maggio 2013 - I Siciliani giovani
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www.isiciliani.it<br />
Messina<br />
Un sindaco<br />
“bene comune”?<br />
Un candidato anomalo<br />
in una “normale” catastrofe:<br />
come finirà?<br />
di Tonino Cafeo<br />
Renato Accorinti, professore di educazione<br />
fisica, è diventato - in quarant’anni<br />
di battaglie civili, pacifiste e<br />
ambientaliste - quasi un'icona<br />
dell’impegno disinteressato e della politica<br />
fatta per passione, in strada.<br />
Renato era a Comiso negli anni ottanta,<br />
era a Messina quando i quattro gatti<br />
che si opponevano allo scempio del Ponte<br />
sullo Stretto sono piano piano diventati<br />
ventimila e poi sempre di più. E' stato<br />
con i rom e tutti gli emarginati, con le<br />
vittime di mafia come Graziella Campagna<br />
e Attilio Manca, con i ragazzi e le ragazze<br />
del Teatro Pinelli Occupato.<br />
Nel campetto di atletica “ Santamaria “<br />
ex Gil, in quella che una volta era la periferia<br />
sud di Messina, ha allenato generazioni<br />
di <strong>giovani</strong> atleti che lo ricordano<br />
più come un maestro di vita che come un<br />
semplice trainer. Come le centinaia di ragazzi<br />
che lo hanno avuto per insegnante<br />
alle medie, in ore che – fra una canzone<br />
di de Andrè e un ricordo di Don Milani-<br />
sono state molto più che semplice scuola<br />
dell’obbligo.<br />
La candidatura a sindaco di Renato Accorinti<br />
matura in un momento drammatico<br />
della storia messinese. In una città ancora<br />
una volta commissariata, dopo<br />
un’amministrazione di centrodestra sui<br />
cui uomini si addensa un fondato giudizio<br />
di assoluto disinteresse per il bene<br />
comune, tremila cittadini dalle più varie<br />
estrazioni sociali e culturali, firmano una<br />
petizione in cui gli chiedono di mettere<br />
la faccia per la prima volta anche in una<br />
battaglia franca ed esplicita di conquista<br />
delle istituzioni.<br />
E’ l’autunno 2012, quello dello Tsunami<br />
grillino e dello sfacelo politico: il Pd<br />
pensa al fidanzamento con l’Udc sperimentato<br />
a Palazzo dei Normanni, persino<br />
Sel di Nichi Vendola (che Renato non ha<br />
mai nascosto di apprezzare) si limita a rivolgergli<br />
un appello a partecipare alle<br />
primarie. Finisce che, dopo un momento<br />
di incertezza, Accorinti, in una fredda<br />
mattina di gennaio, annuncia la sua corsa<br />
in solitaria a una emozionata e gremita<br />
platea, nel Salone delle Bandiere del municipio<br />
di Messina.<br />
Gruppi parrocchiali, volontariato...<br />
Da quel giorno è un crescendo di adesioni<br />
e di iniziative. Renato batte, come<br />
del resto ha sempre fatto per le innumerevoli<br />
cause per cui si è impegnato, strade<br />
e villaggi. Uno per uno. Rifondazione<br />
Comunista è con lui, così come la galassia<br />
del sindacalismo di base e del movimentismo<br />
messinese. Ma questo schieramento<br />
non si cristallizza in un’etichetta.<br />
Aderiscono a “Cambiare Messina dal<br />
Basso” (come la lista di Accorinti s'è voluta<br />
chiamare) soggetti e personalità non<br />
riconducibili al piccolo mondo della sinistra<br />
antagonista. Molto volontariato cattolico,<br />
molti gruppi parrocchiali di periferia,<br />
intellettuali miti e ragionatori come<br />
l’economista Guido Signorino, la “mente”<br />
accademica del movimento. E soprattutto<br />
la cosiddetta gente comune.<br />
Mai prima d’ora a Messina, per strada,<br />
nei mercatini rionali, nei villaggi in collina,<br />
un candidato dal look così apertamente<br />
“alternativo” era stato applaudito<br />
o perlomeno ascoltato senza pregiudizi<br />
quanto Renato Accorinti.<br />
Ma perché un uomo che a sessant’anni<br />
mantiene l’aspetto gioioso e un po’ naif<br />
degli hippies anni 60 riscuote un successo<br />
così vasto in una città in fondo provinciale<br />
e venata di bigottismo come Messina?<br />
Sicuramente c’entra molto la crisi<br />
del vecchio sistema di potere. Potenti<br />
clientele mantenute nel corso dei decenni<br />
con un sapiente controllo della spesa<br />
pubblica sono in affanno per le ricadute<br />
della crisi del debito sulla realtà siciliana.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 69<br />
Il clan di Totò Cuffaro e quello - tutto<br />
sommato omologo - di Raffaele Lombardo<br />
sono crollati sotto i colpi delle inchieste<br />
giudiziarie e soprattutto per il prosciugamento<br />
delle risorse che alimentavano<br />
stipendifici e fabbriche di privilegi.<br />
Il welfare locale, mai di alto livello, è<br />
definitivamente entrato in affanno a causa<br />
dei debiti che stanno portando le finanze<br />
del Comune sull’orlo del default. a<br />
città è quotidianamente percorsa da cortei<br />
e punteggiata da presidi di lavoratori<br />
disperati, che non hanno più nemmeno<br />
una controparte con cui scontrarsi. I punti<br />
di <strong>maggio</strong>r sofferenza si chiamano Servizi<br />
sociali, Teatro Vittorio Emanuele,<br />
Birra Messina, ATM (trasporti pubblici).<br />
In questo quadro drammatico il Partito<br />
che fu di Bersani non ha saputo nè voluto<br />
candidarsi a rappresentare un’alternativa<br />
credibile, preferendo il piccolo cabotaggio<br />
degli accordi coi pezzi del vecchio potere<br />
in fuga da posizioni discreditate.<br />
Una città da cui si fugge<br />
Se a livello regionale questa strategia<br />
si è concretata nell’esperienza per certi<br />
versi anomala della giunta Crocetta, a<br />
Messina la proposta politica del PD in<br />
sostanza consiste nel patto fra i due golden<br />
boys dei <strong>giovani</strong> Dc anni '80: Francantonio<br />
Genovese e il neo-ministro<br />
Giampiero D’Alia. Troppo poco per una<br />
sinistra priva di memoria e marginale, e<br />
soprattutto troppo poco per una città in<br />
cui si vive male, da cui i <strong>giovani</strong> fuggono<br />
a gambe levate.<br />
Accorinti ai messinesi parla di cose antiche<br />
come la politica come servizio, la<br />
dignità, la qualità della vita. Quando racconta<br />
delle scuole materne di Reggio<br />
Emilia o delle biblioteche pubbliche berlinesi<br />
allude a cose che in un paese civile<br />
sarebbero persino banali ma che in riva<br />
allo stretto sembrano fantascienza.<br />
I cittadini, però, sembrano credergli<br />
davvero. Forse perché prima delle parole<br />
astratte l’esperienza politica di Renato è<br />
costruita sulla quotidianità di una persona<br />
che parla come pensa e agisce allo<br />
stesso modo.