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Previdenza

Copertina - Enpam

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All’improvvisosportivo lui, docente universitaria lei, una meravigliosacoppia che ha saputo farsi una ragione della mancanzadi figli. E che saprà affrontare anche la malattia dilui, la sua regressione, la sua aggressività, il suo definitivoperdersi in un altrove che altro non è se non la sua infanzia.Di questo parla il nuovo film di Pupi Avati, clamorosamenteassente dalla Mostra di Venezia. Si intitola “Unasconfinata giovinezza” e lo interpretano Fabrizio Bentivoglioe Francesca Neri.Pupi Avati, una grande storia d’amore, ma tristissima.Ma non disperata. Il film non è certo consolatorio, peròha una visione pacificatrice, per raccontare una malattiacome l’Alzheimer non serve usare toni negativi. È un maleche colpisce più i parenti che il malato, perso in un mondotutto suo. Io credo che darà una sensazione di vicinanza,di affetto, ai molti che hanno una persona cara malatadi Alzheimer.Come entra Chicca nel mondo del marito?Accogliendolo come il bimbo che non ha mai avuto, giocandocon lui, andando al parco, comprandogli dei balocchi.Sapendo che finirà anche questa fase e accettandola.È raro che si parli di malattia al cinema.Veramente non se ne parla più da nessuna parte, né dimalattia né di morte. Li abbiamorimossi, siamo ormaitutti eternamente consumatori.E quando arriva una stangata,siamo impreparati. Invecel’unico modo che abbiamoper superare il dolore èparlarne e ancora parlarne. Ècosì, per esempio, che ho superatoil lutto per la morte dimia madre, una donna eccezionaleche non ero pronto aperdere.IL PROIETTOREL’Alzheimer sul grande schermodi Maricla Tagliaferriti sfuggono le parole, ti inceppi, ti smarrisci. Chi ti ama ha unastretta al cuore: e se fosse qualcosa di grave? E se fosse Alzheimer? È così chequesto devastante terzo incomodo entra nella vita di Lino e Chicca, giornalistaFrancesca Neri e Fabrizio Bentivoglio in una scenadel film “Una sconfinata giovinezza”, di Pupi AvatiPerché proprio l’Alzheimer?Perché è diversa da tutte le altremalattie, proprio per questaregressione infantile che provoca. Ho avuto parecchiconsulenti che mi hanno confortato nella mia ipotesi: laprofessoressa Luisa Bartorelli, presidente del Centro AlzheimerRiuniti, il professor Roberto Bernabei, primariogeriatra al Gemelli di Roma, lo psichiatra Paolo Crepet.Era il ritorno all’infanzia che mi interessava di più.Come mai?Alla mia età sento il fascino del “ritorno a casa”. A miomodo regredisco, riscopro cose che avevo abbandonatoo dimenticato. Pensi che sono tornato a mangiaregolosamente gelati, che non toccavo da almeno cinquant’anni.Il semiologo Noam Chomsky ha studiatole origini del linguaggio attraverso le forme regressive,fino ad arrivare al nocciolo della comunicazione. Nelmio piccolo, uso il “ritorno indietro” per capire megliole persone. Le guardo e cerco di immaginarle com’eranoda piccoli, cerco di vedere il bambino che sono stateprima della professionalità, della durezza, della cosiddettamaturità. La regressione è un formidabile strumentodi indagine umana. Ed è anche tranquillizzante:la gente ti fa meno paura se la guardi come quelloche poteva essere e non è stato.La malattia come occasione di conoscenza?Ogni malattia è una rivoluzione, che rimette in gioco tuttala gerarchia dei tuoi valori. Io so cosa vuol dire ammalarsi.Nel 1988 ho avuto un infartomolto serio. Mentre miportavano in ospedale sentivogli infermieri che dicevano“questo non ce la fa”. È statoterribile. Avevo paura e ancora,vivendo con un cuore piùpiccolo, la paura è rimasta. Mane sono uscito rafforzato. Anchedal punto di vista creativo:il mio pensiero va più afondo, guardo il mondo conocchi diversi, sto più attento acose che prima magari nonavrei guardato. Sono orgogliosodel mio infarto. •8 - 201057

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