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FUORI DI PENNA<br />
Satira creativa<br />
Mistico brand<br />
L’Italian Style, a dispetto della crisi,<br />
continua a dettar legge nel mondo.<br />
Alla regola non si sottrae nemmeno<br />
l’Italia dello <strong>sport</strong>, con gruppi alla<br />
moda, che adorano la moda. Non mancano<br />
le interpretazioni innovative del prodotto<br />
<strong>sport</strong>ivo, la venerazione dei negozi monobrand<br />
e i pellegrinaggi nei factory outlet<br />
L’Italia vive un drammatico<br />
periodo di transizione<br />
che sovverte<br />
schemi atavici. I segni del<br />
cambiamento si notano un po’<br />
ovunque. Alcuni più significativi,<br />
altri meno ma che non si possono<br />
comunque ignorare. Anche<br />
il mondo dell’abbigliamento e<br />
dell’articolo <strong>sport</strong>ivo è attraversato<br />
da questo vento di novità e i segnali che<br />
qualcosa stia mutando sono ben percepibili.<br />
All’ultima riunione degli industriali per<br />
discutere il rilancio del Paese, sulle note<br />
dell’inno di Mameli, alcuni convenuti hanno<br />
modificato la strofa “Fratelli d’Italia, l’Italia<br />
s’è desta” con “Consumers d’Italia, l’Italia<br />
si vesta”.<br />
Un segnale forte che vuole dimostrare come<br />
la strana corrente di pensiero stia contaminando<br />
tutti gli strati della società. Basti<br />
pensare che tra i programmi elettorali è<br />
stato scritto espressamente che senatori e<br />
deputati debbano avere l’obbligo di vestire<br />
in maniera consona, ovvero con tenuta invernale<br />
e cambio outdoor estivo, in linea<br />
con l’appartenenza a ministeri e commissioni.<br />
Vista la situazione di crisi, la tenuta<br />
freeride è l’ideale o – in alternativa – quella<br />
survival, stile outdoor; è comunque ormai<br />
vivamente consigliato uno scarpone d’alta<br />
quota in caso di neve su Roma, ormai fatto<br />
frequente.<br />
Stessa situazione anche nell’economia,<br />
dove rampanti manager si stanno presen-<br />
tando in ufficio con l’imbracatura per registrare<br />
migliori performance durante le scalate<br />
dei mercati. Qualcuno, saggiamente, si<br />
porta dietro l’attrezzatura da parapendio<br />
per le cadute a picco di Piazza Affari.<br />
Altrove, nelle cucine di blasonati ristoranti,<br />
alcuni chef consigliano tute da sci per<br />
compiere uno slalom più efficace tra maionese<br />
e crema pasticcera, e già si sprecano<br />
i caschi da discesa libera per i disoccupati<br />
che si buttano a capofitto nella ricerca di<br />
un lavoro. Gli esodati optano per le protezioni,<br />
visto che colpi dalla vita ne hanno già<br />
presi e gli ultimi li hanno trovati troppo<br />
stanchi e provati per tentare un recupero. I<br />
giovani si affidano al downhill, certi di<br />
schiantarsi da qualche parte, a patto che la<br />
prognosi sia lunga in modo da avere una<br />
giustificazione del fatto che dopo anni sono<br />
ancora precari. Gli operai, dal canto<br />
loro, prediligono un intimo tecnico che gli<br />
consenta di preservare, se non il posto di<br />
lavoro, almeno la propria temperatura corporea,<br />
visto lo stipendio piuttosto fluttuante<br />
e la cassa integrazione che alita loro sul<br />
collo.<br />
Uno scenario quasi apocalittico che nasconde<br />
la realtà di un malessere sociale<br />
profondo in cui sta gettando le radici un<br />
nuovo credo religioso. Se infatti l’Italia è<br />
famosa nel mondo per il proprio stile, la<br />
moda sembra essere un’àncora di salvezza<br />
da cui si stanno propagando nuove credenze.<br />
Dopo anni di fede assoluta nella<br />
bellezza e nel valore delle produzioni<br />
italiane, la commistione<br />
con elementi esteri e la colonizzazione<br />
industriale dell’Oriente hanno<br />
generato un nuovo misticismo<br />
che sta raccogliendo migliaia<br />
di adepti.<br />
Questa setta non si è ancora<br />
presentata ufficialmente, ma la definizione<br />
di “fashion victim” pare il termine più accreditato.<br />
Questi (mis)credenti girano forsennati<br />
con un bisogno irrefrenabile di soddisfare<br />
la propria fede, lanciandosi in un rito<br />
sfrenato che chiamano “Shopping”. Prendono<br />
i sacramenti attraverso grandi buste<br />
di plastica e cartone, impegnando le proprie<br />
mani e sopportando immani fatiche<br />
pur di accaparrarsi i propri oggetti santi.<br />
Compiono estenuanti camminate nei centri<br />
storici, i più ferventi anche su calzature<br />
scomode e dal tacco vertiginoso, per elevarsi<br />
al proprio dio e innalzare la preghiera<br />
come dalla guglia di una cattedrale gotica.<br />
Si flagellano i polsi con i manici delle shopping<br />
bag, una sorta di oggetto di tortura<br />
che ha sostituito il cilicio.<br />
Adoranti davanti a luminose vetrine che richiamano<br />
i rosoni variopinti delle chiese<br />
antiche, ascoltano la parola dei loro nuovi<br />
sacerdoti, abili commessi indottrinati e indottrinatori.<br />
Costoro portano al volgo la<br />
parola della holding, espongono i prodigi<br />
delle reliquie e insegnano alle fashion victim<br />
quale via percorrere per la santità, nascosta<br />
in un paio di sneakers o in un capo<br />
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