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Domenica 27 maggio 2007 EVENTO AL CAMPUS Sergio Zavoli ha presentato all’Università di Salerno il suo nuovo libro, “La Questione” di fronte ad una p<strong>la</strong>tea gremita CAMPUS15 La biografia Nato nel 1923, Sergio Zavoli ha iniziato l’attività giornalistica al<strong>la</strong> radio. Ha <strong>la</strong>vorato per molti anni al<strong>la</strong> Rai, di cui è stato presidente dal 1980 al 1986. Memorabile <strong>la</strong> serie “La Notte <strong>del</strong><strong>la</strong> Repubblica”. La sua carriera si è sviluppata anche nel<strong>la</strong> carta stampata (è stato direttore <strong>del</strong> “Mattino”). Ha scritto inoltre molti libri (“Socialista di Dio”, vinse il Premio Bancarel<strong>la</strong> nel 1981). Un nuovo senso al<strong>la</strong> paro<strong>la</strong> “<strong>futuro</strong>” Dalle pagine <strong>del</strong> libro, l’invito a usare bene <strong>la</strong> libertà di cui disponiamo E’ stata una lunga strada da Rimini a Roma, viale Mazzini. Sergio Zavoli l’ha percorsa nel riuscito tentativo di unire al<strong>la</strong> tensione morale <strong>del</strong> cronista, <strong>la</strong> testimonianza <strong>del</strong>lo storico. Il giornalismo lo ha portato in molti luoghi, di fronte a molti esseri umani. Dal disperato Polesine alluvionato ai silenzi sconosciuti di “C<strong>la</strong>usura”, fino a esplorare le durezze di chi si è coinvolto nell’insensatezza <strong>del</strong> terrorismo rosso e nero. Dal<strong>la</strong> redazione “radiocronache” al<strong>la</strong> responsabilità dei servizi speciali <strong>del</strong> telegiornale, Zavoli ha attraversato ogni forma di comunicazione: <strong>la</strong> suggestione autentica <strong>del</strong> mezzo radiofonico, i grandi reportage televisivi e anche <strong>la</strong> paro<strong>la</strong> scritta. Ha raccontato il “tempo” di uomini come Paolo VI, il dottor Schweitzer, di irreparabilità, come quel<strong>la</strong> prodotta da Chernobyl, o di crisi morale e politica, come nel caso di “Tangentopoli”. Tutto si è tenuto assieme, grazie al valore immenso e <strong>la</strong>borioso <strong>del</strong><strong>la</strong> “paro<strong>la</strong>”, al<strong>la</strong> quale il “cronista”, come Zavoli ama definirsi, ha saputo consacrare una sua peculiare etica. Quando entra nel teatro <strong>del</strong>l’Università di Salerno, per presentare “La Questione”, il suo nuovo libro, Zavoli diffonde le parole calme ma ferme di chi ha <strong>la</strong> profonda coscienza <strong>del</strong><strong>la</strong> <strong>sfida</strong> inaspettata che l’aprirsi <strong>del</strong> XXI secolo ha <strong>la</strong>nciato all’umanità: «La “questione” sottende a una domanda: l’umanità vive l’eclissi di Dio o <strong>del</strong><strong>la</strong> Storia? L’11 settembre è per me il punto fondante <strong>del</strong><strong>la</strong> “questione”, perché dette luogo a una grande disputa sul ruolo che le religioni hanno sulle nostre scelte». Anche <strong>la</strong> comunicazione è cambiata da allora. Chi testimonia quel partico<strong>la</strong>re conflitto, semplificato nel<strong>la</strong> formu<strong>la</strong> <strong>del</strong>lo “scontro” tra Is<strong>la</strong>m e Occidente, corre il rischio di divenire egli stesso uno strumento <strong>del</strong><strong>la</strong> retorica <strong>del</strong><strong>la</strong> contrapposizione. Zavoli ricorda come il furente intervento di Oriana Fal<strong>la</strong>ci sul “Corriere <strong>del</strong><strong>la</strong> Sera”, a pochi giorni dal<strong>la</strong> tragedia, lo indusse a ragionare attentamente, non solo sugli sviluppi successivi di quell’evento epocale, ma anche sul “modo” in cui l’11 settembre andava raccontato ed esplorato. Al di sotto, o al centro, <strong>del</strong><strong>la</strong> “questione” sta