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Luglio - Settembre Bollettino - Diocesi di Rimini

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<strong>Bollettino</strong> Diocesano 2010 - n.3<br />

za sponde, <strong>di</strong> un mistero sconfinato. E’ come una voragine senza fondo, come<br />

un crepaccio riarso <strong>di</strong> Assoluto: un baratro è l’uomo e il suo cuore un abisso<br />

(Sal 64,10). Circoscritto nei suoi limiti, illimitato nelle sue aspirazioni, il cuore<br />

umano risulta malato <strong>di</strong> una patologia grave: il narcisismo. Il peccato delle origini<br />

ha ferito il cuore dell’uomo, facendolo ripiegare su se stesso e illudendolo<br />

<strong>di</strong> poter trovare una felicità tutta per sé, senza Dio e senza gli altri. Ma essere<br />

felici da soli non è <strong>di</strong>fficile: è impossibile. Se vivere è con<strong>di</strong>videre la vita – è<br />

con-vivere - la felicità è nella convivialità delle <strong>di</strong>fferenze. Se la vita terrena non<br />

viene vissuta come un allenamento a mangiare tutti assieme – il mangiare da<br />

soli è <strong>di</strong> una inconsolabile tristezza e <strong>di</strong> una noia ammorbante – quando l’uomo<br />

cade vittima del miraggio <strong>di</strong> poter essere felice da solo, si autocondanna all’infelicità.<br />

Per questo Omero, da qualche parte, <strong>di</strong>ce che l’uomo è “il più infelice <strong>di</strong><br />

quanti animali respirano sulla terra”.<br />

3. Acuto esploratore delle abissali profon<strong>di</strong>tà del cuore umano, Don Giussani<br />

ha messo magistralmente in luce la <strong>di</strong>namica del desiderio della felicità. Lo<br />

ha fatto con un racconto che verrebbe da intitolare “la parabola della piazza”.<br />

Un gruppo <strong>di</strong> gente si ritrova a parlare nella piazzetta del villaggio. Passa uno, si<br />

ferma a parlare con loro, <strong>di</strong>cono: “Quest’uomo è meraviglioso”. Scocca la scintilla<br />

del desiderio: il desiderio che quell’uomo lì rimanga, che quell’uomo lì metta<br />

a posto le faccende <strong>di</strong> casa, che quell’uomo lì risponda a urgenze, emergenze,<br />

attese. La fede nasce come riconoscimento <strong>di</strong> una Presenza eccezionale: Cristo.<br />

L’esperienza dell’incontro con la sua presenza fa scaturire nel cuore dell’uomo<br />

un desiderio circa il futuro: il desiderio che le attese più alte si compiano.<br />

Ma come può questo desiderio <strong>di</strong>ventare speranza, incrollabile certezza che il<br />

desiderio nel futuro si compirà? La certezza che questo accadrà può derivare<br />

soltanto dalla fede, “solo in quanto uno si abbandona, si fida e si abbandona<br />

alla Presenza che la fede ha in<strong>di</strong>cato”. Insomma il desiderio non è autogarantito<br />

contro l’infortunio <strong>di</strong> non avverarsi, ma <strong>di</strong>venta sicuro <strong>di</strong> sé, che cioè si attui<br />

quello che il cuore desidera perché la grande Presenza non solo ha suscitato il<br />

desiderio, ma ha promesso che si compirà. Infatti la grande Presenza coincide<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto e <strong>di</strong> fatto con la grande Promessa (Si può vivere così?, pp. 188-194).<br />

4. Facciamo un ultimo passo. La domanda posta a Gesù era: Sono pochi<br />

quelli che si salvano? Gesù non risponde sul numero dei salvati, ma sulle con<strong>di</strong>zioni,<br />

che si riassumono in una sola, irrinunciabile: bisogna sforzarsi <strong>di</strong> passare<br />

per la porta stretta. La porta del Regno è fatta con le assi che vengono dall’albero<br />

della croce, ma è stretta, perché ha per misura quella del Dio fatto bambino.<br />

Ecco la con<strong>di</strong>zione per passare per la porta stretta: <strong>di</strong>ventare come bambini,<br />

farsi piccoli; lasciare fardelli e bagagli; sgonfiarsi <strong>di</strong> presunti meriti e <strong>di</strong> immaginari<br />

titoli <strong>di</strong> cre<strong>di</strong>to; alleggerirsi <strong>di</strong> ansie, affanni e angosce; svuotarsi <strong>di</strong> rabbie,<br />

sgombrarsi <strong>di</strong> amarezze. Altrimenti ci sentiremo <strong>di</strong>re: “Voi, non so <strong>di</strong> dove siete”.<br />

Ma come, tutta la vita a cercarti, ad ascoltarti, a celebrarti, e ora tu ci allontani?<br />

Niente da fare: possiamo bussare quanto vogliamo, ma la porta rimane ineluttabilmente<br />

chiusa, desolatamente sprangata. Come fare allora per essere<br />

riconosciuti dal Signore? Io vengo riconosciuto da lui, se lui potrà specchiarsi in<br />

me, se nel mio cuore troverà tracce e riflessi del Figlio, fatto piccolo bambino,<br />

Atti del Vescovo

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