Cardiologia negli Ospedali n° 160 Novembre/Dicembre 2007 - Anmco
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REPORTAGE DAL CONGRESSO ESC<br />
32 arteriosa e lo scompenso destro.<br />
Tuttavia per semplicità è anche stata<br />
proposta la classificazione in scompenso<br />
cronico riacutizzato e scompenso<br />
acuto de novo. I pazienti con<br />
scompenso cronico riacutizzato sono<br />
il 62% e differiscono in maniera<br />
significativa da quelli con scompenso<br />
de novo per la maggiore presenza<br />
di malattia coronarica nota, diabete<br />
mellito, ipertensione, fibrillazione<br />
atriale, insufficienza renale, anemia,<br />
BPCO, valvulopatia. I due gruppi<br />
differiscono anche per la causa<br />
precipitante, che risulta essere una<br />
sindrome coronarica acuta nel 42%<br />
dei casi nei pazienti con scompenso<br />
de novo, contro il 23% nei pazienti<br />
con scompenso riacutizzato, mentre<br />
in questi ultimi una delle cause precipitanti<br />
più frequenti continua ad essere<br />
la scarsa compliance alla terapia<br />
(31%). Il dato impone una continua<br />
riflessione sulla necessità di implementare,<br />
in ogni realtà, programmi<br />
di gestione dello scompenso cardiaco<br />
anche nella fase extraospedaliera. La<br />
mortalità ospedaliera risulta elevata<br />
(6.6%), maggiore nei pazienti con<br />
scompenso de novo rispetto a quelli<br />
con scompenso riacutizzato (8.1 vs<br />
5.8%), ma questa tendenza si inverte<br />
ad un anno, quando sono i pazienti<br />
con scompenso cardiaco riacutizzato<br />
ad avere una maggiore mortalità.<br />
La mortalità intraospedaliera risulta<br />
molto alta nello shock (39%), mentre<br />
lo scompenso con ipertensione<br />
risulta avere una buona prognosi, sia<br />
ospedaliera (mortalità 1.5%) che a<br />
distanza. Fattori predittivi di mortalità<br />
sono l’età, la creatinina elevata, la<br />
pressione arteriosa inferiore a 110,<br />
l’iposodiemia, il diabete e il pregresso<br />
infarto, mentre sono fattori protettivi<br />
l’assunzione di ACE inibitori e<br />
betabloccanti.<br />
In una sessione sulla classificazione<br />
dello scompenso acuto, sulla base<br />
dei dati della Euro Heart Survey on<br />
Heart Failure II, è stata giudicata<br />
come valida nella sua semplicità la<br />
classificazione in scompenso cardiaco<br />
riacutizzato e scompenso de novo,<br />
ma si è ribadito che solo le 7 classi<br />
proposte dalle Linee Guida ESC 2005<br />
possono essere utili a fini descrittivi,<br />
terapeutici e prognostici.<br />
Per quanto riguarda la valutazione<br />
dei pazienti i dati della Survey evidenziano<br />
ancora discrepanze rispetto<br />
alle linee guida: solo nel 62 % dei<br />
pazienti osservati è stata effettuata<br />
la misurazione della troponina, e<br />
l’ecocardiogramma è stato eseguito<br />
nel 71% dei pazienti. Sono, inoltre,<br />
ancora sotto utilizzati i vasodilatatori<br />
(nel 70% dei casi con edema polmonare<br />
acuto), la coronarografia<br />
(effettuata nel 50% dei casi con diagnosi<br />
di sindrome coronarica acuta)<br />
e la conseguente rivascolarizzazione<br />
miocardica, la terapia betabloccante<br />
alla dimissione (61%) e l’impianto<br />
di ICD (5.8% a tre mesi nei pazienti<br />
con FE < 30%).<br />
La CPAP riduce la mortalità nell’edema<br />
polmonare acuto?<br />
Sempre sullo scompenso acuto<br />
nell’ambito della sessione delle Hot<br />
Line sono stati presentati i risultati<br />
dello studio 3CPO sull’efficacia<br />
della ventilazione non invasiva nei<br />
pazienti con edema polmonare acuto<br />
cardiogeno. In letteratura era già<br />
stata dimostrata in passato l’efficacia<br />
della ventilazione non invasiva nella<br />
Fig. 8<br />
riduzione dell’acidosi, della frequenza<br />
cardiaca e respiratoria rispetto al<br />
trattamento con ossigeno in maschera.<br />
Una metanalisi pubblicata nel<br />
2005 indicava una riduzione anche di<br />
mortalità del 50% (dal 22 all’11%),<br />
ma gli studi erano eterogenei e di<br />
piccole dimensioni. Lo studio 3CPO<br />
ha randomizzato 1069 pazienti con<br />
edema polmonare acuto in 26 dipartimenti<br />
di emergenza nel Regno<br />
Unito, allo scopo di valutare l’efficacia<br />
e la sicurezza della ventilazione<br />
non invasiva e se questo trattamento<br />
sia in grado di ridurre la mortalità.<br />
I pazienti sono stati randomizzati a<br />
terapia con ossigeno, CPAP (ventilazione<br />
continua a pressione positiva)<br />
e NIPPV (ventilazione non invasiva<br />
a pressione positiva). I parametri<br />
clinici (acidosi, frequenza cardiaca e<br />
respiratoria) ad un’ora risultano migliorati<br />
nei pazienti trattati con CPAP<br />
o NIPPV rispetto a quelli trattati con<br />
ossigeno, mentre la mortalità a 7 e 30<br />
giorni non è risultata differente tra<br />
i tre gruppi (Figura 8). Non si sono<br />
osservate differenze tra la CPAP e la<br />
NIPPV, che che è stata, però, meno<br />
tollerata. E’ interessante inoltre osservare<br />
che la percentuale di pazienti<br />
con edema polmonare arruolati nello<br />
studio che rispondevano all’attuale<br />
definizione di infarto miocardico<br />
(definito o probabile) arriva quasi al<br />
50%.<br />
VALVULOPATIE<br />
Le valvulopatie sono un problema in<br />
estinzione ?<br />
Enriquez Serano ha evidenziato<br />
come le valvulopatie siano ben lungi<br />
dall’essere un problema in estinzione:<br />
attualmente il 2.5 % della