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capitolo 4.pdf - Confindustria

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di lavoro interessato di reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro e di corrispondergli<br />

le retribuzioni arretrate non percepite. L’opzione della reintegrazione<br />

può essere sostituita dal pagamento di una indennità pari a 15 mensilità<br />

ma solo su richiesta del lavoratore.<br />

La possibilità di reintegrazione (o istituti analoghi) è prevista, almeno<br />

in via di principio, anche nella maggior parte degli altri paesi europei<br />

ma, a differenza del caso italiano, il datore di lavoro ha quasi sempre<br />

la facoltà di opporsi al reinserimento del lavoratore nel proprio organico<br />

per l’impossibilità della continuazione del rapporto. È il caso ad esempio<br />

della Germania in cui, nell’ipotesi di licenziamento ingiustificato, la<br />

tutela reale è in linea di principio garantita dal fatto che il rapporto di<br />

lavoro si considera come non interrotto e il lavoratore ha diritto a tutte<br />

le retribuzioni arretrate. Tuttavia, qualora non vi sia più interesse alla<br />

prosecuzione del rapporto di collaborazione sia il datore che il lavoratore<br />

possono optare per una indennità sostitutiva pari a 18 mensilità. Analogamente<br />

in Francia il giudice può stabilire la reintegrazione, ma entrambe<br />

le parti in causa possono rifiutarla. Gli unici paesi che, al pari dell’Italia,<br />

legano la possibilità del reintegro alla sola volontà del lavoratore sono<br />

l’Austria e il Portogallo.<br />

I LAVORATORI NON COPERTI DALL’ARTICOLO 18<br />

DELLO STATUTO DEI LAVORATORI<br />

Le classifiche dell’Ocse posizionano l’Italia tra i paesi più rigidi in materia di regolamentazione<br />

del mercato del lavoro. Nel contempo, l’Italia si caratterizza tradizionalmente nel confronto<br />

europeo per la forte incidenza dell’occupazione autonoma (circa il 27% dell’occupazione totale rispetto<br />

ad una media europea del 14%) e del lavoro nero (circa il 15% secondo le ultime stime dell’Istat)<br />

e per la prevalenza delle imprese di piccola dimensione. Tutti questi fenomeni possono essere,<br />

almeno in parte, interpretati come una risposta alla eccessiva rigidità del mercato del lavoro.<br />

Le normative a cui si fa normalmente riferimento per misurare il grado di rigidità dei rapporti<br />

di lavoro riguardano in modo pressochè esclusivo i lavoratori dipendenti a carattere permanente,<br />

occupati nelle imprese con più di 15 dipendenti; i c.d. insiders.<br />

Nella tavola seguente si è cercato di quantificare il fenomeno dell’occupazione non coperta dalle<br />

tutele dello Statuto dei lavoratori. In particolare si è cercato di individuare quella parte di occupazione<br />

che per legge (i dipendenti delle imprese fino a 15 dipendenti, i lavoratori temporanei<br />

così come i lavoratori delle associazioni di rappresentanza di interessi) o per natura intrinseca (i<br />

lavoratori autonomi e quelli irregolari) non rientra nell’area di applicazione dell’articolo 18.<br />

L’individuazione delle varie categorie non coperte da questa particolare norma richiede tuttavia<br />

la combinazione di informazioni non sempre omogenee in quanto desunte da basi statistiche<br />

differenti. In particolare è stato necessario ricorrere a tre fonti principali di dati: la contabilità nazionale<br />

che rappresenta l’unica base informativa per quantificare il peso dei lavoratori irregolari;<br />

l’indagine sulle forze di lavoro per calcolare il numero di occupati con contratto a termine; il censimento<br />

industria e servizi per individuare il numero di lavoratori nelle imprese con meno di 16<br />

dipendenti. L’eterogeneità delle fonti utilizzate comporta naturalmente un certo grado di cautela<br />

nel confronto dei vari aggregati. In primo luogo, la definizione di occupati della contabilità nazionale<br />

è diversa da quella adottata nelle forze di lavoro: mentre queste ultime rilevano esclusivamente<br />

la popolazione residente, la contabilità nazionale utilizza una definizione di occupati più ampia<br />

(c.d. occupati interni) che include tutte le persone, dipendenti ed indipendenti, che esercitano<br />

un’attività produttiva sul territorio nazionale a prescindere dalla propria residenza, inclusi i lavoratori<br />

in Cassa integrazione 8 . Ciò si traduce in un forte divario fra gli occupati (residenti) misurati<br />

dall’indagine sulle forze di lavoro (circa 21,5 milioni di lavoro nel 2001) e quelli stimati dalla<br />

contabilità nazionale (circa 23,5 milioni).<br />

8<br />

A differenza dell’indagine sulle forze di lavoro, l’occupazione di contabilità nazionale include anche gli<br />

occupati dimoranti in convivenze e i militari di leva.<br />

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