poi <strong>la</strong> guerra, non solo come tragica corsa degli eventi umani. Se il conflitto in Iraq è giudicato seccamente “infondato”, Zavoli ragiona anche sul<strong>la</strong> umana ripetitività <strong>del</strong><strong>la</strong> storia. Cita i Balcani, cuore di tenebra <strong>del</strong>l’Europa, fatale per i destini <strong>del</strong> Novecento: «In quel<strong>la</strong> regione abbiamo assistito a pulizia etnica, <strong>la</strong>ger. Tutto sul mo<strong>del</strong>lo di Al<strong>la</strong> Scuo<strong>la</strong> di Giornalismo, Sergio Zavoli incontra i 25 praticanti «Immaginare è pensare» Il grande “cronista” ha esortato a rispettare il valore <strong>del</strong><strong>la</strong> paro<strong>la</strong> «La faccia di un uomo, se dietro c’è una storia, è lo spettacolo più bello <strong>del</strong> mondo. Il più misterioso e nuovo». Raccoglie i pensieri ancora emozionato, Sergio Zavoli. Ai 25 allievi <strong>del</strong><strong>la</strong> Scuo<strong>la</strong> di Giornalismo, sve<strong>la</strong> un ricordo per lui partico<strong>la</strong>rmente toccante: durante un’intervista, l’ex brigatista Bonissoli, che pure aveva creato dolore in tante famiglie, gli chiese di preservarlo dal dichiararsi “assassino” di fronte a una telecamera, per il bene <strong>del</strong> suo piccolo figlio:« E’ un mestiere difficile, che ti fa conoscere anche <strong>del</strong>le realtà che ti segnano». A chi sogna, un giorno, di vivere di giornalismo, e lo ascolta in ammirato silenzio, dice: «Il giornalista è il mediatore tra i fatti e l’opinione pubblica. La paro<strong>la</strong> è tutto. Non deve essere tradita. E’ lei che ci tiene in vita». Oggi <strong>la</strong> comunicazione è caratterizzata in maniera prepotente da velocità e invasività, elementi che rischiano di incidere sul<strong>la</strong> qualità morale <strong>del</strong><strong>la</strong> professione giornalistica:«La velocità implica che non c’è il tempo di indugiare su quanto ci viene raccontato. L’informazione ha perso il suo carattere perentorio, si è smitizzata nel<strong>la</strong> sua solennità. Non c’è più nul<strong>la</strong> di certo per chi legge e ascolta». La televisione è diventata per eccellenza il luogo <strong>del</strong><strong>la</strong> rinuncia all’approfondimento, al “sapere lungo”. Za- quanto fatto dal nazismo. C’è come qualcosa di inesorabile nelle nostre vite». Anche il pianeta è una “questione”, perché <strong>la</strong> velocità <strong>del</strong><strong>la</strong> storia incide sul<strong>la</strong> scarsa percezione dei pericoli Zavoli fa lezione ai 25 praticanti e, dall’alto, con Biagio Agnes e il rettore Pasquino e mentre firma il suo nuovo libro che corriamo: «La terra è stanca di essere depredata, eppure non riusciamo a fermarci perché siamo distanti dalle cose che avvengono». Fermare <strong>la</strong> vita, riflettere, sembra suggerire Zavoli. Ma il tempo corre, tutto si deteriora. Anche <strong>la</strong> politica si è trovata strito<strong>la</strong>ta e screditata. Un tempo luogo <strong>del</strong>l’ideale, oggi è ferita nel<strong>la</strong> sua credibilità. Zavoli non esita a definire <strong>la</strong> legge elettorale «uno scempio che favorisce <strong>la</strong> nascita di coalizioni sempre alle prese con crisi legate a identità e retaggi culturali. Ma anche causate dal<strong>la</strong> voglia di visibilità dei leader: oggi se non si va in televisione non si esiste. La tv è <strong>la</strong> nuova “forma” <strong>del</strong><strong>la</strong> politica». La riflessione approda al<strong>la</strong> televisione, strumento “invasivo” per eccellenza, con le sue mancanze, le sfide perdute. «Non possiamo essere felici <strong>del</strong> fatto che <strong>la</strong> cultura sia stata espulsa dal<strong>la</strong> tv. Nell’epoca <strong>del</strong>l’utile, è venuto meno il