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Rivista della Diocesi 2011 - N. 1 - Webdiocesi

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segnano quindi la vita di tutti noi. Esse segnano la nostra vita sia nel momento<br />

preciso in cui ci toccano personalmente, ma prima ancora, quando toccano<br />

persone care e amici e così appaiono soltanto come una possibilità, remota<br />

o prossima, anche nell’orizzonte del nostro presente 3 . Lo spazio che queste<br />

esperienze occupano nella vita di ciascuno di noi cresce con il crescere <strong>della</strong><br />

nostra vita. Per quanto possa apparire paradossale, proprio questo è l’effetto<br />

prodotto oggi dagli enormi progressi <strong>della</strong> medicina. E d’altra parte paiono<br />

diminuire le risorse di cui dispone la coscienza del singolo per vivere la<br />

malattia e il dolore, per integrarla cioè nel disegno complessivo <strong>della</strong> vita, per<br />

riconoscere quale sia il messaggio che esprime e come rispondere ad esso 4 .<br />

Il tempo del dolore e <strong>della</strong> malattia infatti propone alla coscienza umana<br />

un compito, quello di cercare una forma di volere diverso. La domanda sul<br />

dolore, sulla malattia e sulla morte, una domanda che resta sempre aperta,<br />

anche se non osiamo ammetterlo, attraversa perciò tutta la nostra esistenza.<br />

Che reale portata ha questa domanda per una coscienza che torna riflessivamente<br />

su di sé? A quali condizioni è una domanda sul “senso” e quindi<br />

ha a che fare con la vita? Che cosa significa per l’assunzione responsabile<br />

<strong>della</strong> propria vita sapersi contrassegnati del dolore e mortali? 5<br />

L’interrogativo, antico quanto la storia dell’uomo, intorno al perché del<br />

dolore, alla sua origine e al suo senso è ancora ammesso, giusto e sensato?<br />

Oppure vale per esso ciò che Voltaire formulò in questo modo: “Il problema<br />

del male è un gioco intellettuale per coloro che ne disputano: sono detenuti<br />

che fanno fracasso con le loro catene”?<br />

Che filosofia e teologia incontrino il male come una sfida senza pari, i<br />

maggiori pensatori dell’una e dell’altra disciplina concordarono nel riconoscerlo,<br />

talvolta con grandi gemiti. L’importante non è tuttavia questo<br />

consenso, ma il modo in cui la sfida – perfino la sconfitta – è riconosciuta:<br />

come un invito a pensare meno o una provocazione a pensare di più, addirittura<br />

a pensare altrimenti? 6 Una sfida infatti è di volta in volta uno scacco<br />

per delle sintesi sempre premature, e una provocazione a pensare di più e<br />

altrimenti 7 . Si scoprirà così come l’interrogativo: “Perché il dolore?” non<br />

sia solo l’interrogativo: “da dove viene il dolore? è conciliabile col buon Dio<br />

3 Cfr. M. HEIDEGGER, Essere e tempo, Longanesi, Milano 19866, pp. 289-324.<br />

4 Cfr. G. ANGELINI, La malattia, un tempo per volere. Saggio di filosofia morale, Vita e<br />

Pensiero, Milano 2000.<br />

5 Cfr. V. MELCHIORRE, Sul senso <strong>della</strong> morte, Morcelliana, Brescia 1964; ID., Al di là<br />

dell’ultimo. Filosofie <strong>della</strong> morte e filosofie <strong>della</strong> vita, Vita e Pensiero, Milano 19918 .<br />

6 P. RICOEUR, Il male. Una sfida alla filosofia e alla teologia, Morcelliana, Brescia 1993,<br />

p. 7.<br />

7<br />

IVI, p. 47.<br />

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