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Rivista della Diocesi 2011 - N. 1 - Webdiocesi

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dizione ebraico-cristiana è stata capace di persuasione. La storia dell’Occidente<br />

è visibilmente segnata da questa visione e la conferma più evidente di<br />

questo è sia nella civilizzazione sviluppatasi attorno all’idea di salvezza, sia<br />

nelle rotture che l’hanno fortemente deformata, come i processi di secolarizzazione<br />

tanto eversivi quanto subalterni.<br />

Per quanto riguarda il secondo aspetto la bontà <strong>della</strong> creazione e il suo<br />

carattere di promessa nella Bibbia è inequivoca e la si rinviene fin dal primo<br />

capitolo <strong>della</strong> Genesi (Gn 1,31). Nel primo capitolo <strong>della</strong> Genesi – spiega<br />

Neher – la creazione sembra svolgersi in un getto continuo, armonioso,<br />

equilibrato. Nessun intoppo, nessun insuccesso, nessun ritocco: alla parola<br />

di Dio fa eco la creatura che sorge integra, docile, perfetta.<br />

Nessuna dimenticanza, nessuna lacuna, nessun vuoto: ad ogni creatura<br />

il suo tempo e il suo luogo 40 . Si manifesta qui il potere sovrano di Dio, che<br />

non solo crea, ma regge e governa, ma lo scenario luminoso <strong>della</strong> creazione<br />

è immediatamente turbato: alla parola creatrice di Dio la creatura replica<br />

subito con un’opposizione, con un no al Signore: la creatura che dice no al<br />

suo creatore è in ciò miserabilmente affetta dal negativo, diviene potenza di<br />

negazione 41 .<br />

Ciò significa che la creazione di Dio fallisce e può fallire: essa è un esperimento,<br />

non un progetto: da un lato esso può sempre venir meno; è da<br />

escludere che sia il migliore dei mondi possibili, in quanto è solo una delle<br />

possibilità attuate e perciò può esservene uno di migliore e questo stesso<br />

può essere migliorato. Il fallimento del mondo non intacca però l’amore di<br />

Dio per il suo popolo: il fallimento del mondo è concepibile a condizione che<br />

Dio resti Dio e va reso compatibile con la sua promessa. L’idea di promessa<br />

limita l’idea di fallimento e, nonostante la presenza del male e perciò del<br />

40 Cfr. A. NEHER, Il silenzio <strong>della</strong> Parola. Dal silenzio biblico al silenzio di Auschwitz,<br />

Marietti, Casale Monferrato 1983, p. 69.<br />

41 Si tenga presente come nella Bibbia il male, per quanto abbia consistenza, non ha, né<br />

può mai avere valore di principio: esso è sempre qualcosa di conseguente e principiato e non<br />

può esistere come un’entità opposta a Dio. La non originarietà del male balza all’occhio nella<br />

Bibbia in modo abbastanza evidente, senza che per ciò il male venga sottovalutato: il male,<br />

per quanto non sia elevabile a principio, non è un puro e semplice non-essere. Il male è la<br />

trasgressione alla legge e satana stesso, che induce l’uomo al male, è pur sempre una realtà<br />

creata e dipendente. Sotto questo aspetto la tradizione ebraica e quella cristiana sono assolutamente<br />

antidualiste e antignostiche. La concezione dualistica del male ha la sua formulazione<br />

alta nel parsismo ed è principalmente di tradizione iranica, ove, secondo la dottrina di<br />

Zarathustra, la lotta fra bene e male ha un prologo in cielo, prosegue nel tempo e, alla fine,<br />

culminerà in una vittoria del bene e nella dissoluzione del male (cfr. H. JONAS, Lo Gnosticismo,<br />

Sei, Torino 1973; U. BIANCHI, Zaman i Ohrmazd. Lo Zoroastrismo nelle sue origini e<br />

nella sua essenza, Sei, Torino 1958).<br />

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