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Rivista della Diocesi 2011 - N. 1 - Webdiocesi

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nostro tempo, ma la consistenza e il significato di tali trasformazioni vanno<br />

al di là di quanto previsto dalla medicina stessa. Le possibilità enormemente<br />

cresciute di diagnosi e cura hanno vistosamente mutato la percezione<br />

<strong>della</strong> malattia da parte <strong>della</strong> coscienza. Per essere individuati essi chiedono<br />

che ci si ponga nell’ottica <strong>della</strong> coscienza personale, cui viene invece solitamente<br />

dedicata poca attenzione. Anche quando questo accade, gli apprezzamenti<br />

proposti sono soprattutto di genere psicologico: difficilmente si raggiunge<br />

il punto essenziale nel quale la malattia diviene un compito proposto<br />

alla libertà dell’uomo.<br />

In realtà i mutati rapporti tra soggetto e malattia riguardano due aspetti<br />

fondamentali: la lievitazione del potere <strong>della</strong> medicina sulla malattia e la<br />

lievitazione del potere <strong>della</strong> malattia sulla vita dell’uomo 49 . Al crescente e<br />

per molti aspetti apprezzabile potere del medico corrisponde un diminuito<br />

potere del malato.<br />

Si registra una crescente estensione dei tempi <strong>della</strong> malattia in rapporto<br />

all’arco complessivo <strong>della</strong> vita umana che, a sua volta, si è notevolmente<br />

disteso. Proprio perché di molte malattie (anzi, di quasi tutte) oggi non si<br />

muore subito, ma neppure si guarisce, la persona appare destinata a convivere<br />

a lungo con la malattia e ciò alimenta la diffusa percezione <strong>della</strong> vulnerabilità<br />

umana e produce una ferita che non riguarda soltanto l’efficienza<br />

somatica, ma anche e soprattutto la consistenza <strong>della</strong> speranza di cui l’uomo<br />

vive. La malattia infatti non interessa soltanto organi e funzioni, ma anche<br />

le emozioni e i significati del vivere. Essa propone sempre alla coscienza<br />

una questione di senso: l’inconveniente è che tale processo di metaforizzazione<br />

<strong>della</strong> malattia, costretto nella clandestinità <strong>della</strong> coscienza individuale,<br />

si produce in forme nascoste e talvolta selvagge 50 .<br />

c) Riappropriarsi <strong>della</strong> questione del “senso” e <strong>della</strong> speranza<br />

Se la cura, in accezione clinica, assume di conseguenza i volti privilegiati<br />

<strong>della</strong> “riabilitazione” e del “sollievo dalla sofferenza”, già la considerazione<br />

<strong>della</strong> reciproca relazione tra questi due aspetti istruisce a proposito di una<br />

terza questione che riaffiora con decisione, quella del “senso”. Il dolore<br />

infatti non appare così grave quando se ne conosca la ragione.<br />

Il dolore e il senso di precarietà che esso porta con sé apre al problema<br />

49 Cfr. ANGELINI, La malattia…, cit. pp. 45ss..<br />

50 Alludiamo alle fantasie che associano il vissuto di malattia e il timore di colpa, fantasie<br />

che la riflessione “razionale” e “illuminata” non è sempre capace di dissolvere o neutralizzare.<br />

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