Dipinti antichi 7 aprile 2006, ore 10:30 - Dorotheum
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Jacob de Wit, di grandi dimensioni e fortemente colorate, sono meno conosciuto delle<br />
numerose grisaglie di putti, ma furono molto popolari presso i ricchi mercanti di<br />
Amsterdam, che desideravano arredare le loro case all’ultima moda. Esempi analoghi si<br />
trovano al museo Bisschoplijk, Haarlem e al museo del teatro di Amsterdam. Un disegno<br />
collegabile al presente dipinto, sanguigna e gesso nero, è conservato nella collezione<br />
dell’Ecole Superieure des Beaux Arts, Parigi. Jacob de Wit fu nel XVIII secolo uno degli artisti<br />
più ricercati e meglio pagati del suo paese. Tutti coloro che disponevano di adeguati mezzi<br />
finanziari e avevano sent<strong>ore</strong> delle correnti pittoriche alla moda riempivano le loro pareti con<br />
opere di questo artista che dipingeva nello stile che, originatosi in Francia, si stava<br />
estendendo a tutta Europa. Purtuttavia nei Paesi Bassi questi nuovi sviluppi della pittura<br />
incontrarono più resistenze che negli altri centri dell’arte europei, per essere qui fin troppo<br />
saldo il legame con la tradizione pittorica dell “epoca d’oro”. Ma alla fine del XVII secolo i<br />
temi tradizionali, paesaggio e natura morta, con il loro sempre costante monito simbolico<br />
sulla “vanità delle cose” avevano raggiunto il loro estremo limite di sviluppo. I grandi maestri<br />
di quei generi erano quasi tutti già scomparsi intorno agli anni ottanta del ‘600 e i loro<br />
seguaci non erano in grado di proporre significativi progressi o rinnovamenti. Nuove<br />
correnti pittoriche come quella di Gerard de Lairesse o del suo discepolo e amico Albert<br />
van Spiers, cresciuto artisticamente a Roma, trovarono sì qualche risonanza nell’Olanda<br />
calvinista, ma si urtarono anche contro grosse resistenze, per il loro essere spesso in secca<br />
contraddizione con con l’eredità dei grandi fiamminghi, come ad esempio Rembrandt. Per<br />
questo motivo la penetrazione dei loro principii fu relativamente lenta, mentre la Francia ad<br />
esempio gia si muoveva in una temperie da XVIII secolo grazie all’Académie Royale e alla<br />
cerchia di artisti operanti alla corte di Versailles. Solo una generazione più tardi Jacob de Wit<br />
fu in grado di rivitalizzare la vita artistica anche ad Amsterdam, la città che aveva nel<br />
frattempo assunto un ruolo egemone per la politica e l’economia dei Paesi Bassi. A soli nove<br />
anni era già allievo di Albert van Spiers e quattro anni più tardi si portava ad Anversa per<br />
perfezionare lo studio. Qui egli non soltanto apprese la teoria dell’arte ma si esercitò nella<br />
copia di molte opere di Rubens, van Dyck e altri grandi fiamminghi. Nel 1715 de Wit fa<br />
ritorno ad Amsterdam, riceve molti incarichi per pale d’altare, nelle quali è particolarmente<br />
presente il modello di van Dyck, ma è ricercato anche come pitt<strong>ore</strong> di scene storiche e per<br />
la decorazione di edifici pubblici e privati. Tra le sue opere più famose il grande dipinto ( 5 x<br />
12 m) con scene dalla vita di Mosè per la Vroedschapskamer al palazzo reale, Amsterdam,<br />
per il quale egli eseguì anche alcune grisaglie. Queste imitazioni dipinte di decorazioni a<br />
stucco contribuirono grandemente alla sua fama; alludendo al suo nome, esse furono<br />
chiamate “wities”, poichè “wit ”in fiammingo signica bianco.<br />
Ma anche nel campo della pittura di storia e sacra egli conosce uno straordinario successo<br />
e diviene il più richiesto e pagato pitt<strong>ore</strong> del suo tempo nei Paesi Bassi. Che egli facesse le<br />
decorazioni per le proprie opere non gli provoca nessuna caduta di immagine, poiché i temi<br />
dell’<strong>antichi</strong>tà e i tipici putti che le caratterizzavano erano parte del gusto del tempo e si<br />
ritrovavano in tutte le forme dell’arte. Nel presente dipinto in modo particolare Jacob de<br />
Wit rende però consapevolmente manifesto che egli non è solo un epigone dello stile di<br />
Francia e non è affatto confinato al registro decorativo, il che del resto non potrebbe<br />
minimamente giustificare il suo enorme successo. Ci mostra piuttosto un’opera del tutto<br />
originale che esprime la sua personale visione in accordo con la sua formazione alla scuola<br />
dei grandi fiamminghi Rubens e van Dyck. Il suo paesaggio mostra un baccanale pieno di<br />
sensualità, nel quale accanto agli uomini si avvicendano anche satiri e putti. In margine<br />
all’accadere, come una firma, si nota il pitt<strong>ore</strong> stesso che, a destra dell’albero, rivolge lo<br />
sguardo allo spettat<strong>ore</strong>. Il suo violino è certo un segno del rapporto con l’antico, da egli<br />
stesso introdotto nella moda della buona società fiamminga, ma lo mostra anche fedele alla<br />
sua propria tradizione pittorica. Riferendosi infatti al motto oraziano “Ut pictura poesis” i<br />
pittori del XVII secolo avevano l’ambizione di studiare e applicare, come fa la poesia, le leggi