IL PERSONAGGIOUn medico in musicaL’idea di un festival rossiniano nasce nel 1969 al Teatro alla Scala di Milano,quando Gianfranco Mariotti, ginecologo e pediatra, assiste al Barbieredi Siviglia diretto da Claudio Abbado. Pur non abbandonando la medicina,riesce a realizzare il sogno di una manifestazione celebrativa dell’interaopera del musicista pesarese, che si svolge ormai da ben trentuno annidi Paola StefanucciDal 1980 nel cuoredell’estate si svolge aPesaro il RossiniOpera Festival (ROF): unfestival che nell’affollata ribaltadelle manifestazionifestivaliere ha una sua precisa(e calamitante) identità,ed è ormai pari per importanzae prestigio a quellistorici, e ben più longevi,di Bayreuth (1876) e di Salisburgo(1877), dedicati (èforse superfluo ricordarlo)a Wagner e Mozart. La stagione2010 del ROF è statailluminata (come sempre)da una straordinariaparata di stelle: MicheleMariotti, conteso direttored’orchestra italiano di ultimagenerazione che ha solo31 anni ed è direttoreGianfranco Mariottiprincipale del Teatro Comunaledi Bologna, CorradoRovaris, direttore musicaledella Philadelphia OperaCompany e Yves Abel,direttore principale allaDeutsche Oper Berlin, ilgiovane, ma già osannatosulla scena internazionale,regista Damiano Michieletto,lo scenografo Paolo Fantin,la costumista Carla Teti,oltre a tanti talenti del belcanto.Inoltre in quest’ultimaedizione sono state presentate,accanto ad un affascinanteventaglio di collaudaticapolavori classici, due(sorprendenti) opere giovanili,poco note, di Rossini:Sigismondo e Demetrio ePolibio. Il festival rossinianoè animato, da 31 anni,dal suo fondatore e sovrintendenteGianfranco Mariottiche ha profuso (e profondetuttora) il suo impegnocon altrettanto fervoreanche nella professione medica.Così gli abbiamo rivoltoalcune domande.Gianfranco Mariotti, preferisceessere chiamato Maestroo Dottore?Non so rispondere a questadomanda. La realtà è che lemie due professioni non sonomai entrate in conflittofra loro, neppure mentalmente,e io ho potuto viverleentrambe in perfettaautonomia. Quando è diventatoindispensabile, holasciato l’ospedale, ma hocontinuato ad esercitare laprofessione come ginecologolibero professionista. Coltempo, fisiologicamente, gliimpegni teatrali hanno presoil sopravvento, ma io nonho mai chiuso lo studio (misarebbe parso di spretarmi!)e ancora oggi ci vado duevolte la settimana, per unasorta di disponibilità affettuosaverso la mia clientelastorica.Quando è avvenuto il suoincontro con l’arte medica?Non ricordo, ma credo diaver sempre saputo cheavrei fatto il medico. Da piccolonon tremavo davanti alleiniezioni, non avevo pauradel sangue, ho tolto letonsille senza piangere, cosìtutti i miei parenti dicevanoche avrei fatto il dottore...Insomma: una speciedi quieta predestinazione.Tesi di laurea?Sperimentale, in medicinainterna: “Studio sul metabolismodegli zuccheri nellamalattia di Addison”,qualcosa di completamenteestraneo a quello che avreifatto dopo.Infatti, lei, tra l’altro si èspecializzato in ginecologiaed ostetricia, nonché in pediatriae puericultura. Perchéha scelto di curare, inparticolare, donne e bambini?Non è proprio così: mi sonoavvicinato alla ginecologiasolo perché, mentre facevopratica di volontario in ospedale,si era liberato un postodi assistente in quel reparto.Poi, è vero, mi sonoinnamorato all’istante diquel tipo di specialità, cosìcompleta, così complessa,così ricca d’imprevisti, cosìaffascinante. Quanto a pediatria,è una specializzazioneche ho preso in seguitosolo perché nel repartomi era stata affidata la sezionedi neonatologia.548 - 2010
