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ecomusei e sviluppo locale - Agenda 21 Est Ticino

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ventenne: “mettevamo i tralicci dell' alta tensione per una ditta italiana. Era il '47.<br />

Faceva impressione i primi tempi e venivano le vertigini (per l' altezza), ma poi era<br />

come lavorare per terra. Dieci, trenta, fino a cinquanta metri”. Da bambina Angelina<br />

ha lavorato in una fabbrica che produceva vestiti per militari, più tardi, da<br />

ragazza, ha lavorato invece come “modariso” vicino a Binasco, poi dopo, con il<br />

boom “ho cominciato a lavorare in una ditta per serrature e lì ho lavorato vent' anni<br />

finchè non ho avuto la terza figlia”. “Dopo la guerra, quando hanno cominciato a<br />

cerscere gli stabilimenti e costruire abbiamo abbandonato un po' tutti il lavoro nei<br />

campi”. “L' origine contadina qui si sente ancora, noi abbiamo le nostre radici nella<br />

terra e producevamo quello che serviva, se c' era qualcosa in più si consegnava tutto al<br />

consorzio”. Quella di Angelina, Emilio ed Emilia, era una grande famiglia<br />

patriarcale, numerosa e semplice “di quelle che non ci son più oggi”. “In questa<br />

zona c' erano tanti mezzadri e nostro padre lavorava la terra del Pisani Dossi”. La<br />

famiglia Pisani Dossi era una delle più ricche famiglie di Corbetta, possedevano<br />

vasti appezzamenti: oggi la villa Pisani è a Corbetta un piccolo museo privato.<br />

“Io” dice Angelina ”sono proprio contenta di aver vissuto qui” aggiunge “forse perchè<br />

non ho visto luoghi diversi!”. “Quando ci siamo trasferiti qui a Magenta non avevamo<br />

luce, né acqua e bagno, siamo venuti con pochi stracci”. Da giovani Emilio, Emilia e<br />

Angelina si ritrovavano in piazza “al cinema o alla casa Giacobbe, oppure d' estate si<br />

andava a la Tamburrina, un chioschetto che faceva le granite al tamarindo”.<br />

“Andavamo lì con la nostra caldarina, un contenitore di latta, e ce lo facevamo riempire<br />

poi ci mettevamo un po' di zucchero, caffè, tamarindo”. “Acqua sorgente, bevuta dal<br />

serpente, bevuta da Dio, la bevo anch' io” Emilia e Angelina canticchiano questa<br />

cantilena, ricordando i tempi in cui raccoglievano l' acqua fresca nei campi, o la<br />

neve fresca che poi cospargevano di zucchero o caffè per farne una granita<br />

casalinga: “prima quella del gatto, poi quella del cane e poi quella dei cristiani che<br />

anche noi potevamo raccogliere”. “Per far sgorgare l' acqua dei fontanili invece<br />

usavamo dei badili senza fondo e così quando avevamo sete prendevamo l' acqua da lì.<br />

Un nostro parente, in punto di morte ha chiesto al figlio di andargli a prendere proprio<br />

l' acqua del fontanile”. “Nel canale Villoresi, invece, andavamo a lavare i panni, dal<br />

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