parola di dio e dottrina degli uomini - CENTRO STUDI BIBLICI "G ...
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d’amore. Non <strong>dottrina</strong>, ma azioni che comunicano vita, questa è la caratteristica<br />
della comunità <strong>di</strong> Gesù. Perché Vedete, la <strong>dottrina</strong> può <strong>di</strong>videre le persone, l’amore che<br />
si fa servizio può unire. La <strong>dottrina</strong> ha bisogno <strong>di</strong> formulazioni <strong>di</strong>verse quanto <strong>di</strong>verse sono<br />
le culture, l’amore che si fa servizio è un linguaggio universale che tutti possono<br />
comprendere. La <strong>dottrina</strong> si può imporre, l’amore si può soltanto offrire. Ecco perché alla<br />
base dell’unico comandamento <strong>di</strong> Gesù c’è un gesto d’amore che comunica vita all’altro.<br />
Questo è il linguaggio universale che tutti possono capire. Vedete se questa è una<br />
<strong>dottrina</strong>, una <strong>dottrina</strong> la possiamo capire noi, ma da un’altra parte della terra sarà <strong>di</strong>fficile<br />
riformularla o farla comprendere nelle stesse maniere e quin<strong>di</strong> una <strong>dottrina</strong> una volta che è<br />
stata stabilita <strong>di</strong>venta già vecchia e ha bisogno sempre <strong>di</strong> nuove formulazioni. L’amore che<br />
si fa servizio viene compreso in tutto l’universo. Una carezza, un abbraccio, un bacio, un<br />
gesto che comunica vita agli altri non ha bisogno <strong>di</strong> formulazioni, ma è compreso da tutti<br />
quanti. Dice Gesù,<br />
35 In questo tutti sapranno che siete miei <strong>di</strong>scepoli, se avrete amore gli uni, per gli<br />
altri. L’amore quando si traduce in servizio <strong>di</strong>venta visibile. Questa manifestazione visibile<br />
è l’unico <strong>di</strong>stintivo dei credenti <strong>di</strong> Gesù. Ripeto la frase <strong>di</strong> Gesù: in questo, cioè nell’amore<br />
che si fa servizio, tutti riconosceranno, sapranno che siete miei <strong>di</strong>scepoli, se avrete amore<br />
gli uni gli altri. Quin<strong>di</strong> l’amore che si traduce in servizio è l’unico <strong>di</strong>stintivo del<br />
credente in Gesù. Ponendo l’amore che si fa servizio come unico <strong>di</strong>stintivo Gesù esclude<br />
qualunque altro <strong>di</strong>stintivo. Quando questo non viene compreso però si sceglie la strada del<br />
surrogato, ed ecco allora che ci sono gli stemmi, le insegne, gli abiti, le decorazioni con i<br />
quali si intende mostrare agli altri che sei in rapporto col Signore, che si è religiosi, ma non<br />
certo seguaci <strong>di</strong> Gesù. Mentre gli abiti o le insegne religiose sono legati a un determinato<br />
linguaggio culturale o sociale, l’amore che si traduce in servizio è un linguaggio universale<br />
che tutti quanti possono comprendere.<br />
Quin<strong>di</strong> l’unico <strong>di</strong>stintivo che Gesù mette come segno <strong>di</strong> appartenenza a lui è un amore che<br />
si fa servizio. Allora per <strong>di</strong>ventare <strong>di</strong>stintivo significa che questo amore che si fa servizio è<br />
non occasionale nella vita del credente, ma un segno abituale. Allora chi è il credente in<br />
Gesù secondo questa formulazione Quella persona alla quale sai che in ogni situazione,<br />
in ogni avvenimento della tua vita, puoi sempre ricorrere perché ti <strong>di</strong>rà sempre <strong>di</strong> sì e non<br />
ti chiuderà mai la porta in faccia. Questo è il <strong>di</strong>stintivo, quin<strong>di</strong> non una occasione, una volta<br />
ogni tanto <strong>di</strong> uno che si mette a servizio, ma l’amore che si fa servizio <strong>di</strong>venta il <strong>di</strong>stintivo<br />
abituale del credente in Gesù.<br />
Abbiamo detto che nell’unico comandamento che Gesù lascia, (non ce ne sono altri,<br />
questo è tutto!, nella comunità <strong>di</strong> Gesù non ci sono altri comandamenti), risalta l’assenza<br />
della richiesta dell’amore per Dio, per Gesù. L’amore <strong>di</strong> Dio è espresso nel credo <strong>di</strong><br />
Israele, lo conosciamo tutti quanti: tu amerai il Signore tuo Dio con tutta l’anima e con tutte<br />
le tue forze, ebbene la novità proposta da Gesù non chiede <strong>di</strong> amare Dio, ma <strong>di</strong><br />
amare come Dio ama. Nell’amore per l’altro si rivela l’amore per Dio.<br />
Nella prima lettera a Giovanni 4,19-20 c’è una affermazione molto importante che<br />
dovremmo sempre tenere presente. Dice l’autore, noi amiamo perché Egli ci ha amato per<br />
primo. Se uno <strong>di</strong>ce: io amo Dio e o<strong>di</strong>a il suo fratello è un bugiardo. Chi infatti non ama il<br />
proprio fratello che vede non può amare Dio che non vede. Quin<strong>di</strong> non si può <strong>di</strong>re che ami<br />
Dio se non ami concretamente, e ricordo l’amore non è reale se non si trasforma in<br />
servizio, il fratello che ve<strong>di</strong>. Quin<strong>di</strong> la novità portata da Gesù è che Dio non è oggetto<br />
dell’amore dell’uomo, ma si fonde con l’uomo per donargli la sua stessa capacità d’amore.<br />
E’ un amore <strong>di</strong> identificazione <strong>di</strong> Dio con l’uomo che si traduce in amore <strong>di</strong> donazione.<br />
Cambia completamente l’itinerario del credente.<br />
Nella religione finora Dio era al traguardo dell’esistenza dell’in<strong>di</strong>viduo, cioè tutto quello che<br />
l’uomo faceva lo doveva fare per Dio, perché Dio era l’obiettivo, il traguardo dove<br />
bisognava arrivare. Allora l’amore, anche l’amore per l’altro non era tanto finalizzato al<br />
bene dell’altro, ma quanto alla ricompensa da parte <strong>di</strong> Dio. Allora si faceva tutto, e tutto il<br />
comportamento del credente era per Dio, per cui voglio bene all’altro, gli faccio bene, ma<br />
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