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la vite - Coltura & Cultura

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Mutazioni gemmarie<br />

• Avvengono a carico dei tessuti<br />

dell’apice meristematico del<strong>la</strong> gemma.<br />

Esso è composto da tre diversi strati<br />

cellu<strong>la</strong>ri: dermatogeno (L1) periblema<br />

(L2) e pleorema (L3), ciascuno dei quali<br />

origina differenti tessuti<br />

• I tessuti meristematici del<strong>la</strong> gemma<br />

possono mutare totalmente (mutazione<br />

totale) o parzialmente; in quest’ultimo<br />

caso l’apice del<strong>la</strong> gemma risulta<br />

costituito contemporaneamente da<br />

cellule normali (non mutate) e mutate<br />

• Nel caso delle mutazioni “parziali”,<br />

esse vengono c<strong>la</strong>ssificate in:<br />

periclinali (quando le cellule mutate<br />

appartengono a un solo strato<br />

dell’apice meristematico), mericlinali<br />

(quando solo una parte di detto strato<br />

risulta mutato) e settoriali (quando<br />

<strong>la</strong> mutazione coinvolge una parte<br />

dell’apice in tutti gli strati)<br />

Sangiovese<br />

Foto A. Scienza<br />

482<br />

(genotipo a maggiore frequenza) con altri vitigni. Questi processi<br />

di riproduzione gamica seguiti, con molta probabilità, da selezioni<br />

convergenti verso il fenotipo originario hanno fatto sì che<br />

genotipi con tratti morfologici simili a quelli del vitigno capostipite,<br />

tali da non renderli facilmente distinguibili attraverso metodi<br />

di ampelografia c<strong>la</strong>ssica, venissero inglobati in questo. Questi<br />

genotipi d’altra parte, pur presentando caratteristiche morfologiche<br />

simili, possiedono specificità produttive e soprattutto qualitative<br />

delle uve.<br />

Infine tra le cause di variabilità intravarietale si devono annoverare<br />

anche le differenze epigenetiche. Queste sono modificazioni<br />

di una qualunque attività di rego<strong>la</strong>zione dei geni tramite<br />

processi chimici che non comportino cambiamenti nel codice<br />

del DNA, ma possono modificare il fenotipo dell’individuo e/o<br />

del<strong>la</strong> progenie.<br />

Mutazione del colore dell’acino in Pinot grigio<br />

Foto A. Scienza<br />

Fattori che influenzano <strong>la</strong> consistenza del<strong>la</strong> variabilità<br />

intravarietale<br />

Una volta esposte le fonti di variabilità intravarietale è necessario<br />

evidenziare come questa non risulti essere presente ai<br />

medesimi livelli nei diversi vitigni coltivati. La consistenza del<strong>la</strong><br />

variabilità intravarietale risulta essere condizionata sostanzialmente<br />

da due fattori: <strong>la</strong> diffusione e l’arco di tempo con i quali<br />

un dato vitigno è coltivato. Al fine di meglio esplicitare questo<br />

concetto è possibile esporre alcuni casi pratici di quanto<br />

esposto. Il Sangiovese rappresenta molto bene il concetto di<br />

vitigno popo<strong>la</strong>zione, dove <strong>la</strong> variabilità intravarietale risulta essere<br />

a livelli molto elevati. Per questo vitigno, che è sicuramente<br />

tra i più rappresentativi del<strong>la</strong> viticoltura italiana, le prime notizie<br />

certe del<strong>la</strong> sua coltivazione sono del 1590, quando Soderini nel<br />

trattato La coltivazione delle viti cita il Sangiogheto o Sangioveto,<br />

definendolo come vitigno rimarchevole per <strong>la</strong> sua produt-

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