IL PERSONAGGIOCinquantuno anni al serviziodi Ippocrate: di cosa vaparticolarmente fiero nelsuo curriculum sanitario?Di un’operazione legata allaterza specializzazione,quella in Oncologia, che miconsentì di organizzare, nel1965, nell’Ospedale di Pesaro,un “Servizio per laprevenzione dei tumorifemminili” basato sul Paptest e sulla mammografia.Fu il primo screening dimassa, in Italia, realizzatoattraverso gli enti locali, primadella cosiddetta riformasanitaria dei primi anni settanta.L’intervento fu portatoavanti da una struttura- inesistente in natura -formata da Comune, Provinciae ospedale: qualcosache prefigurava la USL, ancoradi là da venire. Il messaggioera che la difesa dellasalute competeva alloStato, e per esso dalle suearticolazioni sul territorio.Sembra impossibile, ma alloraera un concetto rivoluzionario.Fu una grandeesperienza.Lei, uomo che frequentaabitualmente il mondo diEsculapio e quello del pentagramma,cosa pensa dell’applicazione(ed efficacia)terapeutica della musica?Non ho un’opinione precisa:la mia segretaria Alexia,esperta in naturopatia, ne samolto più di me e spesso miracconta cose interessanti.Quello che invece so percerto è che la bellezza trasfiguratadalla musica (maanche dalla poesia e dallearti visive) è un ingredientefondamentale della vita, chenon serve a niente, ma è indispensabile.Il suo primo incontro conRossini?A cinque anni, d’estate, coni miei genitori. Era il Barbieredi Siviglia, e ricordobenissimo che Don Basilio,nell’aria della calunnia, almomento del “colpo dicannon” mollava un pestonesul piede di Don Bartolo,che si metteva a saltellaredicendo ahi, ahi. Nelcorso della mia vita credodi aver rivisto questa gagalmeno un centinaio di volte.L’incontro col vero Rossini,quello che mi ha cambiatola vita, è invece avvenutoalla Scala di Milano,nel 1969, quando hoassistito (ancora) al Barbieredi Siviglia diretto daClaudio Abbado, nella primaedizione critica a curadi Alberto Zedda. Fuun’emozione travolgente:non avevo mai sentitoRossini eseguito così,cioè restituito a unatrasparenza, eleganzae leggerezza mozartiane.Fu in quella occasioneche ebbi la primaconfusa idea di unFestival, inevitabilmentepesarese, che siproponesse di restituireal mondo tutto ilLa riscoperta del Rossini drammaticoha restituito a tutti la sua veraimmagine: un autore assai poco latino,astratto, sperimentale, inafferrabileRossini sconosciuto, recuperatoalla lezione originale:qualcosa che potei trasformarein un progettoconcreto - il Rossini OperaFestival - qualche anno dopoattraverso il collegamentostrutturale con il lavoroscientifico della FondazioneRossini.Indubbiamente, il Genio diPesaro è tra i compositoripiù eseguiti e amati nelmondo. Qual è, secondo lei,la ragione di un così alto einossidabile gradimento?Fino a 30 anni fa, di Rossininel mondo si eseguivanopochissime opere oltre alBarbiere, donde l’equivocodi un autore maestro esclusivodell’opera buffa. La riscopertadel Rossini drammatico,avvenuta dai palcoscenicipesaresi, ha restituitoa tutti la sua vera immagine:quella di un autore assaipoco latino, astratto,sperimentale, inafferrabile.La ragione del suo crescentesuccesso, credo, sta nelfatto che un’epoca di grandiinquietudini riscopre unodei più enigmatici, affascinantie inquietanti dei grandimusicisti.Il duplice marchio (cromosomicoed artistico) Mariottisi riferisce a lei, storicosovrintendente del ROFe a suo figlio Michele Mariotti,giovane e affermatodirettore d’orchestra: ciòpuò anche calamitare pregiudizisommari e riduttivi.È successo?Per fortuna, no. C’è da direperò che, proprio perevitare la banale etichettadi “figlio di”, Michele hadeciso, d’accordo con noi,di intraprendere il suo percorsoprofessionale lontanoda Pesaro. In cinque annidi “esilio” ha poi costruito,con le sue sole forze,una carriera che lo haportato nei maggiori teatriinternazionali, fino allaScala. Così quest’anno èentrato al Festival limpidamentedalla porta principale,invitato e trattato comequalunque altro direttoredegno della ribalta pesarese.Tutto qui: alle voltesuccede.Suo figlio Michele ha31 anni e, combinazionefatale, il Festivalda lei fondato è allaXXXI edizione. Qualisono le sue aspettativeper il futuro comepadre e come sovrintendente?La carriera di Micheleè del tutto autonomarispetto al sovrintendentedel ROF; i mieisentimenti e le mieemozioni di padre appartengonoesclusivamentealla sfera privatae personale. •8 - 201055
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