senso <strong>del</strong> servizio pubblico». Infine, Zavoli si rivolge ai giovani. Li invita a uscire dal guscio, camminare , cercare se stessi. «Il Mondo è vostro, tutto davanti a voi. Il nostro destino siamo noi, le scelte che facciamo oggi. In questo momento». voli ne par<strong>la</strong> con rammarico: «Abbiamo perduto <strong>la</strong> <strong>sfida</strong> <strong>del</strong> creare, <strong>del</strong>l’immaginare. In tv oggi tutto è sopra le righe, fuori dal<strong>la</strong> normalità. La tv si abbandona a forme che dovrebbero generare un rifiuto in chi guarda». A chi gli chiede se il ddl Gentiloni può tirare fuori <strong>la</strong> Rai dal pantano economico e creativo, risponde fiducioso: «Risolverebbe <strong>la</strong> questione da vari punti di vista. Non solo quello tecnologico, ma anche sul piano <strong>del</strong> recupero di creatività, con l’obbligo di riprendere a fare formazione. L’idea <strong>del</strong><strong>la</strong> fondazione però non mi persuade: l’Italia non è un paese di fondazioni. Dobbiamo difendere un interesse che non è quantificabile e non è riconducibile neppure agli indici di ascolto». Chi si prepara a fare il giornalista deve, secondo Zavoli, prepararsi a studiare: «Oggi si insiste sul<strong>la</strong> brevità ma io credo sia disumana. Chi fa questo mestiere deve impegnarsi per stimo<strong>la</strong>re all’interesse». Infine, un’esortazione ai venticinque praticanti <strong>del</strong><strong>la</strong> Scuo<strong>la</strong> di Giornalismo di Salerno, ad avere coscienza <strong>del</strong> proprio ruolo: «Ciascuno di noi deve riappropriarsi <strong>del</strong> proprio parere e dire chi è e cosa vuole». Le interviste storiche L’amore di Sergio Zavoli per l’intervista, genere che ha sempre privilegiato, si spiega con <strong>la</strong> profonda convinzione che «è lo strumento che più si conviene al mestiere di giornalista. Cercare qualcosa, girarci intorno». Tra tutte le persone che ha incontrato, nel suo lungo cammino da cronista, alcune hanno <strong>la</strong>sciato in lui un segno in<strong>del</strong>ebile. Molti anni fa, in una <strong>del</strong>le tante “terre di disperazione” su questo pianeta, a Lambarènè, in Gabon, un uomo, che avrebbe poi vinto il premio Nobel per <strong>la</strong> Pace, gli <strong>la</strong>sciò una lezione indimenticabile. Era Albert Schweitzer, il “medico dei lebbrosi”, «il personaggio che mi ha colpito di più». Zavoli ricorda così : «Mi portò a visitare un cimitero: erano i morti di lebbra. Schweitzer, nel guardare le croci, mi disse: “non viene mai nessuno a vederle. E’ un grave errore mormorare sulle tombe parole che dovremmo essere capaci di dire, quando ancora potremmo essere capiti”. Non dimenticai mai più quel<strong>la</strong> riflessione». Zavoli ricorda anche quando, nel 1969, al<strong>la</strong> vigilia <strong>del</strong><strong>la</strong> missione che doveva portare l’uomo sul<strong>la</strong> luna, giunse in A<strong>la</strong>bama per incontrare Werner von Braun, in procinto di salire sul “Saturno 5”. Carico di dubbi, gli chiese il senso di quel progetto colossale: «Domandai in maniera diretta, a cosa serve questo viaggio? Lui rispose sicuro: “a cosa serve un bambino appena nato?”. Aveva detto una cosa straordinaria, bisogna credere nel valore ostinato <strong>del</strong><strong>la</strong> vita e <strong>del</strong><strong>la</strong> creazione. Questo ottimismo caparbio non è solo <strong>del</strong>l’uomo, è <strong>del</strong><strong>la</strong> natura stessa». Infine, Zavoli ricorda col sorriso un’intervista strappata a papa Paolo VI, a Piazza San Pietro:« Fu davvero “rubata”, ma <strong>la</strong> migliore che si potesse fare a un papa. C’era con me un mitico operatore Rai, Lazzaretti. Era capace di tutto. Di fronte al papa, osò dire: “Santità, il bianco spara”». Pagina a cura di VALENTINA MONARCO