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Numero 110 - Anno XIX, Gennaio/Febbraio 2011 - Club Plein Air BdS

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ibellione di piazza ha un confine<br />

davvero molto effimero. E in un<br />

mondo in cui la crisi è ancora ben<br />

lontana dall’essere realmente e<br />

definitivamente sconfitta e in cui<br />

i protagonisti di culture politiche<br />

contrapposte non riescono in<br />

nessun modo a dialogare, pensare<br />

che i nostri politici possano vivere<br />

al di sopra delle leggi che<br />

vincolano tutti gli altri, infischiandosene<br />

della morale e in<br />

perenne sfida con chicchessia diventa<br />

davvero drammatico:<br />

quanto reggerà la nostra Italia<br />

prima di scoppiare?<br />

La domanda non è peregrina<br />

come potrebbe apparire né<br />

l’accostamento con altre realtà nazionali<br />

è, se vogliamo, del tutto<br />

fuorviante, anche se il consolidamento<br />

in Italia delle libertà è un<br />

fatto ineluttabile che ha profondamente<br />

segnato a ogni livello la società.<br />

Ma il problema irrisolto è<br />

che, da qualunque parte si veda la<br />

cosa e qualunque sia l’opinione politica<br />

di ciascuno di noi, appare<br />

ormai della massima priorità che la<br />

classe politica italiana “torni tra la<br />

gente”; sia in grado di costruire e<br />

di eseguire un progetto chiaro e<br />

decifrabile di sviluppo sociale ed<br />

economico pur in questo frangente<br />

internazionale di crisi. E’ necessario<br />

che tutta la classe politica, non<br />

una parte sola, si assuma finalmente<br />

il compito che le spetta:<br />

proporre modelli e attuarli, senza<br />

crogiolarsi dietro ai proclami, se è<br />

eletta a tale scopo, salvo poi essere<br />

punita con l’alternanza se ha<br />

fallito o se il progetto attuato non<br />

è stato in grado di risolvere i problemi<br />

che doveva risolvere.<br />

Ho letto da qualche parte<br />

di recente l’opinione di uno storico<br />

della politica: l’Italia è molto brava<br />

– scriveva - ad adattarsi al decadimento<br />

della coscienza pubblica e<br />

allo spappolamento delle istituzioni;<br />

ha dato prova, nel corso dei<br />

tumultuosi decenni ‘70-‘80 e ‘80-<br />

‘90, di sorprendente elasticità e<br />

capacità di progresso, nonostante<br />

le pletoriche difficoltà. E ora? Chi<br />

governa non ce la fa ad attuare il<br />

suo programma, chi sta<br />

all’opposizione non ce la fa a fare<br />

proposte alternative e nel migliore<br />

(o peggiore dei casi) urla e strepita<br />

contro qualunque proposta del<br />

campo avversario. Tutta la politica<br />

è allo sbando e lo stallo che stiamo<br />

vivendo ci condanna a rimanere<br />

nella palude senza uscirne. Anche i<br />

giornali cavalcano l’onda della di-<br />

sputa più becera, alimentano conflitti<br />

tra personalità politiche e negano<br />

all’opinione pubblica<br />

un’informazione scevra da storture<br />

e ambiguità. In questo modo le varie<br />

controversie che attanagliano le<br />

istituzioni, i poteri e la politica producono<br />

un effetto devastante.<br />

La gente comune invece ha<br />

bisogno di essere ascoltata, di essere<br />

posta al centro delle disamine<br />

politiche, di essere coinvolta nella<br />

soluzione dei veri problemi della<br />

quotidianità: ha bisogno di essere<br />

realmente rappresentata; ed è<br />

necessario che tra la classe politica<br />

e la società civile sia riformulato<br />

una sorta di nuovo patto, affinché<br />

gli eletti siano realmente portatori<br />

delle esigenze degli elettori<br />

e non liberi di fare quel che vogliono<br />

una volta eletti. Invece<br />

siamo ridotti a una classe politica<br />

che sembra ormai concentrata solo<br />

