Numero 110 - Anno XIX, Gennaio/Febbraio 2011 - Club Plein Air BdS
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Inviperito per l'ostacolo, il<br />
dio degli inferi affonda il suo scettro<br />
nella fonte, con grande sconquasso,<br />
e s'inabissa giù, verso le<br />
profondità infernali, trascinando<br />
con sé Proserpina, la dea sfortunata.<br />
"Ciane piangendo la rapita dea<br />
e del suo fonte le spregiate leggi,<br />
sta muta, inconsolabile: e nel pianto<br />
distemperata si confonde all'acque".<br />
Avviene così, per il grande e<br />
inconsolabile dolore, la trasformazione<br />
in acqua della dolce ninfetta<br />
"prima dell'altre dileguar, le chiome,<br />
le dita, i piè, le gambe. E dopo<br />
queste, in ruscelli zampillano le<br />
terga, gli omeri, i fianchi e con le<br />
poppe il pello; da sezzo in linfa si<br />
corrompe il sangue, e riman nulla<br />
che si chiappi e stringa".<br />
Fin qui la leggenda, così<br />
com'è stata cantata da Ovidio nelle<br />
"Metamorfosi", al libro V. Ma la<br />
Il ratto di Proserpina del Bernini<br />
leggenda raccontataci da Ovidio<br />
non è la sola ad essere giunta fino<br />
a noi. Un altro storico del periodo<br />
classico ha scritto intorno alla trasformazione<br />
in fonte della ninfa siracusana<br />
Ciane. Parliamo di Plutarco<br />
(50 d.C.-120 d.C.), autore delle<br />
"Vite parallele". Egli riporta una<br />
bella leggenda su Ciane, che si discosta<br />
da quella di Ovidio, perché<br />
più umanizzata.<br />
Narra lo storico del siracusano<br />
Cianippo, padre di Ciane, il<br />
quale in un momento di ebbrezza,<br />
di notte, s'impossessa della figlia<br />
Ciane e la stupra. Ma mentre viene<br />
posseduta incestuosamente, la giovane,<br />
non riuscendo a identificare<br />
colui che la sta violentando, s'impossessa<br />
dell'anello che il suo violentatore<br />
porta al dito, per essere,<br />
più tardi, in grado di riconoscerlo.<br />
Dopo alcuni anni Siracusa<br />
IL CLUB n. <strong>110</strong> – pag. 39<br />
viene colpita dalla peste, narra<br />
Plutarco,e i Siracusani atterriti<br />
pensano di rivolgersi all'oracolo di<br />
Apollo, la Pitia, come era usanza<br />
nell'antichità. Dal responso i Siracusani<br />
apprendono che gli dei pretendono,<br />
per fare finire la mortale<br />
epidemia, il sacrificio di un uomo<br />
perverso. Ciane, che attraverso<br />
l'anello strappato al suo violentatore,<br />
riconosce nel proprio genitore<br />
l'autore della violenza subita, esaudisce<br />
prontamente l'oracolo uccidendo<br />
il padre Cianippo e immolandosi<br />
a sua volta sul suo cadavere.<br />
Dopo il duplice sacrificio la peste<br />
finisce come per incanto e si<br />
vuole che i Siracusani, a perenne<br />
ricordo del sacrificio della giovinetta,<br />
chiamassero la sorgente d'acqua,<br />
teatro di quella triste vicenda,<br />
fonte Ciane.<br />
L'indagine comparativa<br />
delle due leggende, seppure diverse<br />
nei contenuti, ci rivela che il mito<br />
di Ciane, se da un certo punto di<br />
vista rappresenta un fenomeno naturale<br />
(una sorgente d'acqua), da<br />
un'altra angolazione rispecchia<br />
quel processo di trasformazione di<br />
avvenimenti, reali o mitici, in creazioni<br />
fantastiche, per rispondere ai<br />
bisogni e alle aspirazioni sociali e<br />
anche religiose, propri dell'uomo.<br />
Un altro storico, Diodoro<br />
Siculo, racconta che presso ]a fonte<br />
Ciane si celebrava annualmente<br />
una pubblica cerimonia. Essa prevedeva<br />
l'immersione nel piccolo<br />
specchio d'acqua di un certo numero<br />
di tori e il conseguente sacrificio<br />
di alcuni di loro. La festa, ancora in<br />
uso al suo tempo, si vuole istituita<br />
da Ercole. Narra lo storico che, "visitata<br />
la costa della Sicilia, Ercole<br />
giunse a Siracusa e apprese le narrazioni<br />
miti che riguardanti il rapimento<br />
di Proserpina; rese alle dee<br />
splendidi sacrifici, offrì il toro più bello<br />
presso la fonte Ciane e ordinò agli<br />
indigeni di offrire ogni anno sacrifici<br />
a Core (Proserpina) e di celebrare<br />
presso la fonte Ciane una riunione<br />
solenne ed un rito sacrificale".<br />
Concludendo, ci sembra<br />
che entrambe le narrazioni appaiano<br />
ricche di buone connotazioni letterarie,<br />
anche se la favola di Ovidio,<br />
a nostro avviso, suscita maggiore<br />
interesse, soprattutto perché arricchita<br />
di certi elementi mitologici<br />
connessi con la cultura greca che in<br />
Sicilia acquista un suo singolare aspetto,<br />
e di tutti quei tratti culturali<br />
propri del patrimonio locale.<br />
Alfio Triolo