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parola di dio e dottrina degli uomini - CENTRO STUDI BIBLICI "G ...

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considerino tutti quanti signori. E Gesù per evitare che fraintendano il suo gesto chiede:<br />

capite bene ciò che vi ho fatto<br />

13 Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e <strong>di</strong>te bene perché io lo sono. Gesù è il<br />

maestro perché insegna. Cosa insegna Insegna la libertà. E’ il Signore perché dà la forza<br />

per farlo nel servizio e <strong>di</strong>ce: bene, (Gesù quin<strong>di</strong> come maestro insegna ad amare e<br />

servire, come Signore comunica la forza d’amare) allora <strong>di</strong>ce Gesù,<br />

14 Se dunque io ho lavato i vostri pie<strong>di</strong>, il Signore, il Maestro, allora anche voi<br />

dovete lavarvi i pie<strong>di</strong> gli uni agli altri. Il verbo dovere adoperato dall’evangelista è quello<br />

dalla cui ra<strong>di</strong>ce si forma poi il termine debito. Lavare i pie<strong>di</strong> all’altro non è uno sfoggio della<br />

propria virtù, uno sfoggio della propria santità, ma è un debito che si ha nei confronti<br />

dell’altro. Quin<strong>di</strong> quando noi per amore liberamente, volontariamente serviamo gli altri non<br />

facciamo uno sfoggio: guarda quanto sono bravo, ti do l’esempio, ma non è altro che<br />

pagare un debito che ho nei tuoi confronti. Quando questo non è fatto, la comunità va in<br />

rovina. Una casa, una famiglia, dove i debiti anziché essere cancellati, si accumulano è<br />

una casa che va in rovina.<br />

Allora l’evangelista qui è molto chiaro. L’espressione sarà ripresa poi da S. Paolo ai<br />

Romani 13,8 dove <strong>di</strong>rà: non abbiate nessun debito se non l’amore gli uni verso gli altri.<br />

Quin<strong>di</strong> lavare i pie<strong>di</strong> all’altro, cioè liberamente per amore, servire gli altri, non è una virtù,<br />

ma un dovere che si ha nei confronti dell’altro. Quin<strong>di</strong> quando io per amore mi metto al<br />

servizio <strong>degli</strong> altri, dono agli altri, non faccio nulla <strong>di</strong> speciale, non ho fatto altro che<br />

assolvere un debito.<br />

15 E <strong>di</strong>ce Gesù: vi ho dato infatti un esempio perché come io ho fatto a voi anche<br />

voi facciate. Il termine greco che traduciamo con esempio non rende abbastanza il<br />

termine originale. Non ha il significato <strong>di</strong> modello, ma <strong>di</strong> un segno per far vedere, è un far<br />

vedere che rende capace l’altro <strong>di</strong> fare quello che ha visto, cioè è un dono che genera il<br />

comportamento dei <strong>di</strong>scepoli, cioè Gesù comunica la sua forza ai <strong>di</strong>scepoli perché i<br />

<strong>di</strong>scepoli abbiano la capacità <strong>di</strong> fare la stessa cosa. E continua Gesù:<br />

16 in verità, in verità vi <strong>di</strong>co, un servo non è più grande del suo signore, né un<br />

inviato è più grande <strong>di</strong> chi lo ha mandato. Gesù, lavando i pie<strong>di</strong> ai suoi <strong>di</strong>scepoli li ha<br />

innalzati al suo livello. Chi nella comunità pretende <strong>di</strong> essere servito anziché servire, <strong>di</strong><br />

fatto si mette superiore a Gesù stesso. Gesù, è chiaro non considera i suoi <strong>di</strong>scepoli i<br />

servi, ma adoperando una espressione proverbiale vuol mettere in guar<strong>di</strong>a chi cerca <strong>di</strong><br />

prevaricare sugli altri.<br />

Nessuno nella comunità si reputi superiore all’altro e pretenda che l’altro sia al proprio<br />

servizio. Ed ecco la conclusione <strong>di</strong> questa parte:<br />

17 se capite queste cose siete beati se le fate. Nel vangelo <strong>di</strong> Giovanni ci sono due sole<br />

beatitu<strong>di</strong>ni. L’una in rapporto all’altro. La prima qui nel servizio. Dice Gesù: se avete capito<br />

queste cose siete beati se le fate. L’aver compresa l’azione <strong>di</strong> Gesù lo si <strong>di</strong>mostra soltanto<br />

dal tradurlo in atteggiamenti concreti. Per Gesù, la felicità, <strong>di</strong> questo si tratta, beati,<br />

consiste nel servizio e non nel dominio.<br />

Vedete nei vangeli appare, emerge, una cosa molto chiara: la massima aspirazione<br />

<strong>degli</strong> <strong>uomini</strong>, la felicità, coincide con la volontà <strong>di</strong> Dio. Quante volte Gesù nel vangelo<br />

invita le persone ad essere pienamente felici E’ possibile essere pienamente felici qui, in<br />

questa esistenza terrena. Vedete è la religione che avvelenando, rendendo impossibile la<br />

vita qui, ha formulato l’espressione che la felicità non è <strong>di</strong> questo mondo. Siamo nati per<br />

soffrire, ma poi la felicità è <strong>di</strong> nell’al <strong>di</strong> là! Falso! La felicità è possibile averla con pienezza<br />

qui.<br />

Il termine beato si adoperava per la felicità <strong>degli</strong> dei. Sapete che a quell’epoca, gli dei, nel<br />

mondo pagano, avevano dei privilegi dei quali erano estremamente gelosi. Avevano il<br />

privilegio dell’immortalità e il privilegio della felicità. Quando si accorgevano che sulla terra<br />

un in<strong>di</strong>viduo raggiungeva una soglia <strong>di</strong> felicità che a loro sembrava intollerabile<br />

intervenivano con una <strong>di</strong>sgrazia o con un qualcosa, perché l’uomo non poteva essere su<br />

questa terra pienamente felice. E guardate che se sottolineo questo è perché queste idee<br />

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