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ANALISI DEI SITI - CASTELLO DI AGLIÈ, VILLA DELLA REGINA, PALAZZO PREFETTURA, REGGIA DI VENARIA<br />
L’attuale palazzo del Governo, sede di prefettura-UTG, nasce nella prima metà del Settecento come palazzo<br />
delle Regie Segreterie di Stato. Insieme all’Archivio di Stato (già Archivio di Corte) costituisce uno dei<br />
primi esempi, nel mondo occidentale, di architettura nata specificatamente con funzioni amministrative.<br />
Un primo disegno della fabbrica è ascrivibile all’idea generale dell’architetto reale Filippo Juvarra, il quale,<br />
nell’ambito del complessivo ripensamento urbano di piazza Castello e del contestuale allestimento di nuovi<br />
spazi da destinare al governo del neonato Regno sabaudo, delinea planimetricamente un ampio complesso,<br />
strettamente collegato al palazzo reale vero e proprio.<br />
L’idea juvarriana prevede che nel complesso trovino posto le segreterie, gli archivi di corte, il teatro e la<br />
cavallerizza con una complessiva ri-plasmazione della piazza del castello. Bisogna attendere il 1738 e l’intervento<br />
di Benedetto Alfieri, perché la costruzione del palazzo delle Segreterie abbia inizio, secondo un<br />
rinnovato impianto proposto dall’architetto. Se il disegno di Juvarra prevedeva, infatti, la realizzazione di un<br />
lungo corridoio prospiciente il giardino reale, facilitando in tal modo il passaggio dal Palazzo Reale al Teatro<br />
Regio, e garantendo l’affaccio sulla piazza di tutti i locali destinate alle segreterie e ai regi archivi, Alfieri,<br />
invece, riduce il ruolo distributivo di questa lunga galleria. Il nuovo progetto, infatti, prevede un aumento<br />
della profondità della manica ed una contestuale articolazione degli spazi interni, con una distribuzione più<br />
complessa resa possibile, tra l’altro, dall’edificazione, nel 1740, di uno scalone che garantiva l’accesso alle<br />
sale direttamente dalla piazza; entro il 1756 le Regie Segreterie sono compiute. Il palazzo, acquistato dalla<br />
Provincia di Torino nel 1885, ospita fin dal 1866 l’ufficio della prefettura (Tavola 7).<br />
Villa della Regina fu ideata dal cardinale Maurizio di Savoia nel 1615, che affidò ad Ascanio Vitozzi l’incarico<br />
di trasformare un precedente edificio; interventi successivi di altri architetti, tra i quali Filippo Juvarra, resero<br />
grandiosa la costruzione, strettamente collegata allo scenografico parco a più livelli. Divenuta residenza<br />
della regina Anna Maria d’Orléans, moglie di Vittorio Amedeo II, dalla quale prese la denominazione, nel 1868<br />
fu donata da Vittorio Emanuele II all’Istituto per le Figlie dei Militari e nel 1994 venne ceduta al demanio.<br />
Danneggiata dai bombardamenti del 1942 e lasciata in stato di abbandono, è stata da poco aperta al pubblico<br />
dopo il decennale restauro realizzato con imponenti stanziamenti pubblici e privati.<br />
Una doppia scala in curva con fontana centrale conduce all’ingresso a portico: due padiglioni laterali inquadrano<br />
la facciata, coronata al centro da balaustra con statue.<br />
Nell’interno restano affreschi e tele di Giovanni Battista Crosato, Daniel Seyter e Corrado Giaquinto nel<br />
grande salone, grottesche di Filippo Minei e pitture dei fratelli Domenico e Giuseppe Valeriani nelle sale<br />
adiacenti; preziosi i Gabinetti cinesi in legno laccato e dorato.<br />
Annesso alla residenza si trova il regale giardino con anfiteatro, sede di numerosi set cinematografici, e i<br />
vecchi vigneti, ora ri-coltivati con Freisa e salvaguardati dal punto di vista produttivo (Tavola 7).<br />
La reggia di Venaria fu progettata dall’architetto Amedeo di Castellamonte. A commissionarla fu il duca<br />
Carlo Emanuele II che intendeva farne la base per le battute di caccia nella brughiera collinare torinese.<br />
Al borgo si unirono molte case e palazzi di lavoratori e normali cittadini che vollero abitare nei dintorni della<br />
reggia, fino a far diventare Venaria Reale un comune autonomo della provincia di Torino.<br />
La scelta del sito, ai piedi delle Valli di Lanzo, fu favorita dalla vicinanza degli estesi boschi detti del Gran<br />
Paese, ricchissimi di selvaggina: un territorio che si estende per un centinaio di chilometri fino alle montagne<br />
alpine, giungendo a sud e a est in prossimità del capoluogo. Il complesso è imponente: accedendo<br />
dall’entrata principale si viene accolti nella corte d’onore, nel centro della quale sorgeva una fontana detta<br />
del cervo, la facciata principale in intonaco con cornucopie conchiglie e frutti risulta sulla parte destra come<br />
“sfregiata” da una cesura di mattoni a vista che delimitano la parte seicentesca da quella settecentesca,<br />
successiva all’intervento del primo architetto di corte Amedeo di Castellamonte.<br />
La parte sinistra del complesso presenta l’intervento del secondo architetto di corte Michelangelo Garove<br />
1699-1713 con la realizzazione di due torrioni, con tetti detti alla “Mansart” ricoperti di Scandole (mattonelle<br />
pentagonali multicolori in ceramica), uniti da una Gran Galleria erroneamente indicata a metà del XX secolo,<br />
come quella di Diana. Il pittore Giacomo Casella eseguì col cognato Giovanni Andrea Casella la decorazione<br />
pittorica della sala dei templi di Diana: Britomarte consegna un tempio a Diana, degli anni 1660-1663.<br />
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