la vite - Coltura & Cultura
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tività rego<strong>la</strong>re. Questo mostra come il Sangiovese è presente<br />
come tale, nelle vigne italiane, da oltre 400 anni e può pertanto<br />
essere considerato un vitigno di antica coltivazione. A questa<br />
sua anzianità bisogna aggiungere che, pur rimanendo <strong>la</strong> sua<br />
area di elezione l’Italia centrale, è coltivato in modo estremamente<br />
diffuso in tutta <strong>la</strong> peniso<strong>la</strong> italiana e in alcuni casi anche<br />
al di fuori del<strong>la</strong> nostra nazione. Questi attributi, elevata diffusione<br />
e antica origine sono le condizioni che hanno fatto sì che, in<br />
questo vitigno, si accumu<strong>la</strong>sse una elevata variabilità dovuta<br />
ai fattori prima indicati. Questa condizione di elevata variabilità<br />
intravarietale, anche se in modo empirico, è generalmente riconosciuta<br />
e codificata dagli stessi viticoltori. Testimonianza di<br />
questo riconoscimento è l’elevato numero di nomi aggettivati<br />
esistenti per questo vitigno.<br />
Questa condizione di elevata eterogeneità è stata valutata da<br />
numerose indagini che hanno dimostrato che questa variabilità<br />
non è frutto solo di un accumulo di mutazioni gemmarie avvenute<br />
nel corso del tempo, ma è anche di tipo genetico, come<br />
prima riportato, con l’inserimento in questo vitigno di differenti<br />
genotipi con caratteristiche morfologiche simili tra loro.<br />
All’opposto del<strong>la</strong> condizione mostrata dal Sangiovese troviamo<br />
tutti quei vitigni che sono stati ottenuti nel recente passato da<br />
programmi di miglioramento genetico del<strong>la</strong> <strong>vite</strong> attraverso incrocio.<br />
Esempi di questo tipo sono i già ricordati Müller Thurgau,<br />
ottenuto nel 1891 attraverso l’incrocio Riesling renano x<br />
Silvaner, il Manzoni bianco (1935) incrociando Riesling renano<br />
x Pinot bianco, l’Albarossa (1938) da Nebbiolo x Barbera<br />
e molti altri ancora. Questi vitigni, come emerge dalle date di<br />
ottenimento, possono vantare nei migliori dei casi poco più di<br />
un centinaio di anni di coltivazione e anche <strong>la</strong> loro diffusione è<br />
quantificabile, al massimo, a qualche centinaio di ettari. Queste<br />
condizioni di ridotta diffusione, sia spaziale che temporale,<br />
fanno sì che non vi siano i presupposti per un accumulo sufficiente<br />
di mutazioni tale da ampliare <strong>la</strong> base genetica del vitigno.<br />
Per questa tipologia di vitigni, in cui <strong>la</strong> variabilità intravarietale<br />
è estremamente ridotta o nul<strong>la</strong>, è possibile utilizzare il termine<br />
di vitigni monoclonali poiché il fenotipo rintracciabile in natura è<br />
sostanzialmente unico.<br />
Tra questi due esempi estremi ricade <strong>la</strong> maggior parte dei vitigni<br />
coltivati; questi, di norma, presentano una buona variabilità<br />
intravarietale, dovuta nel<strong>la</strong> maggior parte dei casi più al<strong>la</strong> loro<br />
antica origine che a una loro <strong>la</strong>rga diffusione, che permette <strong>la</strong><br />
realizzazione di proficue attività di miglioramento genetico attraverso<br />
metodi di selezione per via vegetativa. Questo settore<br />
del miglioramento genetico del<strong>la</strong> <strong>vite</strong>, che si basa come detto<br />
sul<strong>la</strong> possibilità di trasmettere invariate al<strong>la</strong> discendenza i caratteri<br />
del<strong>la</strong> pianta madre, prevede sostanzialmente due modalità<br />
di operare: <strong>la</strong> selezione massale e <strong>la</strong> selezione clonale.<br />
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selezione clonale<br />
Foto A. Scienza<br />
Mutazione genetica foglia liscia-foglia<br />
bollosa<br />
Foto A. Scienza<br />
Mutazione per <strong>la</strong> tomentosità del<strong>la</strong> pagina<br />
inferiore<br />
Foto A. Scienza<br />
Mutazione clorofilliana delle foglie