – è diventata quindi occasione per parlare con i ragazzie invitarli a fare un controllo dell’alcolemia. Abbiamopensato che la musica potesse essere il linguaggio adatto percomunicare, – continua Jovine – chiunque abbia figli puòtestimoniare che spesso le parole sono “troppo” e che i ragazziascoltano sempre solo “il giusto”. Inoltre abbiamo sceltodi utilizzare non il messaggio negativo o bacchettone del“non fare”, ma abbiamo cercato di essere informativi conun linguaggio che i ragazzi potessero comprendere immediatamente.È un sistema più diretto di trasmissione di valori,di storie. Ovvio che non può essere il solo”.Tra i progetti dell’associazione anche una canzone dedicataallo screening del cancro al colon retto, che è diventatail jingle della campagna regionale, con testimonial importanticome Lucio Dalla, Fiorello e Iacchetti.8 - 201019
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