a rappresentare se stessa, autoreferente<br />

e autogiudicante: e la<br />

gente si allontana sempre più disgustata<br />

da questo burlesco "teatrino<br />

della politica".<br />

Perfino la chiesa, pur tanto<br />

agevolata dall’attuale governo, ha<br />

sentito il dovere di intervenire in<br />

questo delicato momento che attraversa<br />

l’Italia per bocca del Cardinale<br />

Angelo Bagnasco che, nella<br />

sua prolusione all’ultima riunione<br />

della Conferenza episcopale italiana,<br />

di cui è presidente, ha dichiarato:<br />

«Chiunque accetta di assumere<br />

un mandato politico deve essere<br />

consapevole della misura e<br />

della sobrietà, della disciplina e<br />

dell'onore che esso comporta, come<br />

anche la nostra Costituzione<br />

ricorda».<br />

Il capo dei vescovi italiani,<br />

pur senza mai fare nomi, mostra<br />

grande preoccupazione per il modello<br />

che emerge da "determinati<br />

spettacoli" anche se non tralascia<br />

le insidie per le nuove generazioni<br />

che vengono da chi non riconosce<br />

il diritto alla vita e la famiglia basata<br />

sulla coppia uomo-donna. «Il<br />

successo basato sull'artificiosità, la<br />

scalata furba, il guadagno facile,<br />

l'ostentazione e il mercimonio di sé<br />

portano a un "disastro antropologico"»,<br />

è il suo severo monito. E sui<br />

giovani Bagnasco aggiunge: «Se si<br />

ingannano i giovani, se si trasmettono<br />

ideali bacati cioè guasti dal di<br />

dentro, se li si induce a rincorrere<br />

miraggi scintillanti quanto illusori,<br />

si finisce per trasmettere un senso<br />

distorcente della realtà, si oscura<br />

la dignità delle persone, si manipo-<br />

IL CLUB n. <strong>110</strong> – pag. 41<br />

lano le mentalità, si depotenziano<br />

le energie del rinnovamento generazionale».<br />

Pur nella mia laicità, non<br />

posso che trovarmi assolutamente<br />

in linea con le parole dell’alto prelato;<br />

così come mi riconosco in un<br />

altro passaggio del cardinale Bagnasco:<br />

«Troppi oggi, seppur ciascuno<br />

a modo suo, contribuiscono<br />

al turbamento generale, a una certa<br />

confusione, a un clima di reciproca<br />

delegittimazione». Non è solo<br />

la classe politica ma anche altre<br />

leve dello stato che stanno debordando<br />

da tempo ai loro compiti e<br />

che provano ormai da anni a mostrare<br />

i muscoli pur di vincere la<br />

loro battaglia. L'invito rivolto a tutti<br />

è in sostanza quello di fermarsi<br />

un attimo a riflettere. E' necessario<br />

fermarsi tutti in tempo. E’ necessario<br />

che si smetta questa guerra di<br />

tutti contro tutti perché alla fine<br />

stanno rimanendo solo le macerie.<br />

E’ necessario che a questa<br />

Italia sia restituita la normalità e la<br />

speranza, che nel suo complesso il<br />

Paese possa ringiovanire, tornando<br />

a crescere dal punto di vista culturale<br />

e quindi anche sociale ed economico,<br />

battendo i catastrofismi e<br />

uscendo dalla melma che lo sta<br />

paralizzando. Cambiare si può e<br />

si deve. E si deve pensare a tutti<br />

perché tutti abbiano sogni da<br />

realizzare e possano realizzarli:<br />

chi è più giovane perché è giovane,<br />

chi è già anziano perché ha<br />

già sacrificato per la società i<br />

suoi anni migliori.<br />

Proviamo a dare oggi un senso<br />

rinnovato alla parola democrazia<br />

Credo che lo dobbiamo a<br />

noi stessi e che tutto sommato ce<br />

lo meritiamo, anche perché altrimenti<br />

sarebbe inutile festeggiare<br />

i 150 anni dell’unità di questo nostro<br />

stato che non riesce ancora<br />

ad essere, dopo un secolo e mezzo,<br />

una vera unica nazione.<br />

Maurizio Karra

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