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maggio 2013 - I Siciliani giovani

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Un percorso formativo<br />

Il laboratorio<br />

Il giornalismo antimafioso esiste. È una<br />

combinazione di conoscenza, abilità stilistica<br />

e sensibilità civile che fa i conti con<br />

un vuoto di spazio nel sistema informativo<br />

mainstream. Un vuoto che si fatica a<br />

colmare, però, e questo è paradossale. Di<br />

più: è inaccettabile, a Milano, capoluogo<br />

della Lombardia colonizzata dalla<br />

‘ndrangheta. Da questa premessa prende<br />

le mosse il laboratorio di giornalismo antimafioso.<br />

Ideato dal professor Nando<br />

dalla Chiesa, la redazione di Stampo Antimafioso<br />

si è cimentata nel ruolo di tutor.<br />

Universitari, una studentessa liceale,<br />

un paio di giornalisti, un maresciallo dei<br />

carabinieri: loro sono gli iscritti che, da<br />

gennaio a marzo, hanno ripercorso la storia<br />

del giornalismo antimafioso, si sono<br />

misurati con i generi della scrittura, hanno<br />

ragionato sulle sfide poste dal giornalismo<br />

digitale. Ma soprattutto hanno capito<br />

che non si può scrivere di mafia senza<br />

averla studiata. E che non basta studiarla:<br />

è importante anche imparare a<br />

raccontarla. Contro l’invisibilità, saper<br />

nominare la mafia per denunciarla.<br />

Servitori dello Stato<br />

La forza dell'onestà<br />

di Giorgia Venturini<br />

Parlare di mafia vuol dire anche raccontare<br />

di chi ha sempre creduto nel riscatto<br />

di un popolo onesto. Vuol dire non dimenticare<br />

persone come Nino Agostino,<br />

il poliziotto ucciso a Palermo da .<br />

Talmente ignoti che lo stesso Totò<br />

Riina aprì un inchiesta interna a Cosa<br />

Nostra per scoprire chi sparò. Ha giurato<br />

sul nome del figlio, Vincenzo Agostino,<br />

padre di Nino. Ha giurato che finché la<br />

giustizia non gli darà un colpevole, lui, la<br />

sua barba non se la taglierà mai. Ancora<br />

dopo anni, però, quella barba, è sempre<br />

più bianca e più lunga.<br />

www.isiciliani.it<br />

La facoltà di Scienze Politiche.<br />

Salvatore Borsellino<br />

di Silvia Macellaro<br />

"...C’è un uomo poi, un uomo che resta<br />

sulle sue, nascosto rispetto agli altri; forse<br />

per cercare conforto in un ricordo, forse<br />

per rabbia. Un uomo con le spalle ricurve,<br />

con le braccia che cadono lungo i<br />

fianchi e con la testa<br />

china sul pavimento. È Salvatore Borsellino.<br />

Una testimonianza forte, dura,<br />

“un pugno nello stomaco”. Una memoria,<br />

la sua, che non è stata solo ricordo, è<br />

stata lotta, è stata ricerca della verità,<br />

benché questa non sia mai stata trovata.<br />

Rabbia, foga, sete di giustizia nelle sue<br />

parole. Un nodo alla gola, la voce spezzata<br />

dal dolore e una lacrima che gli segna<br />

il viso: “Paolo Borsellino è vivo”. Lo<br />

sdegno nei confronti delle istituzioni, il<br />

rammarico per un fratello ucciso due volte:<br />

una prima dalla mafia e una seconda<br />

dall'omertà delle persone. Un’omertà che<br />

ha massacrato ripetutamente chi era già<br />

stato ammazzato, celando con il silenzio<br />

quelle verità forse troppo sconvenienti."<br />

Stampo antimafioso<br />

- pag. II<br />

Ricordare,<br />

sempre e ovunque<br />

Percorsi di Memoria<br />

di Gemma Ghiglia<br />

L'ultimo intervento, il più toccante, è di<br />

Salvatore Borsellino. Il punto del suo discorso<br />

è semplice e chiaro: la memoria<br />

come lotta. Lotta contro un sistema:<br />

"Troppo spesso il più grande vilipendio<br />

delle Istituzioni è stato fatto dalle stesse<br />

persone che lavorano per esse". Lotta insieme<br />

a chi dopo la morte di Paolo ha<br />

avuto il coraggio di dire, a Palermo, "Io<br />

sono contro la mafia".avuto il coraggio<br />

di dire, a Palermo, "Io sono contro la mafia".<br />

Dopo vent'anni l'urgenza comunicativa<br />

è ancora irreprimibile, il ricordo ancora<br />

intenso, la lotta ancora accesa. Si<br />

alza in piedi, con il braccio e nella mano<br />

una delle sue agende rosse: la pagina è<br />

aperta su una foto del fratello. Alta, visibile<br />

a tutti.<br />

Un gesto che vale più di ogni parola.<br />

La memoria è lotta<br />

di Adriana Varriale<br />

Milano, 22 febbraio. Presentazione del<br />

Coordinamento lombardo dei familiari<br />

delle vittime di mafia<br />

A conclusione della serata interviene<br />

Salvatore Borsellino, fratello di Paolo.<br />

Per lui la memoria è la lotta contro coloro<br />

che gli hanno portato via il fratello e<br />

non permettono giustizia. Ricorda come<br />

l’omicidio di Paolo non fu una morte di<br />

mafia bensì una morte di Stato. Riporta<br />

alle menti dei presenti gli attimi successivi<br />

la morte del fratello, ricordando la<br />

scomparsa dell’agenda rossa su cui probabilmente<br />

si sarebbero trovati i mandanti<br />

dell’omicidio. Un discorso commovente<br />

e coinvolgente, una narrazione quasi<br />

urlata di quello che accadde. “La memoria<br />

è lotta” e Salvatore Borsellino lotta<br />

per la verità.<br />

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