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Acqua la sfida del futuro

Acqua, la sfida del futuro - Scuola di Giornalismo - Università degli ...

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10 CASTELLI<br />

Domenica 27 maggio 2007<br />

Nel<strong>la</strong> valle <strong>del</strong>l’Irno si trova<br />

<strong>la</strong> più grande struttura<br />

difensiva <strong>del</strong> Mezzogiorno:<br />

400 metri di mura e torri,<br />

dai normanni agli aragonesi<br />

Due vedute <strong>del</strong> castello<br />

in basso <strong>la</strong> tomba di Tommaso III<br />

Curiosità dal Medioevo<br />

I Sanseverino sono stati<br />

una <strong>del</strong>le dinastie più influenti<br />

<strong>del</strong> medioevo. Il<br />

motto con il quale scendevano<br />

in battaglia era<br />

“Meglio morire che aspettare<br />

<strong>la</strong> morte” e il loro<br />

stemma era uno scudo<br />

d’argento con una fascia<br />

rossa. Erano conosciuti in<br />

tutto il regno per essere<br />

ottimi falconieri. Ancora<br />

oggi <strong>la</strong> collina <strong>del</strong> castello si<br />

chiama “Parco”, memoria<br />

<strong>del</strong> parco dei falchi qui allevati<br />

dai Sanseverino.<br />

La fortezza di principi e falchi<br />

Viaggio nel castello dei Sanseverino attraverso il racconto di Gino Noia<br />

VALERIA CALICCHIO<br />

Quando si racconta <strong>la</strong> storia di un castello,<br />

il pensiero corre quasi senza accorgersene<br />

a un passato dai colori intensi, fatto di<br />

dame e cavalieri, intrighi e tornei, amore<br />

cortese e liuti. Ma non sempre l’idea che<br />

noi abbiamo di un castello trova riscontri<br />

così poetici nel<strong>la</strong> realtà. A volte <strong>la</strong> loro<br />

nascita ha tratti meno leggendari, ma non<br />

per questo meno affascinanti. Così <strong>la</strong> storia<br />

<strong>del</strong> castello di Mercato San Severino è<br />

cominciata grazie a una serie di coincidenze<br />

geografiche e storiche, che hanno sancito<br />

l’importanza strategica <strong>del</strong><strong>la</strong> valle<br />

<strong>del</strong>l’Irno fin dal tempo dei romani, e dalle<br />

quali non si può prescindere per capirne il<br />

ruolo.<br />

Una valle ricca di risorse che si trova al<br />

centro <strong>del</strong><strong>la</strong> Campania, all’interno di un<br />

complesso sistema viario, snodo per i traffici<br />

che dal mare si spingevano nelle zone<br />

più interne <strong>del</strong><strong>la</strong> regione. Secondo l’architetto<br />

Gino Noia, che ha studiato <strong>la</strong> storia<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> fortezza dei Sanseverino, qui si intersecavano<br />

tre arterie vitali per i traffici <strong>del</strong><br />

sud <strong>del</strong>l’Italia: <strong>la</strong> via Popilia, che arrivava<br />

fino in Emilia, <strong>la</strong> Corfinia che portava in<br />

Puglia, intersecandosi anche con <strong>la</strong> via<br />

Appia e l’Arnia che conduceva nel centro<br />

Italia. Un territorio fondamentale anche<br />

per le strategie militari, in quanto unico<br />

punto dal quale potevano penetrare le<br />

truppe verso l’interno. Questo spiega perché<br />

il nome <strong>del</strong>l’attuale cittadina di<br />

Mercato San Severino è stato per molti<br />

secoli “Rota”, a seguito degli acti rotensis<br />

che qui venivano stipu<strong>la</strong>ti: in questa valle si<br />

pagava il pedaggio per accedere alle vie<br />

conso<strong>la</strong>ri di Roma.<br />

Dopo <strong>la</strong> caduta <strong>del</strong>l’impero romano <strong>la</strong> valle<br />

