maggio 2013 - I Siciliani giovani
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Documenti<br />
Giustizia<br />
per Lea<br />
Milano. La Corte d'Ap-<br />
pello è riunita a giudicare<br />
gli assassini di<br />
Lea Garofalo, rapita e<br />
uccisa per essersi ribellata<br />
alla 'ndrangheta.<br />
In aula la <strong>giovani</strong>ssima<br />
figlia, Denise, a<br />
testimoniare contro gli<br />
assassini di sua madre.<br />
In aula e fuori, le ragazze<br />
e i ragazzi del<br />
presidio di Libera:<br />
“Non lasciamo Denise<br />
sola” è il tam-tam che<br />
da due mesi gira in tutte<br />
le scuole della città<br />
di Valerio Berra<br />
e Sara Manisera<br />
www.stampoantimafioso.it<br />
www.isiciliani.it<br />
ATTO I: LA CONFESSIONE<br />
13 aprile. L'udienza è finita. Gli avvocati<br />
si stanno togliendo le toghe, i giudici<br />
cominciano ad alzarsi e il pubblico già si<br />
avvia verso l'uscita. Dalla gabbia degli<br />
imputati si solleva una voce tremante, dal<br />
forte accento calabrese che chiede ai giudici<br />
di poter leggere un foglio che tiene<br />
stretto tra le mani.<br />
Sono le 14.30 di martedì 9 aprile e nel<br />
tribunale di Milano si sta per concludere<br />
la prima udienza del processo d'appello<br />
per il caso Lea Garofalo, la testimone di<br />
giustizia rapita e uccisa nel novembre<br />
2009. A parlare è Carlo Cosco, ex compagno<br />
della donna, uomo di 'ndrangheta e<br />
condannato con altri cinque imputati<br />
all'ergastolo per il suo omicidio. La presidente<br />
della corte, Anna Conforti, invita<br />
tutti i presenti a sedersi. Davanti al<br />
microfono Cosco comincia la sua dichiarazione<br />
spontanea. «Mi assumo la totale<br />
responsabilità per questo omicidio. Chiedo<br />
di poter vedere mia figlia che è sotto<br />
protezione. Da chi deve essere protetta?<br />
Io adoro mia figlia. Guai a chi la tocca. Io<br />
prego di avere un giorno il suo perdono».<br />
Il clima di terrore<br />
La figlia a cui si riferisce è Denise,<br />
classe 1991, una ragazza che ora vive sotto<br />
protezione per aver testimoniato contro<br />
chi ha ucciso sua madre. Anche lei è in<br />
aula. Nascosta da un paravento per proteggere<br />
la sua identità, Denise ha già dovuto<br />
raccontare nel primo processo il clima<br />
di terrore in cui viveva con la madre e<br />
nelle prossime udienze dovrà testimoniare<br />
ancora. Per sostenerla, per farle sapere<br />
che non è più sola, ci sono anche molti ragazzi<br />
di Libera, alcuni provenienti addirittura<br />
da Reggio Emilia. Per tutta l'udienza<br />
sono rimasti fra il pubblico, fianco a fianco<br />
con i parenti degli imputati.<br />
Questi sono stati gli ultimi atti di<br />
un'udienza iniziata verso le 9.30 con la<br />
lettura della sentenza del processo di primo<br />
grado, che risale al marzo 2012. Dopo<br />
questo atto formale, sono state avanzate le<br />
richieste da parte degli avvocati. Il Procuratore<br />
Generale Marcello Tatangelo,<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 33<br />
pubblico ministero alla corte d'Assise, ha<br />
richiesto che venga ascoltato come<br />
testimone Carmine Venturino. Si tratta<br />
di uno dei condannati in primo grado per<br />
il processo, che dal luglio 2012 ha<br />
cominciato a collaborare con la giustizia.<br />
Immobilke nella cella<br />
Venturino segue l'udienza dal carcere e<br />
la sua presenza è testimoniata da una telecamera<br />
predisposta nella sua cella. L'in-<br />
quadratura è fissa, l'uomo immobile, più<br />
che un filmato sembra un fermo immagine.<br />
Venturino chiede ai giudici: «Vorrei<br />
testimoniare in tribunale, non dalla mia<br />
cella. Se è possibile, se non ci sono rischi<br />
vorrei venire in prima persona a raccontare<br />
quello che è successo». Grazie alle informazioni<br />
da lui fornite, la magistratura<br />
sta ora indagando su un altro uomo coinvolto<br />
nell'omicidio, Damian Jancaza, un<br />
polacco vicino alla famiglia Cosco.<br />
Il Procuratore Generale richiede l'acquisizione<br />
dei sopralluoghi avvenuti dove si<br />
è consumato il delitto, fra cui il magazzino<br />
di Crivaro, dove sono stati trovati i resti<br />
della donna. L'avvocato di Denise Cosco,<br />
Enza Rando ha invece chiesto<br />
l'acquisizione di due denunce, che provano<br />
il furto e l'incendio dell'auto di Lea<br />
Garofalo. Avvenuti nel 2002, questi due<br />
fatti insieme al tentativo di sequestro avvenuto<br />
a Campobasso nel 2009 evidenziano<br />
quanto il rapimento della donna sia<br />
stato ben meditato e preparato da molto<br />
tempo. Gli avvocati che difendono gli imputati<br />
hanno invece proclamato ancora<br />
una volta la totale innocenza dei clienti.<br />
Alla luce di queste informazioni, le dichiarazioni<br />
fatte da Carlo Cosco al termine<br />
del processo, appaiono tutt'altro che<br />
spontanee. Più che un reale pentimento<br />
sembra una strategia difensiva in due direzioni:<br />
tentare di assumersi totalmente la<br />
colpa del delitto, scagionando così i fratelli<br />
Vito e Giuseppe; e rimarcare il proprio<br />
amore paterno – per una una ragazza<br />
di cui ha ucciso la madre - nel tentativo di<br />
mostrare un lato umano ai giudici e forse<br />
anche quella di far crollare la figlia, portandola<br />
a ritirare la sua fondamentale testimonianza.