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Numero 110 - Anno XIX, Gennaio/Febbraio 2011 - Club Plein Air BdS

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V<br />

Musica in camper<br />

Due grandi artisti italiani per riscaldare le giornate uggiose dell’inverno<br />

a bene: fuori c’è freddo,<br />

il buio delle giornate invernali<br />

incombe e il futuro prossimo sembra<br />

soltanto un inseguirsi di impegni,<br />

doveri e responsabilità. Ma se<br />

empaticamente questo ci porterebbe<br />

al legittimo sconforto, razionalmente<br />

sappiamo che non durerà<br />

per sempre; presto l’umido lascerà<br />

il posto al tepore delle prime<br />

giornate primaverili e la durata<br />

della luce si amplierà, proiettandoci<br />

verso la bella stagione e le vacanze,<br />

scandite al ritmo dei nostri<br />

viaggi in camper. Nel frattempo<br />

teniamo duro e facciamoci consolare<br />

dall’armonia della musica.<br />

La prima proposta riguarda<br />

un nome molto noto nella discografia<br />

italiana, quello di una grande artista,<br />

che è una cantante, un’attrice<br />

ed insieme una cantautrice di notevole<br />

spessore: Ornella Vanoni. Autentico<br />

mostro sacro della canzone<br />

italiana è considerata, a ragione,<br />

una delle migliori interpreti, tra le<br />

più note ed importanti, della melodia<br />

nazionale, con una carriera molto<br />

lunga che ha superato i 52 anni di<br />

attivo, nel corso della quale è riuscita<br />

a cimentarsi in generi diversi, dalle<br />

canzoni della mala, al jazz, alla<br />

bossa nova, alla canzone d’autore,<br />

raggiungendo la popolarità grazie ad<br />

uno stile interpretativo e ad un timbro<br />

vocale immediatamente riconoscibili.<br />

Un’artista che rimane attiva e<br />

concentrata in sempre nuovi progetti,<br />

dividendosi tra rappresentazioni<br />

teatrali, concerti e album, tanto da<br />

avere raggiunto la cifra di ben 54<br />

dischi pubblicati e di milioni di copie<br />

vendute, a testimonianza di come il<br />

pubblico la segua sempre con grande<br />

interesse ed affetto.<br />

La sua ultima creatura è il<br />

doppio album “Ornella Vanoni live<br />

al Blue Note”, scandito come sempre<br />

dalla sua voce straordinaria, da<br />

un notevole repertorio e dall’emozione<br />

che dà la musica dal vivo; infatti<br />

il doppio cd propone i momenti<br />

più intensi dei quattro indimenticabili<br />

concerti che l’artista ha tenuto al Blue<br />

Note, tempio del jazz milanese; in<br />

quest’occasione con classe ineguagliabile<br />

la cantante ha dato vita, in<br />

un’atmosfera di grande suggestione,<br />

ad un live memorabile in cui ha proposto<br />

il meglio del suo repertorio<br />

passato e presente. Così si possono<br />

riascoltare i suoi pezzi mitici, scanditi<br />

da soffusi arrangiamenti jazz, come<br />

“La voglia, la pazzia”, “Tristezza”,<br />

“Domani è un altro giorno”, ma anche<br />

notevoli interpretazioni di brani degli<br />

amici cantautori, come “Non abbiam<br />

bisogno di parole”, “Alta marea”, “Dune<br />

mosse”. La malia dell’album è<br />

completata da eterni classici del jazz<br />

come “My funny Valentine” e “I get<br />

along without you very well”, che consentono<br />

di fare un tuffo nella melodia<br />

avvolgente, in grado di far sognare<br />

intere generazioni.<br />

Rimaniamo nel panorama<br />

italiano per parlare di un altro artista<br />

famoso da oltre 30 anni, Zucchero,<br />

al secolo Adelmo Fornaciari, il cui dolcissimo<br />

nome d’arte deriva da un ricordo<br />

d’infanzia, quando la maestra<br />

del piccolo Adelmo diceva che era<br />

dolce come lo zucchero. Da<br />

quell’epoca ne è passata di acqua<br />

sotto i ponti e il nostro protagonista<br />

ha avuto il tempo di arrivare quasi<br />

alla laurea in veterinaria e di fare il<br />

tornitore, il salumiere e il fornaio,<br />

prima di diventare una star internazionale<br />

di rock, blues e soul, al punto<br />

da avere venduto 50 milioni di dischi<br />

e da avere raggiunto notevoli traguardi;<br />

tra questi ricordiamo il suo<br />

concerto, uno dei primi tenuti da artisti<br />

occidentali, svoltosi all’inizio degli<br />

anni ’90 al Cremlino di Mosca dopo la<br />

caduta del muro di Berlino, la sua recensione<br />

nella più autorevole enciclopedia<br />

di musica moderna del XX secolo<br />

che lo cita per primo tra gli artisti<br />

italiani e l’onorificenza di commendatore<br />

da parte del presidente<br />

della repubblica.<br />

Non stupisce, quindi, che a<br />

fronte di tanta popolarità anche il suo<br />

ultimo (il 17°) album “Chocabeck”<br />

IL CLUB n. <strong>110</strong> – pag. 45<br />

abbia venduto, appena uscito, centinaia<br />

di migliaia di copie, permettendogli<br />

di debuttare direttamente al<br />

primo posto delle classifiche di vendita<br />

nazionali. Il curioso titolo dell’album si<br />

rifà ai ricordi di infanzia del cantautore,<br />

dato che in dialetto emiliano il suono<br />

ciocabec si identifica con lo schiocco<br />

del becco di un animale che non ha<br />

nulla da mangiare e questo suono nella<br />

famiglia non certo ricca dell’artista<br />

veniva usato dal padre come risposta<br />

quando il piccolo Adelmo chiedeva cosa<br />

c’era da mangiare: ciocabec, cioè<br />

niente. Il cantante continua a raccontare<br />

spiegando che questo è un concept<br />

album, dato che è omogeneo nei<br />

suoni e nelle tematiche e racconta una<br />

giornata festiva, dall’alba al tramonto,<br />

in un paese che potrebbe essere quello<br />

della sua infanzia, attraverso un insieme<br />

di brani lenti e riflessivi, intimisti<br />

e suggestivi.<br />

Così si susseguono pezzi da<br />

ascoltare con tutta l’anima, come “Il<br />

soffio caldo”, scritto con Francesco<br />

Guccini, “Il suono della domenica”,<br />

una sorta di manifesto dell’intero album,<br />

“E’ un peccato morir”, che è<br />

stato il singolo di lancio dell’album,<br />

l’irriverente “Vedo nero”, “Oltre le rive”,<br />

meditativo al punto giusto,<br />

l’allegro “Un uovo sodo”, il pulsante<br />

“Chocabeck” che dà il titolo all’album,<br />

e così via in un concatenarsi di armonie<br />

che si conclude “God bless the<br />

child”, quasi un canto ecclesiastico di<br />

grande suggestione, il cui ascolto lascia<br />

appagati e sereni. Insomma un<br />

album che vale davvero la pena di<br />

ascoltare e riascoltare per sconfiggere<br />

il logorio della vita moderna, per<br />

usare le parole di una gradevole<br />

pubblicità vecchio stampo, ma sempre<br />

decisamente attuale.<br />

Mimma Ferrante

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