<strong>del</strong>l’Irno non perse il suo ruolo di centro<br />

negli scambi commerciali e divenne meta<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> colonizzazione dei monaci basiliani<br />

provenienti dall’oriente. E non mancano gli<br />

episodi curiosi, tramandati negli anni, circa<br />

le vicende che hanno arricchito <strong>la</strong> storia di<br />

questi luoghi. A cominciare da quello legato<br />

al nome <strong>del</strong><strong>la</strong> città, chiamata così in<br />

onore di San Severino che fu portato in<br />

Campania dai Goti. «Fu infatti il re<br />

Odoacre a inumare le spoglie <strong>del</strong> santo, che<br />

aveva convertito il suo popolo, nel<strong>la</strong> valle<br />

<strong>del</strong>l’Irno, dove fu costruito il santuario che<br />

ha poi dato il nome al<strong>la</strong> città e al<strong>la</strong> famiglia<br />

dei Sanseverino» afferma Gino Noia. Il<br />

castello nasce cinque secoli dopo il passaggio<br />

di Odoacre, con l’avvento dei normanni<br />

al seguito di Roberto il Guiscardo, chiamati<br />

dal regno <strong>del</strong><strong>la</strong> Chiesa per scacciare i<br />

Longobardi. Con il normanno Troisio da<br />

Rota, che poi cambierà il suo nome in<br />

Sanseverino, comincia l’edificazione <strong>del</strong><strong>la</strong><br />

monumentale fortezza, che tutt’oggi domina<br />

<strong>la</strong> valle. A Troisio furono infatti donati i<br />

feudi di Rota e <strong>del</strong> Cilento, dominio incontrastato<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> potente stirpe dei<br />

Sanseverino, che negli anni furono anche<br />

principi di Salerno e Gran Connestabili <strong>del</strong><br />

re di Napoli. Nell’anno mille comincia <strong>la</strong><br />

costruzione <strong>del</strong> primo nucleo <strong>del</strong> castello,<br />

che attualmente si presenta con le sue tre<br />

possenti cinte murarie, che partendo dal<br />

basso sono rispettivamente di epoca sveva,<br />

normanna e normanno-longobarda.<br />

Il castello è uno <strong>del</strong>le più grandi fortificazioni<br />

militari <strong>del</strong>l’Italia meridionale e<br />

anche se lo si vede in parte diroccato, le sue<br />

vestigia danno l’esatta idea <strong>del</strong> peso che<br />

ebbe durante il medioevo. La prima cinta,<br />

con mura basse e squadrate al<strong>la</strong> tipica<br />

maniera sveva, che si incontra salendo<br />

dalle pendici <strong>del</strong><strong>la</strong> collina, è costituita da<br />

sette case matte e da una torre a pianta circo<strong>la</strong>re<br />

di epoca aragonese, con le feritoie<br />

orientate secondo i punti cardinali: da qui<br />

si dominava ogni punto <strong>del</strong><strong>la</strong> valle. La<br />

seconda cinta è forse <strong>la</strong> più suggestiva e<br />

meglio conservata di tutta <strong>la</strong> struttura:<br />

mura difensive alte e massicce, sulle quali<br />

sono evidenti i camminamenti di ronda<br />

che collegavano le torri, tra le quali spicca<br />

<strong>la</strong> possente torre maschio. All’interno <strong>del</strong><strong>la</strong><br />

seconda cinta muraria sono visibili le case<br />

dei servi e due <strong>del</strong>le quattro chiese <strong>del</strong><br />

castello. In cima al<strong>la</strong> collina infine si trova<br />

<strong>la</strong> casa dei Sanseverino: il declino <strong>del</strong><strong>la</strong> loro<br />

casata coincise con l’abbandono <strong>del</strong> castello,<br />

espugnato nel 1560, anno in cui <strong>la</strong> fortezza<br />

fu presa a causa di un tradimento e<br />

non manu militari. Qui sono ancora visibili<br />

<strong>la</strong> piazza d’armi, dove non è difficile<br />

immaginare le parate degli sbandieratori o<br />

i tornei tra cavalieri, il pa<strong>la</strong>zzo dei principi<br />

e <strong>la</strong> chiesa <strong>del</strong>le investiture. Oggi il castello<br />

si trova ancora una volta a doversi difendere.<br />

Forse nel<strong>la</strong> sua ultima battaglia, quel<strong>la</strong><br />

più dura, nei confronti <strong>del</strong>l’indifferenza,<br />

<strong>del</strong>l’incuria e <strong>del</strong><strong>la</strong> perdita di memoria per<br />

il passato. Mali oscuri dei nuovi padroni<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> fortezza, in un tempo più buio di<br />

quello medievale: il tempo <strong>del</strong> domani<br />

senza ricordo.

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