16.04.2014 Views

Cardiologia negli Ospedali n° 160 Novembre/Dicembre 2007 - Anmco

Cardiologia negli Ospedali n° 160 Novembre/Dicembre 2007 - Anmco

Cardiologia negli Ospedali n° 160 Novembre/Dicembre 2007 - Anmco

SHOW MORE
SHOW LESS

Create successful ePaper yourself

Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.

Fig.3<br />

Fig.4<br />

REPORTAGE DAL CONGRESSO ESC<br />

di emodinamica entro la finestra<br />

temporale di 90 minuti raccomandata<br />

dalle linee guida. È stata quindi<br />

sviluppata l’ipotesi che un precoce<br />

intervento farmacologico aggiuntivo<br />

alla PCI, per migliorare il flusso coronarico,<br />

potesse migliorare la prognosi.<br />

Già però nello studio ASSENT-4<br />

PCI, pubblicato nel 2006, si era<br />

visto che i pazienti randomizzati al<br />

trattamento tenecteplase seguito poi<br />

da PCI mostravano un incremento<br />

di mortalità intraospedaliera rispetto<br />

al gruppo di controllo trattato con la<br />

sola PCI.<br />

Lo studio FINESSE riprende lo stesso<br />

approccio utilizzando un diverso<br />

regime terapeutico (Figura 1). Sono<br />

stati randomizzati 2.453 pazienti (in<br />

20 nazioni, nel periodo 2002-2006)<br />

con STEMI suddivisi in 3 gruppi. I<br />

primi 2 gruppi venivano trattati con<br />

due diversi regimi di facilitazione alla<br />

PCI: somministrazione precoce di<br />

dose ridotta di reteplase e abciximab<br />

(n = 828) o abciximab da solo (n =<br />

818). Entrambi i trattamenti venivano<br />

poi completati con PCI. Il terzo<br />

gruppo (n = 806) veniva trattato con<br />

PCI primaria, con utilizzo routinario<br />

di abiciximab nel laboratorio di<br />

emodinamica, appena prima della<br />

procedura di rivascolarizzazione.<br />

L’end-point primario a 90 giorni<br />

(morte, riospedalizzazione per scompenso<br />

cardiaco, shock cardiogeno,<br />

fibrillazione ventricolare rianimata)<br />

non mostrava significative differenze<br />

nei 3 gruppi, nonostante la documentazione<br />

di un miglior flusso<br />

coronarico alla coronarografia basale<br />

nei due bracci della terapia combinata<br />

(Figura 2). Invece i sanguinamenti<br />

furono più numerosi nel gruppo<br />

facilitazione reteplase/abciximab, seguiti<br />

da quello facilitato abiciximab,<br />

rispetto al gruppo trattato con PCI<br />

primaria con abciximab nel cath lab<br />

(Figura 3).<br />

Le conclusioni dello studio confermano<br />

i dati precedenti, cioè che<br />

la terapia di facilitazione (sia con<br />

trombolitico, che con abiciximab, da<br />

solo o in associazione con metà dose<br />

di trombolitico) non è più efficace rispetto<br />

alla PCI primaria (con utilizzo<br />

pre-PCI di abciximab in cath-lab).<br />

CARESSE in AMI<br />

Valutazione randomizzata relativa<br />

al trasferimento di routine per PCI<br />

urgente verso la gestione locale di<br />

pazienti ricoverati con STEMI in<br />

centri senza emodinamica, inizialmente<br />

trattati con reteplase, eparina<br />

e abciximab. Il CARESS, quindi,<br />

mette a confronto due strategie, una<br />

di angioplastica facilitata (eparina<br />

+ abciximab + reteplase nel centro<br />

senza PCI e quindi immediato<br />

trasferimento per PCI verso eparina<br />

+ abciximab + reteplase e gestione locale<br />

con trasferimento solo in caso di<br />

PCI rescue). I pazienti che venivano<br />

trasferiti per PCI immediatamente<br />

dopo la terapia farmacologia avevano<br />

minor incidenza di eventi combinati<br />

(morte, nuovo infarto miocardico,<br />

angina refrattaria) a 30 giorni<br />

rispetto al gruppo gestito localmente<br />

(4.1% vs 11.1%, p< 0.001) (Figura<br />

4). Questo vantaggio, dovuto essenzialmente<br />

ad una marcata riduzione<br />

dell’evento ischemia refrattaria, era<br />

presente nonostante il fatto che il<br />

36% dei pazienti inizialmente gestiti<br />

localmente fosse poi stato trasferito<br />

per PCI rescue.<br />

Secondo Vergheut, che ha discusso<br />

lo studio, i risultati dimostrano che<br />

i pazienti con STEMI ricoverati in<br />

ospedale senza possibilità di PCI,<br />

hanno beneficio dall’immediato<br />

trasferimento ad un centro con<br />

possibilità di PCI, dopo aver ricevuto<br />

un trattamento farmacologico<br />

trabolitico, e che di conseguenza<br />

le linee guida sulla PCI dovrebbero<br />

essere modificate nel senso che tutti<br />

i pazienti con STEMI dovrebbero<br />

essere immediatamente trasferiti per<br />

PCI, dopo la somministrazione della<br />

terapia trombolitica.<br />

Questo studio, insieme ad altri numericamente<br />

piccoli, precedentemente<br />

pubblicati (GRACIA-1, SIAM III,<br />

CAPITAL-MI), conferma il dato che<br />

una PCI precoce dovrebbe essere eseguita,<br />

di routine, dopo la trombolisi.<br />

Sono però necessari studi randomizzati<br />

per chiarire la problematica del<br />

tempo ottimale della PCI (2.5 ore nel<br />

CARESS vs 17 ore dopo la trombolisi<br />

nel GRACIA).<br />

STENT MEDICATI<br />

La controversia continua?<br />

Al congresso Mondiale di Barcellona<br />

dello scorso anno avevano suscitato<br />

grande scalpore i dati relativi al follow-up<br />

a lungo termine dei pazienti<br />

trattati con gli stent medicati di<br />

prima generazione, Cypher e Taxus,<br />

con le metanalisi di Cammenzind e<br />

Nordmann che avevano dimostrato<br />

un eccesso di mortalità e di trombosi<br />

molto tardiva correlata all’uso dei<br />

DES. Da allora si è aperto un ampio<br />

dibattito nella comunità scientifica<br />

cardiologica e sono stati pubblicati<br />

altri dati.<br />

Il tema, a distanza di un anno, è<br />

29

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!