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gustolocale rivista gennaio 2008

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2<br />

Cioccolato: il “bitume prezioso”<br />

Arriva dal Nuovo Mondo questa sublime gioia<br />

della gola. Noi italiani ne siamo maestri<br />

Il letterato toscano Lorenzo Magalotti, diplomatico del Granduca di Toscana,<br />

verso la fine del ‘600 scrisse una poesia che iniziava così: “Nell’appressarti<br />

ai labbri la mistica ricchissima bevanda Oh che fragranza, Nise” e terminava<br />

scrivendo di “una beata eternità potabile”.<br />

Questa beata eternità che entusiasmava il Conte era il dolce cacao che “questo<br />

benedetto Nuovo Mondo” aveva donato alla vecchia Europa, abituata da<br />

secoli a guardare all’Oriente per quanto riguardava droghe e spezie. Ora, per<br />

la prima volta dopo la scoperta dell’America e la colonizzazione del Centro<br />

e del Sud anche da là venivano - da questa cornucopia inesauribile - polveri<br />

paradisiache, giulebbe sognanti, delizie tropicali. Da là veniva la vaniglia, la<br />

quinquina (la china aromatica) e veniva questo “bitume prezioso” onde “il<br />

palato/State e verno è beato”.<br />

Insieme al caffè e alla diffusione dello zucchero stanno nascendo i cosiddetti<br />

generi “coloniali” ed il mondo, non avendo più nulla da scoprire incominciava<br />

a diffondere questi beni che si erano trovati in quantità infinite: il che fece<br />

calare il prezzo, indebolire la potenza di Venezia, accrescendo però le possibilità<br />

per tutti di godere di questi beni una volta legati alla ricchezza. Resta<br />

assodato un fatto: i semi del cacao furono visti per la prima volta il 30 luglio<br />

1502 da Cristoforo Colombo che, sbarcando nell’isola di Guajana, al largo<br />

dell’Honduras, si vide regalare dagli indigeni un grosso sacco di semi con i<br />

quali fecero una cioccolata che il navigatore trovò molto piccante ed ama-<br />

ra. Risultato: non mostrò alcun<br />

interesse per questi semi (e non<br />

lo aveva mostrato neppure per<br />

il mais!). Quale errore. Lo hanno<br />

dimostrato i secoli a venire. Ancor<br />

oggi siamo totalmente beati,<br />

appagati da questo stupendo<br />

rito segreto, da questo abbandono<br />

che si ha quando si scarta un<br />

cioccolatino o si rompe con un<br />

rumore secco una tavoletta: quasi<br />

sempre chiudendo gli occhi, s’inonda la bocca di un sapore coinvolgente<br />

come pochi. Non è stato facile portare il cioccolato fra le cose buone per<br />

tutti. La Chiesa pose, ancora nel ‘600 un grave problema: il cioccolato interrompe<br />

o no il digiuno? Cioè si può bere un cioccolato prima di andare a Messa<br />

e fare la Comunione? Una volta, dopo la mezzanotte si poteva solo bere<br />

acqua: allora il cioccolato era bevanda da nobili e questo tendeva a dividere<br />

gli Stati fra favorevoli e contrari. Si ebbe la risposta nel 1693 e fu decisiva per<br />

lo sviluppo del cioccolato nel mondo cattolico: non frangit jeunum. Nacquero<br />

ben presto le botteghe dove, accanto al caffè, si prendeva il cioccolato e Venezia<br />

fu fra le prime. Goldoni nelle sue commedie decanta la diffusione di tale

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